La “sciabolata artica”, cioè l'inverno

Piero Vietti

Il titolo di giornale, come la chiacchiera da bar, ha sempre bisogno di qualcosa di apparentemente nuovo su cui esercitarsi. Ma se è vero che nulla è più inedito dell’edito, quando si parla di meteo chi fa informazione tocca vette sublimi, particolarmente apprezzabili in questi giorni. Il trucco è farci credere sempre che “non si era mai vista una cosa del genere”.

    Il titolo di giornale, come la chiacchiera da bar, ha sempre bisogno di qualcosa di apparentemente nuovo su cui esercitarsi. Ma se è vero che nulla è più inedito dell’edito, quando si parla di meteo chi fa informazione tocca vette sublimi, particolarmente apprezzabili in questi giorni. Il trucco è farci credere sempre che “non si era mai vista una cosa del genere”: pioggia, caldo, freddo, eventi estremi come una tromba d’aria (fenomeno purtroppo molto conosciuto in Italia, e non soltanto negli ultimi anni) tutto è nuovo, spaventoso, imprevedibile e imprevisto. Questo esercizio pavloviano si nutre principalmente di gustosi neologismi, pensati anch’essi per spaventare e far parlare di sé. Succede che qualche mese fa un sito internet di previsioni meteorologiche si mette a dare nomi fantasiosi a fenomeni comuni e già noti come l’arrivo del caldo in estate o delle piogge in autunno: siti, giornali e tv ci si buttano, e per settimane non sentiamo più parlare di sole a Ferragosto o nuvole a fine ottobre, ma di “Caronte”, “Beatrice”, “Lucifero”, “Medusa” e via dicendo. La moda prende piede, e persino le precipitazioni autunnali – roba comune da qualche millennio, da queste parti – diventano “bombe d’acqua”. Non c’è più nulla di scientifico, una normale pioggia su Firenze (50 mm in un giorno a novembre sono nella media) è subito emergenza mediatica, e tanti saluti alla realtà. L’isteria meteorologica in voga dà la colpa al clima impazzito per tutto, e dimentica le carenze infrastrutturali e la cattiva gestione del territorio, vere cause dei disagi e disastri. Ora arriva “Attila” con la sua “sciabolata artica”. Pensare che una volta si chiamava inverno.

    • Piero Vietti
    • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.