Operazione partiti gemelli

Ora spacchettiamo. Il Pd e le mosse di Bersani per “affamare” Grillo e Casini

Claudio Cerasa

Gli Arancioni al posto delle Cinque stelle. I nuovi Moderati al posto dei vecchi centristi. I dipietristi al posto di Di Pietro. E le liste civiche al posto di questo o di quell’altro partito. Al centro della fase due della campagna elettorale di Pier Luigi Bersani, archiviata la parentesi delle primarie, c’è una precisa strategia che si potrebbe definire “operazione spacchettamento”. Nel corso degli ultimi mesi il segretario ha ripetuto con una certa regolarità di non voler lasciare neppure le briciole agli avversari.

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    Gli Arancioni al posto delle Cinque stelle. I nuovi Moderati al posto dei vecchi centristi. I dipietristi al posto di Di Pietro. E le liste civiche al posto di questo o di quell’altro partito. Al centro della fase due della campagna elettorale di Pier Luigi Bersani, archiviata la parentesi delle primarie, c’è una precisa strategia che si potrebbe definire “operazione spacchettamento”. Nel corso degli ultimi mesi il segretario ha ripetuto con una certa regolarità di non voler lasciare neppure le briciole agli avversari e di voler includere nella sua coalizione il maggior numero di alleati possibili per scongiurare la “sindorme dell’autosufficienza”. Già, ma in che senso? Se fino a un anno fa gli alleati del Pd erano quelli immortalati nella foto di Vasto, adesso la situazione è cambiata e nell’orizzonte di Bersani c’è un progetto diverso, che bene si coniuga con la convinzione del segretario che nei prossimi mesi non si riuscirà a cambiare la legge elettorale.

    L’operazione spacchettamento prevede in sostanza un sostegno da parte del Pd alla creazione di una serie di “partiti gemelli” con i quali allearsi prima delle elezioni e con cui provare a sottrarre voti ad alcuni avversari precisi: la Lista Monti di Casini, l’Idv di Di Pietro e le Cinque stelle di Grillo. I “partiti gemelli” con cui Bersani ha intenzione di aprire un dialogo prima delle elezioni corrispondono a tre satelliti che gravitano intorno all’orbita della coalizione Pd-Sel-Psi. Per ordine di grandezza, i primi sono gli Arancioni di Luigi De Magistris, attraverso i quali Bersani sostiene di avere chance di scippare consensi al bacino elettorale di Grillo. “Il progetto potrebbe funzionare – dice Michele Emiliano, sindaco di Bari che guarda con simpatia all’esperienza Arancioni – e se De Magistris non farà l’errore di andare da solo con un proprio candidato premier l’alleanza con il Pd è cosa possibile, eccome”. In secondo luogo, il satellite scelto da Bersani per “affamare” il vecchio alleato di Vasto, l’Idv, è quello formato da alcuni dipietristi ribelli come Massimo Donadi, Nello Formisano e Stefano Pedica (riuniti sotto l’insegna del movimento “Diritti e libertà”) ai quali Bersani ha promesso un trattamento simile a quello offerto ai Radicali nel 2008 da Veltroni (gruppo di deputati e senatori garantito nelle liste del Pd). Il terzo satellite – più simile a una nebulosa che a una costellazione definita – è quello dei Moderati di Bruno Tabacci e di Giacomo Portas. Sia Tabacci sia Portas hanno annunciato di essere pronti a mettere in campo delle liste di centro (Tabacci erediterà una parte dell’Api, Portas riorganizzerà la sua lista Moderati per il Piemonte, già arrivata al 9 per cento alle ultime comunali di Torino e al 13 alle ultime comunali di Piacenza).

    Ma all’interno dell’operazione spacchettamento, il sogno è stringere un accordo con i firmatari del manifesto “Verso la Terza Repubblica”: Andrea Riccardi (ministro per la Cooperazione), Andrea Olivero (Acli) e Lorenzo Dellai (presidente della provincia di Trento). Un sogno che potrebbe essere favorito dalla permanenza del porcellum considerando che con questa legge, per un movimento come quello di Riccardi e Olivero, potrebbe essere letale non allearsi con una coalizione più grande alla Camera (sbarramento per le liste non apparentate 4 per cento) e soprattutto al Senato (sbarramento 8 per cento). “Il patto tra progressisti e moderati – dice il capogruppo pd alla Camera, Dario Franceschini – non può essere inteso come un’esclusiva con Casini e anche per questo proveremo a portare questi interlocutori dalla nostra parte prima delle elezioni. Dico ‘prima’ perché non dobbiamo illuderci. Se il Porcellum rimarrà tale il Pd avrà bisogno di molte alleanze: il premio di maggioranza esiste alla Camera mentre al Senato rischiamo di ritrovarci nelle condizioni in cui era Prodi nel 2006. E se vogliamo evitare che la prossima legislatura si trasformi in un Vietnam la nostra strada non può che essere quella di un’alleanza allargata alle nuove forze di centro. E Casini lo sa che da quelle parti non c’è soltanto lui”.

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    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.