Prima di andare a perdere ci può ripensare

Così il Cav. si è fatto ridare la palla

Salvatore Merlo

Al termine di una giornata tesa e confusa dal sapore di pre-crisi (e di molta ammuina), il segretario del Pdl Angelino Alfano annuncia la ricandidatura di Silvio Berlusconi, mentre il Parlamento conferma (con l’astensione del Pdl) la fiducia al governo Monti e approva la legge sull’incandidabilità dei condannati in via definitiva a pene superiori ai due anni. Fra molti strepiti, un po’ affettati, pare che le forze politiche, ieri si siano alla fine accordate per un leggero anticipo delle elezioni. Ma tutto deve passare prima dal Quirinale, laddove Alfano è atteso per oggi.

Leggi Quella tentazione del Pd di soffiare sulla crisi di governo di Claudio Cerasa

    Al termine di una giornata tesa e confusa dal sapore di pre-crisi (e di molta ammuina), il segretario del Pdl Angelino Alfano annuncia la ricandidatura di Silvio Berlusconi, mentre il Parlamento conferma (con l’astensione del Pdl) la fiducia al governo Monti e approva la legge sull’incandidabilità dei condannati in via definitiva a pene superiori ai due anni. Fra molti strepiti, un po’ affettati, pare che le forze politiche, ieri si siano alla fine accordate per un leggero anticipo delle elezioni. Ma tutto deve passare prima dal Quirinale, laddove Alfano è atteso per oggi. La presidenza della Repubblica, che tiene moltissimo all’approvazione della legge di stabilità, esclude la possibilità che si voti a febbraio, si dovrebbero sciogliere le camere a Natale. Marzo invece va bene.

    E’ attorno a Berlusconi, e alle sue mutevoli inclinazioni, che torna a ruotare il Palazzo: l’ex premier accompagna l’ipotesi di una sua ricandidatura al progetto di provocare le elezioni anticipate, forse anche – dicono i maliziosi – per ottenere una sospensione momentanea dei processi (difficilmente un candidato premier viene condannato a campagna elettorale aperta). Ma chissà, dalle parti del Cavaliere, da tempo ormai, niente è davvero definitivo e Berlusconi, pur tentato, non potrebbe non essere così deciso a sfasciare tutto per dedicarsi a una campagna elettorale dal carattere antimontiano e destinata a sconfitta quasi certa. Di sicuro a lui non piacciono le primarie del Pdl (ieri definitivamente archiviate) che ungono nel consenso popolare un leader diverso da lui, né simpatizza per la riforma elettorale che abolisce le liste bloccate, ma il Cavaliere non ha nemmeno una forte vocazione al suicidio politico e non è improbabile che alla fine cambi idea, ancora una volta. Secondo voci di corridoio, al di là di ciò che appare (e a conferma del clima di ammuina) si è profilato un accordo per un mini anticipo delle elezioni, il Quirinale sarebbe disponibile a sciogliere le Camere, ma solo tra la prima e la seconda decade di gennaio.

    Ieri il partito berlusconiano si è astenuto dal votare la fiducia sia alla Camera sia al Senato, malgrado il Pdl abbia garantito il numero legale in entrambe le Aule e abbia prestato alcuni uomini alla maggioranza evitando, così, che Mario Monti fosse sfiduciato. L’operazione è stata probabilmente un tentativo di drammatizzare il clima ed esercitare pressione sul governo impegnato ad approvare quel decreto sull’incandidabilità che qualcuno temeva potesse coinvolgere Berlusconi rendendo impossibile il suo ritorno in Parlamento (o ponendo le condizioni, in caso di nuove condanne, per la sua decadenza dal futuro mandato parlamentare del 2013). Fonti del governo confermano al Foglio che la legislatura è comunque destinata a concludersi anzitempo, ma senza strappi, né strepiti. Lo si intuisce anche dalle parole del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. “E’ necessario cooperare responsabilmente a un’ordinata, non precipitosa e convulsa conclusione della legislatura”, ha detto il capo dello stato che ieri ha avuto più di un colloquio rassicurante con Monti. Insomma, malgrado il capogruppo del Pdl in Senato Maurizio Gasparri abbia certificato la fuoriuscita del suo partito dai ranghi della “strana maggioranza”, Napolitano ieri ha deciso di non convocare al Quirinale il premier, una scelta contraria alle prime richieste del Pd, poi rientrate. “Monti vada subito al Quirinale”, aveva detto infatti Anna Finocchiaro prima che il capo dello stato telefonasse a Pier Luigi Bersani dicendogli, in estrema sintesi: “State buoni”. Al presidente della Repubblica preme soprattutto che il Parlamento approvi la legge di Stabilità, il decreto sviluppo, e anche l’improbabile riforma elettorale; poi si può anche votare.
    Riuniti i suoi uomini per oltre quattro ore a Palazzo Grazioli, il Cavaliere ha preteso che gli venisse restituita la palla. E c’è riuscito senza nemmeno trovare troppe resistenze, neanche dalle parti di Alfano (che ieri si è arreso in conferenza stampa): Berlusconi ha messo in chiaro che intende ricandidarsi. Tuttavia il Cavaliere rimane sempre uguale a se stesso, e cioè insondabile, di umore mobile, capace di cambiare idea all’ultimo momento, e dunque, malgrado sia soddisfatto di aver recuperato le redini del suo partito, non è probabilmente persuaso fino in fondo dall’idea di doversi candidare lui a delle elezioni che il centrodestra andrà quasi certamente a perdere. Ma al momento il candidato è lui, il Cavaliere invocato come un salvatore per tutto il giorno da deputati e senatori in cerca di ricandidatura.

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    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.