La minaccia al Cairo
Perché ora Morsi si serve delle milizie violente dei Fratelli musulmani
Il Cairo, dal nostro inviato. Dove sono le milizie dei Fratelli musulmani? “Non le vedi, ma ci sono. Ora c’è questa nostra protesta davanti al palazzo del presidente Morsi e allora i Fratelli musulmani cosa fanno? Chiamano a raccolta i loro uomini e li fanno sfilare in grandi controcortei, non troppo distanti. Capito? Si tengono pronti: se sentono che il loro presidente è in difficoltà si dirigono qui per partecipare alla repressione".
Il Cairo, dal nostro inviato. Dove sono le milizie dei Fratelli musulmani? “Non le vedi, ma ci sono. Ora c’è questa nostra protesta davanti al palazzo del presidente Morsi e allora i Fratelli musulmani cosa fanno? Chiamano a raccolta i loro uomini e li fanno sfilare in grandi controcortei, non troppo distanti. Capito? Si tengono pronti: se sentono che il loro presidente è in difficoltà si dirigono qui per partecipare alla repressione. Sono come una minaccia che gira in circolo, in attesa dell’ordine di attaccarci”. Gli attivisti che protestano contro il presidente Mohammed Morsi spiegano al Foglio cosa sanno e quello che hanno visto dei gruppi apparsi per la prima volta mercoledì scorso a disperdere con la violenza le manifestazioni. E’ lo sviluppo più preoccupante di questi giorni in Egitto. Questi scontri non sono ancora riusciti a compattare l’opposizione – che fino a ieri era divisa su come presentarsi al referendum di sabato prossimo sulla Costituzione – ma hanno inaugurato la stagione di repressione del servizio d’ordine dei Fratelli musulmani, che ora scende nelle strade per aiutare la polizia e anche i soldati dell’esercito a cui è stato restituito – come ai tempi di Mubarak – il potere di arrestare i civili.
Aiutare è in effetti un termine riduttivo, considerato che entrambi, polizia ed esercito, si tengono con ostentazione di lato, senza intervenire. Ieri dopo mezzanotte uomini a volto coperto hanno fatto irruzione con pistole e bastoni tra le tende del sit-in di piazza Tahrir, ferendo nove persone – ma non è chiaro quale fosse la loro appartenenza politica. In serata la protesta del fronte laico e liberale si è spostata come succede ormai da una settimana al centro di Heliopolis, uno dei quartieri più eleganti della capitale: migliaia di manifestanti hanno cantato slogan contro il presidente sotto il muro di cinta del suo palazzo, ma i poliziotti antisommossa restavano in disparte, accovacciati al buio in una doppia fila con scudi di plastica e manganelli e lo stesso valeva per le divise verdi della Guardia presidenziale, schierata in piedi e senza armi su lunghe file troppo sottili per pensare di opporre davvero resistenza. Il pericolo incombente è la milizia raccolta dal gruppo islamista, che pur essendo arrivato al governo vincendo le elezioni prima parlamentari e poi presidenziali con larga maggioranza si sente insicuro davanti alle proteste di piazza.
Le botte e l’ossessione: “Chi vi paga?”
Il portavoce dei Fratelli musulmani, Gedad al Haddad, difende la decisione di lanciare l’appello ai sostenitori per difendere il presidente. Dice che Morsi non può fare affidamento sulla polizia, che è rimasta la stessa dei tempi del governo Mubarak e che almeno gli uomini della Fratellanza con la loro presenza impediscono che si arrivi al massacro, che certamente si verificherebbe “se i manifestanti dovessero vedersela con la Guardia presidenziale”. “Proteggeremo la sovranità dello stato a ogni costo”, però dice, e quel “a ogni costo” suona come una dichiarazione programmatica minacciosa.
L’inviato al Cairo del New York Times ha rintracciato i cinquanta manifestanti finiti nelle mani della milizia mercoledì scorso, durante gli scontri davanti al palazzo, e ha raccolto testimonianze dure: i Fratelli li hanno catturati, li hanno picchiati, li hanno tenuti prigionieri per una notte intera e hanno molestato la donna che era fra loro. E continuavano a insistere per ottenere una confessione: “Chi vi paga?”.
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