Inbox zero

Nicoletta Tiliacos

In pochi se ne saranno accorti, ma ieri (12/12/12) doveva essere il “No E-Mail Day”: un intero giorno senza inviare messaggi e senza leggere quelli in arrivo, in favore di “metodi alternativi di comunicazione” (telefonate, segnali di fumo, lettere recapitate da pony express, forse colombi viaggiatori o walkie-talkie). Queste erano almeno le intenzioni del promotore, l’inglese Paul Lancaster, predicatore di un uso morigerato del web.

    In pochi se ne saranno accorti, ma ieri (12/12/12) doveva essere il “No E-Mail Day”: un intero giorno senza inviare messaggi e senza leggere quelli in arrivo, in favore di “metodi alternativi di comunicazione” (telefonate, segnali di fumo, lettere recapitate da pony express, forse colombi viaggiatori o walkie-talkie). Queste erano almeno le intenzioni del promotore, l’inglese Paul Lancaster, predicatore di un uso morigerato del web.
    Ci permettiamo di dubitare che qualcuno – compreso Lancaster – abbia davvero rinunciato ad aprire per 24 ore la propria casella, se non altro perché in qualche caso ci sarebbe stato il problema di spiegare che non si voleva battere la fiacca ma celebrare il “No E-Mail Day”. Più ragionevole, invece, il consiglio di Atlantic Wire, che ieri invitava a contare “il numero di messaggi di posta elettronica non letti –  ora, in questo momento, senza cambiare nulla – nella vostra posta in arrivo”. Insomma: dimmi come archivi, leggi, non leggi, cestini o non cestini i messaggi, e ti dirò chi sei (e qual è il livello di ansia provocato in te da quella fantastica e tirannica invenzione che è l’e-mail).

    C’è, all’origine, un articolo di Silvia Killingsworth sul New Yorker, nel quale la giornalista racconta la sua tormentata affiliazione a Inbox Zero, sistema per archiviare i messaggi secondo cinque criteri: cestinare, delegare, rispondere, rinviare, fare.  Lo scopo ultimo di Inbox Zero, scrive Silvia Killingsworth, “suona come qualcosa a metà strada tra Scientology e lo Zen”, ed è il raggiungimento costante della condizione “posta in arrivo: zero”. Definita a un tempo “esilarante e terrificante”, visto che quando quel felice status si raggiunge è un po’ come “guardare nell’abisso”. E’ che, alla base della filosofia di Inbox Zero, c’è un vecchio trucco. Lo stesso grazie al quale, da ragazzini, si nascondono giocattoli e vestiti sotto il letto o si aggroviglia tutto nell’armadio chiuso a chiave per far vedere che la cameretta è in perfetto ordine (e invece non lo è). Ma non è detto che quel vecchio trucco riesca a ingannare efficacemente l’ansia da accumulo di messaggi inevasi.  I redattori di Atlantic Wire sono quindi partiti dalle loro personali caselle per stilare una prima e certamente provvisoria lista di “e-mail-lifestyle”.

    C’è il “nichilista”, amante dell’eliminazione sadica senza lettura, in automatico; c’è l’“accumulatore”, che non butta nulla e legge tutto; c’è il “nostalgico”, che conserva nei secoli dei secoli anche migliaia di messaggi non letti, per il gusto di aprirli dopo mesi e scoprire così che cosa si è (o non si è) perso;  c’è quello che si potrebbe tradurre come “negazionista”, perché ha disattivato il conteggio dei “non letti”; c’è l’“illuminista”, inteso come il razionalizzatore spietato (spietato soprattutto nell’uso del comando “cancella”), per il quale l’obiettivo Inbox Zero è condizione naturale; c’è il “mostro di pulizia”, che conserva in tutto non più di una cinquantina di messaggi, al massimo uno non letto; c’è poi il “distruttore”, l’“amante del caos”, che si abbandona al flusso dei messaggi, siano essi letti o non letti, senza patemi, e il “solo ragionevolmente organizzato”, molto ordinato nei messaggi di lavoro e poco per quelli personali…
    E’ solo una lista provvisoria di possibili stili, scrive Atlantic Wire, che invita i lettori a raccontare qual è il loro. Le sfumature dell’ansia da “messaggi non letti” sono molto più di cinquanta.