Obama alla guerra preventiva

L'intelligence francese dice no all'America che vuole intervenire in Siria

Daniele Raineri

Il Cairo, dal nostro inviato. Notizie sulla crisi in Siria, difficili da confermare. Il dipartimento di stato americano sta tentando di convincere la Francia e altri alleati Nato che in Siria la minaccia delle armi chimiche del presidente Bashar el Assad giustifica la preparazione di un intervento militare. L’Amministrazione Obama è pronta con un’azione di guerra preventiva a prendere il controllo dei 31 depositi siriani (questo per ora è la stima più precisa) dove sono custoditi i precursori chimici che miscelati assieme compongono il gas nervino Sarin.

    Il Cairo, dal nostro inviato. Notizie sulla crisi in Siria, difficili da confermare. Il dipartimento di stato americano sta tentando di convincere la Francia e altri alleati Nato che in Siria la minaccia delle armi chimiche del presidente Bashar el Assad giustifica la preparazione di un intervento militare. L’Amministrazione Obama è pronta con un’azione di guerra preventiva a prendere il controllo dei 31 depositi siriani (questo per ora è la stima più precisa) dove sono custoditi i precursori chimici che miscelati assieme compongono il gas nervino Sarin. La pressione del dipartimento è forte in particolare su Parigi, dove è arrivato un memo dei servizi segreti americani che sostengono di avere individuato aerei pronti al decollo con a bordo il gas nervino sulle piste di tre aeroporti siriani. Il dossier è in mano al Secrétariat Général de la Défense et de la Sécurité Nationale (Sgdsn), che fa capo al primo ministro Jean-Marc Ayrault. I servizi francesi si oppongono con forza, sostenendo che si tratta di intelligence insufficiente, e chiedono altro tempo, citando il precedente delle armi di distruzione di massa mai trovate in Iraq. La richiesta americana di aiuto in caso di intervento preventivo sarà affrontata nell’incontro dei 13 paesi che seguono la crisi siriana che si terrà in Canada la prossima settimana. Sono stati gli stessi americani a fare trapelare ai media, due settimane fa, che c’è “attività inusuale, mai vista prima” nei siti delle armi chimiche dell’esercito siriano, “tale da far pensare che sia intenzionato a usarle”.

    Perché gli Stati Uniti stanno esercitando pressione soprattutto su Parigi? Perché dalla Francia si aspettano un aiuto decisivo. I servizi segreti francesi sembrano i più connessi dentro la Siria rispetto a tutti gli altri. Sono in vantaggio. A luglio il ministro degli Esteri, Laurent Fabius, confermò con orgoglio che il generale della Guardia repubblicana Manaf Tlass, amico d’infanzia del presidente Assad, era riuscito a disertare grazie alle forze speciali francesi, e così altre figure di spicco, come il generale Mohamed Hussein Haj Ali, comandante dell’Accademia nazionale di difesa, fuggito in Giordania ad agosto. Secondo il quotidiano Figaro, Parigi in quel periodo stava lavorando “a dodici defezioni dentro il regime”. Da Beirut una fonte dice al Foglio: “La settimana scorsa ho ospitato cari amici in fuga da Damasco e mi dicevano di sapere che nella ghuta (la fascia dell’hinterland) attorno alla capitale si muovono uomini dei servizi francesi per sostenere i ribelli. Parlavano però per sentito dire”. C’è chi ricorda che a marzo l’ambasciatore francese in Libano dovette andare sul confine a recuperare alcuni agenti in fuga da Homs. Nella stessa zona, tra il confine e Damasco, il Figaro ha scritto una settimana fa, si muovono militari francesi in contatto con i gruppi ribelli.
    Due giorni fa Kelly McEvers, reporter della radio americana Npr che ha lavorato clandestinamente dentro la Siria, ha confermato un’informazione apparsa sul Foglio mercoledì 5 dicembre: ribelli siriani s’addestrano in Giordania assieme a istruttori di paesi arabi e americani “senza divisa, in vestiti borghesi”. Aggiunge che centinaia di uomini sono passati per questo corso, che comprende l’uso di armi antiaeree sofisticate, negli ultimi due-tre mesi, e che un militare americano dice ai ribelli “prima dovete unirvi”, come condizione per il trasferimento delle armi dentro la Siria. Gli Stati Uniti guardano con diffidenza all’opposizione armata siriana, considerata un assortimento disunito di bande che agiscono in autonomia e hanno in comune soltanto l’odio per Assad.

    La disperazione degli Scud
    I radar di terra in Turchia hanno “visto” l’esercito siriano sparare almeno sei missili Scud da lunedì. Partono in volo dalla base di al Nasiriya, poco a nord di Damasco, e mirano alla gigantesca base militare 111, a Sheikh Suleiman, vicino ad Aleppo, presa domenica da Jabhat al Nusra, il gruppo ribelle che martedì è stato messo sulla lista dei “terroristi globali” dal dipartimento di stato americano. La mossa del governo Assad sa di disperazione, è un po’ come buttare il mobilio dalla finestra, ma è probabile che i piloti siriani non si arrischino più a volare così a nord, dopo avere subìto troppi abbattimenti con i missili terra-aria che i ribelli hanno saccheggiato dalle basi. Ieri l’ospedale dell’élite a Damasco è stato sgombrato per fare posto al ministro dell’Interno, ferito da una bomba mercoledì sera, pur in mezzo a mille misure di sicurezza. Persino Mosca, attraverso il viceministro degli Esteri russo, Mikhail Bogdanov, ora dice: “Assad sta perdendo” (e per la Nato: “Il regime sta collassando”).

    *Nella foto: forze speciali francesi in Giordania, vicino al confine con la Siria

    • Daniele Raineri
    • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)