Una poltrona per troppi

Tutti per Monti, premier in franchising o riserva per il Quirinale

Salvatore Merlo

“Non ce lo vedo a girare per le piazze e i mercati, a salire su un palco magari con un megafono in mano”. E’ l’amico più fedele di Silvio Berlusconi a parlare così, in termini evanescenti, della candidatura di Mario Monti alle elezioni. Dalle parti del Cavaliere, tra quelli che gli stanno intorno sul serio, al di là delle dichiarazioni pubbliche, ci credono poco, pochissimo, e un po’ sorridono dei giornali che si esercitano intorno “a scenari fantapolitici”.

    “Non ce lo vedo a girare per le piazze e i mercati, a salire su un palco magari con un megafono in mano”. E’ l’amico più fedele di Silvio Berlusconi a parlare così, in termini evanescenti, della candidatura di Mario Monti alle elezioni. Dalle parti del Cavaliere, tra quelli che gli stanno intorno sul serio, al di là delle dichiarazioni pubbliche, ci credono poco, pochissimo, e un po’ sorridono dei giornali che si esercitano intorno “a scenari fantapolitici”. Anche Berlusconi pensa che alla fine Monti si limiterà, al massimo, a un endorsement rivolto ai centristi di Luca Cordero di Montezemolo e di Andrea Riccardi, loro che in effetti con estremo realismo puntano proprio a questo obiettivo minimo, assieme a Pier Ferdinando Casini: sono già cominciate le riunioni decisive per la compilazione di una loro lista unica, Verso la Terza Repubblica, un movimento di società civile che possa essere identificato come il contenitore monopolista, l’unico “autorizzato” all’uso del nome “Monti” nel simbolo. Ma senza la persona fisica, senza la candidatura di Mario Monti.

    Certo, le pressioni attorno al professore ci sono, nazionali (Rcs) e internazionali, come si è visto giovedì a Bruxelles, e sono fortissime, americane ed europee, a cominciare dai giornali anglosassoni come il Financial Times e l’Economist (“Run Mario Run”). Il disfacimento del mondo berlusconiano spinge personalità cattoliche come Gianni Alemanno e Roberto Formigoni, sensibili alle inclinazioni delle gerarchie, a scommettere sul professore: domani si riunisce in convention a Roma una specie di avanguardia del Pdl montiano. E anche nel Partito democratico gli ambienti più riformisti e cattolico-liberali tifano apertamente per un gesto coraggioso del premier: Franco Marini, in Senato, lo ripete così spesso, e a così tanta gente, che alla fine adesso tutti sanno che anche Beppe Fioroni con buona parte degli ex MoDem è pronto ad andarsene. Ma poi nessuno di questi attori sulla scena è sicuro quando gli si chiede, con precisione, quale sia il presunto piano di battaglia del professore. Nel Pd, area cattolico-veltroniana, dicono che non sarebbe possibile per loro stare accanto a gente del Pdl che fino a ieri è stata contro Monti e su posizioni di fortissima contrapposizione dialettica con il centrosinistra: “Come potrebbero sedersi, per esempio, sullo stesso lato dell’emiciclo figure come Walter Veltroni e Renato Brunetta? Pietro Ichino e Ignazio La Russa? E Berlusconi che fa? Se c’è lui non ci siamo noi – dicono – è ovvio”. Nel Pdl la storia è diversa, ma non meno complicata. Gaetano Quagliariello, Franco Frattini, Maurizio Lupi, con Alemanno e Formigoni, domani inaugurano una specie di correntone del popolarismo europeo in Italia (“Italia popolare”), alcuni di loro pensano di poter offrire a Monti la guida del centrodestra, così come fa il Cavaliere (forse solo per tattica): ma il professore accetterebbe mai un condominio con Berlusconi come teorizza Frattini quando spiega che il Cavaliere “si potrebbe ritagliare il ruolo di contributore all’aggregazione di tutte le anime italiane che si riconoscono nel Ppe”? Difficile.

    Più probabile che si stacchino solo piccoli pezzi, e senza un’esplicita candidatura di Monti. D’altra parte gira una voce, autorevolmente confermata da un ministro del governo tecnico, e ieri contenuta pure, tra le righe, nell’intelligente (e vagamente minatoria) intervista di Massimo D’Alema al Corriere della Sera. “Monti potrà continuare a svolgere un ruolo importante per tutti noi – ha detto D’Alema – Prima di lasciare Palazzo Chigi potrebbe indicare quali sono le cose utili da fare per il paese e le forze politiche si misurerebbero su questo programma”. E’ l’ipotesi del Memorandum, del programma di una candidatura implicita del professore che coalizzerebbe un piccolo gruppo di montiani in Parlamento, un gruppo di mischia capace in seconda battuta, assieme al Pd, di eleggerlo al Quirinale. Con Bersani premier.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.