Nel paese umiliato e intimidito il capo di stato legge Montale

Alfonso Berardinelli

L’altra sera (non succede spesso) ho sentito a casa di amici il nostro presidente Giorgio Napolitano parlare di libri e di poesia e non di crisi politica e di elezioni. Ha detto di aver trovato un bravissimo rilegatore e di essersi fatto rilegare i libri di poesia di Montale: nel primo, “Ossi di seppia”, ha ritrovato alcuni versi da lui molto amati: “Non domandarci la formula che mondi possa aprirti” ecc. Quali siano i rapporti che un politico può avere con la poesia, è per me un mistero.

    1. L’altra sera (non succede spesso) ho sentito a casa di amici il nostro presidente Giorgio Napolitano parlare di libri e di poesia e non di crisi politica e di elezioni. Ha detto di aver trovato un bravissimo rilegatore e di essersi fatto rilegare i libri di poesia di Montale: nel primo, “Ossi di seppia”, ha ritrovato alcuni versi da lui molto amati: “Non domandarci la formula che mondi possa aprirti” ecc. Quali siano i rapporti che un politico può avere con la poesia, è per me un mistero. Ma ho della politica un’idea così negativa che non si addice al ruolo “super partes” che il presidente della Repubblica ha in Italia. La poesia depura e riposa la mente e per prendere decisioni importanti è necessaria una certa dose di ispirazione e di distacco e non solo una consumata abilità di manovra. Oggi nessuno ha certezze sul futuro dell’Italia e dell’Europa e Montale, liberale scettico e pessimista, concludeva quella poesia con due versi storicamente famosi: “Codesto solo oggi possiamo dirti / ciò che ‘non’ siamo, ciò che ‘non’ vogliamo”. Alle prossime elezioni, dopo circa dieci anni di astensione, tornerò a votare e non avendo certezze penserò alle dubitose cautele del poeta. Sono molte le cose che sento di non essere e di non volere.

    2. Vecchi, cari libri! Entro nella libreria Cesaretti in piazza del Collegio Romano e scopro quello che ormai tutti i lettori sanno: le comuni librerie non sono più vere librerie, sono occupate solo da volumi usciti nell’ultimo anno o negli ultimi sei mesi. Romanzi su romanzi, dato che tutti prima o poi scrivono un romanzo o qualcosa che “si legge come un romanzo”. E’ la fiera delle novità, ben poco che meriti di restare più a lungo negli scaffali.
    Non voglio parlare di ignoranza, ma la disinformazione è tale che per attirare l’eventuale acquirente bisogna che in copertina ci sia il nome di un autore specializzato in bestseller, o la faccia di un personaggio televisivo. Sembra che l’autorità culturale e il marchio di garanzia commerciale (leggi questo perché tutti lo leggono!) abbiano la loro prima fonte nella tv.
    Per avere davanti agli occhi il mondo dei libri nella loro varietà e nella loro storia bisogna entrare nelle librerie d’occasione. Lì dormono e aspettano la nostra attenzione autori e opere che avevamo dimenticato. Una volta queste librerie erano appassionatamente frequentate dagli studenti universitari, oltre che dai bibliofili. Oggi questi preziosi e confortanti locali sono deserti. Pochi osano entrare, cercare, curiosare, comprare. Bisogna chiedersi che razza di studenti sta producendo l’università attuale, dopo due o tre devastanti riforme di sinistra e di destra. Gli attuali studenti universitari più che leggere libri, sottolineano fotocopie. Non amano, non conservano, non collezionano libri. Se ne liberano, li buttano. Per pensare hanno bisogno di Internet. Senza Internet il loro cervello è incapace di muoversi. Niente allarmi, state tranquilli! L’umanità è in metamorfosi, la mutazione continua e il cervello umano si prepara a prendere ordini solo dalla grande macchina.

    3. Siamo un paese umiliato, intimidito, privo di identità e di sovranità culturale. Logorroici e afasici, se dobbiamo nominare qualcosa d’importante, attraente, autorevole non usiamo la parola italiana (fa tristezza), usiamo quella inglese (che fa sembrare all’altezza della cosa e dei tempi): austerity, rating, fiscal compact, green economy, spread, spending review, governance, exit strategy, election day e naturalmente call center, outlet, flop ecc. Per una popolazione anziana come quella italiana che sa poco d’inglese, è come ascoltare la messa in latino, democraticamente accantonata dalla chiesa. La nuova religione e la nuova metafisica non sono nel regno dei cieli, sono nel cielo dell’economia, della finanza e della politica internazionale. Noi in ginocchio adoriamo il nuovo Deus absconditus, o meglio The Unknow God.

    4. Un bravo e soccorrevole poeta illuminista come Enzensberger ha pubblicato recentemente un libro che vorrebbe consolare gli autori afflitti, umiliati e offesi: “I  miei flop preferiti” (Einaudi). Enzensberger è uno dei maggiori scrittori europei dell’ultimo mezzo secolo, ma non è propriamente autore di bestseller (il fatto che sia noto soprattutto per “Il mago dei numeri”, un libro per bambini, è per un tale autore poco meno che un’offesa). Nel libro sul flop vuole mostrare che i fallimenti sono non meno, anzi più interessanti dei successi. Il successo si autoannulla nel compiacimento. Il flop resta nella memoria dell’autore e forse ha un futuro: forse è lì che aspetta il momento buono per essere ripreso e rilanciato. Enzensberger con questo libro mostra che le circostanze sono decisive nella riuscita o nel fallimento e che la storia della cultura annovera i flop di innumerevoli classici. Il successo può rendere più soddisfatti e più stupidi. L’insuccesso, invece, più scontenti e intelligenti. Ma tutto è questione di carattere e di misura. Il flop assoluto e reiterato fa solo male.