La pena di morte per gli omosessuali? La chiesa ugandese dice no
Non sono stati due giorni facili per il Vaticano. Prima i giornali italiani che, sintetizzando un passaggio del messaggio del Papa per la Giornata della pace nel quale ritorna sulla visione del matrimonio fra un uomo e una donna come profondamente differente da tutte le altre forme di unione, sintetizzano che Benedetto XVI non vuole “le nozze gay”. E poi quelli ugandesi, che si scatenano ancora contro Benedetto XVI colpevole di aver ammesso al baciamano, durante la scorsa udienza generale, la presidente del Parlamento ugandese, Rebecca Kadaga, presente a Roma per la settima assemblea dei parlamentari per la Corte penale internazionale e lo stato di diritto.
Non sono stati due giorni facili per il Vaticano. Prima i giornali italiani che, sintetizzando un passaggio del messaggio del Papa per la Giornata della pace nel quale ritorna sulla visione del matrimonio fra un uomo e una donna come profondamente differente da tutte le altre forme di unione, sintetizzano che Benedetto XVI non vuole “le nozze gay”. E poi quelli ugandesi, che si scatenano ancora contro Benedetto XVI colpevole di aver ammesso al baciamano, durante la scorsa udienza generale, la presidente del Parlamento ugandese, Rebecca Kadaga, presente a Roma per la settima assemblea dei parlamentari per la Corte penale internazionale e lo stato di diritto. Kadaga, infatti, nella sua qualità di speaker del Parlamento di Kampala, ha sostenuto pubblicamente il disegno di legge “anti omosessualità” (“Kill the Gay Bill”) che, nella sua versione originale, presentata nel 2009 dal deputato David Bahati, prevedeva la pena di morte per chi fosse riconosciuto colpevole di “omosessualità aggravata”, ad esempio in caso di relazione con un minorenne o di infezione da Aids. Un provvedimento ancora in discussione e che nella sua versione attuale prevede non più la pena di morte ma l’ergastolo, mantenendo il quadro generale di inasprimento delle pene per le relazioni tra lo stesso sesso.
Seppure il baciamano papale non significhi in nessun modo l’approvazione delle politiche di coloro che compongono una delegazione, a scagionare – se mai ve ne fosse bisogno – il Papa è perfino Wikileaks. Uno dei cable di Wikileaks, infatti, aveva già mostrato come nel 2009 gli Stati Uniti si erano impegnati attivamente per sensibilizzare i diplomatici della Santa Sede. Nel dicembre 2009, quando la discussione sul “Kill the Gay Bill” era all’apice, l’osservatore permanente della Santa Sede all’Onu, Celestino Migliore, respinse ogni forma di “violenza e ingiusta discriminazione” nei confronti degli omosessuali, mentre poche settimane dopo l’arcivescovo di Kampala, Cyprian. K. Lwanga, condannò il disegno di legge perché prendeva di mira “il peccatore e non il peccato” e non rispecchiava un “approccio cristiano” alla questione dell’omosessualità. In una nota della Conferenza episcopale ugandese, inoltre, si legge: “Apprezziamo lo sforzo del governo di proteggere la famiglia tradizionale e i suoi valori. L’insegnamento della chiesa resta fermo sul fatto che gli atti omosessuali siano immorali. Ma la chiesa insegna il messaggio cristiano di rispetto, compassione e sensibilità. Le persone omosessuali hanno bisogno di aiuto, comprensione e amore come tutti coloro che si sforzano di diventare membri del Regno di Dio”. E sulla normativa specifica i vescovi, rifacendosi al Vangelo, affermano: “L’uccisione non può essere presa a modello in un approccio cristiano alla questione. L’introduzione della pena di morte e dell’imprigionamento per atti omosessuali colpisce le persone invece di cercare di aiutarle”.
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