Il “dàgli al banchiere” si ode forte e chiaro da Milano a Seul

Alberto Brambilla

Qualcuno penserà che il 2012 sia l’anno della Norimberga dei banchieri e dei trader spregiudicati. Forse un paragone eccessivo ma utile per capire quanto la crisi economica, partita dalla finanza, si stia ritorcendo sui suoi “creatori” sotto forma di contraccolpi giudiziari. La saga globale dei “bad bankers”, i cattivi banchieri, è giunta anche a Milano. Ieri una delle prime indagini a livello internazionale sui titoli derivati, cominciata nel maggio 2010, è arrivata alla sentenza di primo grado condannando con l’accusa di truffa la banca tedesca Deutsche Bank, la svizzera Ubs, la statunitense Jp Morgan e l’irlandese Depfa Bank.

    Qualcuno penserà che il 2012 sia l’anno della Norimberga dei banchieri e dei trader spregiudicati. Forse un paragone eccessivo ma utile per capire quanto la crisi economica, partita dalla finanza, si stia ritorcendo sui suoi “creatori” sotto forma di contraccolpi giudiziari. La saga globale dei “bad bankers”, i cattivi banchieri, è giunta anche a Milano. Ieri una delle prime indagini a livello internazionale sui titoli derivati, cominciata nel maggio 2010, è arrivata alla sentenza di primo grado condannando con l’accusa di truffa la banca tedesca Deutsche Bank, la svizzera Ubs, la statunitense Jp Morgan e l’irlandese Depfa Bank. Il giudice ha ordinato la confisca di 88 milioni di euro e un milione di euro di multa per ciascun istituto. La vicenda risale al 2005 quando il comune di Milano aveva aderito a uno scambio di titoli acquistando derivati ma senza che fossero stati spiegati i pericoli reali di un investimento di per sé rischioso, secondo la motivazione dell’accusa accolta ieri dal giudice: una truffa da cento milioni di euro, secondo la procura. Palazzo Marino si era costituito parte civile ed è uscito dalla disputa dopo  un accordo di transazione per 445 milioni. L’associazione dei consumatori Adusbef, rimasta parte civile, otterrà invece 50 mila euro di risarcimento. Il giudice della IV sezione penale del tribunale milanese, Oscar Magi, ha condannato nove manager o ex delle banche, le quali hanno deciso di impugnare la sentenza in Appello. E’ però possibile che nel frattempo il caso cada in prescrizione.

    Per il pm Alfredo Robledo, titolare dell’inchiesta, l’Italia “è stata terra di scorribande”. Eppure questa è una piccola storia rispetto agli scandali che stanno investendo alcuni dei principali istituti finanziari del mondo, dove le “scorribande” sarebbero state celate a lungo anche dai rappresentanti delle istituzioni. E’ il caso di Ubs che, secondo quanto rivelato ieri dal Financial Times, ha patteggiato una sanzione da 1,3 miliardi di euro con le autorità svizzere, americane e inglesi per chiudere il procedimento per manipolazione “consueta e diffusa” del tassi interbancari Libor ed Euribor che fungono da riferimento per scambi miliardari in diversi prodotti finanziari. Lo scandalo riguarda almeno dieci istituti e della faccenda era al corrente dal 2008 anche il segretario al Tesoro americano, Timothy Geithner. La banca, guidata da Sergio Ermotti, andrà incontro a perdite da mettere a bilancio. L’inglese Barclays aveva patteggiato una penale, il suo amministratore delegato Bob Diamond si era dimesso perché direttamente coinvolto. Entrambi gli istituti hanno ammesso sia le manipolazioni da parte dei trader per fare profitto sui derivati sia la corruzione del tasso in sede di concertazione alla British Bankers’ Association, cui è stata tolta la facoltà di assestare il Libor. Ci sono stati duemila interventi considerati impropri in Ubs e sarebbero coinvolti oltre 45 manager dal 2005 al 2010. Almeno due finiranno alla sbarra. “Pensami quando sarai sul tuo yacht a Monaco”, è solo uno degli scambi di e-mail tra i personaggi coinvolti. Intanto nemmeno l’Asia è risparmiata dall’ondata del “dàgli al banchiere”. In Corea del sud gli istituti Kookmin, Shinhan, Woori e Hana sono sospettati di avere manipolato i certificati di deposito (Cd), usati di norma come riferimento per fissare i tassi di prestito. Altro filone è quello dei legami e degli affari con l’Iran e del riciclaggio del denaro criminale. E’ il caso in particolare dell’americana Standard Chartered, accusata di “lavare” i petrodollari dell’Iran, pratica vietata perché il paese è sotto sanzioni. Anche la storica banca inglese Hsbc ha patteggiato per avere ripulito denaro dei cartelli della droga messicani e degli iraniani, la contesa non è chiusa. Pendente, infine, è il caso di Royal Bank of Scotland, sospettata anch’essa di fare affari con Teheran.
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    • Alberto Brambilla
    • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.