Chi è il pm voluto da B-XVI nella lotta contro i preti pedofili
Quando nel maggio del 2010 due cardinali di peso, l’austriaco domenicano Christoph Schönborn arcivescovo di Vienna e l’americano cappuccino Sean O’Malley arcivescovo di Boston, picchiarono duro contro l’ex segretario di stato vaticano Angelo Sodano in molti nella chiesa cattolica si domandarono se la loro accusa corrispondesse in pieno a una linea imposta dall’alto dal Papa o meno.
Quando nel maggio del 2010 due cardinali di peso, l’austriaco domenicano Christoph Schönborn arcivescovo di Vienna e l’americano cappuccino Sean O’Malley arcivescovo di Boston, picchiarono duro contro l’ex segretario di stato vaticano Angelo Sodano accusandolo (il primo con dichiarazioni diffuse il 4 maggio dall’agenzia Kathpress, il secondo con un’intervista del 14 maggio uscita sul National catholic reporter) di aver ostacolato l’opera di pulizia intrapresa dall’allora cardinale Joseph Ratzinger nei confronti di Hans Hermann Gröer, ex arcivescovo di Vienna, e di Marcial Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo, entrambi accusati di abusi sessuali e poi riconosciuti colpevoli, in molti nella chiesa cattolica si domandarono se la loro accusa corrispondesse in pieno a una linea imposta dall’alto dal Papa o meno. E i dubbi rimasero quando, poche settimane dopo il cosiddetto “schiaffo di Vienna”, il Papa convocò Schönborn e sostanzialmente lo obbligò, presente Sodano, a chiarire le proprie dichiarazioni. Nei mesi successivi molti dubbi vennero sciolti anche grazie all’azione del Papa volta a dissotterrare i crimini e a interrompere una certa politica “insabbiatoria” della vecchia guardia. Ma una conferma se possibile ancor più definitiva circa il fatto che la linea della “tolleranza zero” sulla pedofilia era ed è l’unica linea del Papa la si è avuta in queste ore quando nell’imminenza del Natale egli ha firmato una nomina non equivocabile: il nuovo promotore di giustizia presso la Dottrina della fede, una sorta di “pubblico ministero” per i casi di abusi sessuali su minori commessi da preti, è Robert Oliver, il sacerdote che nella Boston del cardinale Bernard Law ha denunciato per primo le malefatte dei suoi colleghi facendo deflagrare i casi in tutto il mondo.
L’arrivo di Oliver è anche un segnale preciso che Ratzinger dà fuori e dentro la sua chiesa, e cioè anche a coloro che non avevano compreso fino in fondo la promozione dell’ex promotore di giustizia Charles Scicluna a vescovo ausiliare a La Valletta, a Malta, nonostante nelle ore successive l’addio a Roma fu lo stesso Scicluna a smentire le voci di coloro che vedevano nella sua promozione la volontà del Vaticano di abbassare la guardia sulla pedofilia.
Fin dai tempi di Law, Oliver ha usato i media per portare alla luce i casi di pedofilia più difficili. Sul Boston Globe ha firmato articoli in cui denuncia i casi e insieme informa sulle decisioni prese per risolvere il problema. Sotto la sua direzione ha lavorato un gruppo di laici col compito di vagliare ogni singolo caso e risolverlo nel modo più trasparente possibile, senza più insabbiamenti. Nello stesso tempo il gruppo di laici era incaricato di svolgere indagini parallele a quelle della giustizia ordinaria laddove le accuse di pedofilia non avessero riscontri certi. In questo modo molti preti sono stati ridotti allo stato laicale, ma ad altri è stata restituita la dignità di uomo e insieme di sacerdote.
La nomina di Oliver conferma una tendenza tutta di questa ultima fase di pontificato: in diversi ruoli chiave Papa Ratzinger pesca negli Stati Uniti. Così ha fatto portando in segreteria di stato, dove è presente fra le massime autorità anche l’assessore per gli affari generali Peter Brian Wells, il nuovo esperto di comunicazione Greg Burke. Allo Ior voce ascoltata, anche in questa fase nella quale si deve eleggere il nuovo presidente, è il Cavaliere di Colombo Carl Anderson. E ora, nella Congregazione che fu di William Levada, l’ennesimo statunitense, padre Oliver, un nuovo pm al servizio di Benedetto XVI.
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