Nel tramonto di Barbie (se c'è) non c'entra il femminismo ma il tablet
In attesa di sapere che cosa sia successo nel mercato mondiale dei giocattoli in occasione del Natale appena trascorso, il Financial Times ha raccontato che – stando a indiscrezioni – per la prima volta dopo più di mezzo secolo, il prodotto più venduto dalla Mattel nel 2012 non è stata la bambola Barbie ma un portacellulare di plastica. Un semplice accessorio da smartphone e non un giocattolo tradizionale.
In attesa di sapere che cosa sia successo nel mercato mondiale dei giocattoli in occasione del Natale appena trascorso, il Financial Times ha raccontato che – stando a indiscrezioni – per la prima volta dopo più di mezzo secolo, il prodotto più venduto dalla Mattel nel 2012 non è stata la bambola Barbie ma un portacellulare di plastica. Un semplice accessorio da smartphone e non un giocattolo tradizionale. Anzi, “il” giocattolo tradizionale per eccellenza dedicato alle bambine, l’inossidabile ed eternamente sorridente fidanzata di Ken, la finta piccola donna idolatrata e vituperata, capace di resistere senza scomporsi agli insulti di Germaine Greer come alle fatwe degli ayatollah iraniani (non più tardi di un anno fa impegnati a pretendere la sparizione della demoniaca bambola occidentale da ogni negozio del paese), oltre che alla concorrenza di altre e più smaliziate ragazzacce di plastica.
Bastava solo un po’ di pazienza. E dove nulla poterono gli anatemi proto e tardo-femministi, le bocciature degli psicologi dell’età evolutiva, le scomuniche convergenti di predicatori islamici kuwaitiani e di ecologisti americani di Greenpeace (scontenti dell’imballaggio della bambola, a loro giudizio responsabile della deforestazione in Indonesia), potrebbe riuscire oggi la passione per tablet e smartphone, sempre più dominante anche nella fascia d’età che va dai sei ai dieci-dodici anni. A fare la differenza c’è, soprattutto, il tempo crescente che i bambini passano al computer, impegnati in giochi online o alla ricerca di video che li divertano. Per questo, spiega il Ft, alcuni analisti hanno ridimensionato le previsioni di vendita di giocattoli tradizionali nel quarto trimestre dell’anno (il più importante) rispetto al 2011. Queste previsioni valgono sia per la Mattel, con la Barbie e il suo ragguardevole indotto, sia per un altro colosso mondiale, la Hasbro, che produce giochi da tavolo come Monopoli, Scrabble e Trivial Pursuit, ma anche Transformers, accessori ispirati a Star Wars e molto altro.
Archeologia ludica? Ne è convinto Dylan Collins, azionista di una società di giochi online intervistato dal Financial Times: “Tutte le persone che conosco con figli di meno di dieci anni, hanno in casa un tablet. E quel tablet fa da baby-sitter”. Il parere di Collins è senza dubbio interessato, ma a dargli sostanza c’è un’indagine Nielsen che, a metà novembre, in epoca di letterine a Santa Klaus, raccontava i desideri dei bambini americani tra sei e dodici anni in tema di prodotti elettronici. Quattro dei primi cinque oggetti più desiderati, per la cronaca, sono a marchio Apple (e cioè l’iPad, primo assoluto con il 46 per cento delle preferenze, l’iPod Touch, il mini iPad, e l’iPhone, mentre la nuova console Nintendo Wii U è seconda, con il 39 per cento).
C’è però un’altra classifica, quella della National Retail Federation, a sostenere la tesi della resistenza, nei desideri dei piccoli consumatori d’oltreoceano, di giocattoli come il Lego, al primo posto per i maschi, e la Barbie, sempre in cima ai sogni delle ragazzine. Ma è evidente a tutti: va crescendo la passione di bambine e bambini per i mondi virtuali, da dominare sfiorando uno schermo ipertecnologico. Bambini che nemmeno camminano, come la fantolina di un anno che in un video su YouTube, dopo aver giocato di gusto con un tablet, cerca invano di animare, allargando le dita, anche riviste illustrate a stampa. E allora è chiaro. Quando alla piccina toccherà scrivere a Babbo Natale, lo farà su un tablet, per chiedere un altro tablet.
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