L'umiliazione della donna è un rifugio incestuoso per uomini castrati

Umberto Silva

Più le donne amano la vita, più attraggono i maschi, che a loro volta possono risultare assai brillanti. Si è irresistibili per l’altro perché innanzitutto lo si è per se stessi e così ci si abbandona al desiderio: quando il coraggio di un’esistenza trapela da un volto, da uno sguardo, da una parola, si può parlare di seduzione, di se ducere nell’ignoto di un incontro. Se invece si pensa di governare la seduzione, di conoscerne le regole, d’essere un bravo seduttore, allora è caccia, dove il cacciatore è la lepre, anzi il coniglio.

    Più le donne amano la vita, più attraggono i maschi, che a loro volta possono risultare assai brillanti. Si è irresistibili per l’altro perché innanzitutto lo si è per se stessi e così ci si abbandona al desiderio: quando il coraggio di un’esistenza trapela da un volto, da uno sguardo, da una parola, si può parlare di seduzione, di se ducere nell’ignoto di un incontro. Se invece si pensa di governare la seduzione, di conoscerne le regole, d’essere un bravo seduttore, allora è caccia, dove il cacciatore è la lepre, anzi il coniglio. Tutto ciò ha dato inizio al mondo e lo fa esistere tra gli infiniti equivoci che tormentano gli amanti, che se tutto filasse liscio, staremmo freschi come in un obitorio. Mal educati, vittime di quello stupro originario che li consegna alla supremazia del fallo, i maschi spesso sono pigri, sbrigativi, paranoici. Ancora adesso temono le donne cui a lungo nei secoli hanno cercato di tagliare quella lingua che pareva sempre troppo lunga, tranne quando nell’avida bocca del maschio o avviluppata attorno al pene. Il saccheggio, le sfrenate nozze di strage e sesso, è stato per secoli e secoli la massima aspirazione del maschio, la spinta per distruggere la bellezza e l’amore in nome di una presuntuosa gloria. La donna risulta un enigma intollerabile che non lascia mai durante il giorno, tanto più se si cerca di scacciarla dalla testa per relegarla, in docile attesa, nei testicoli. La notte appare nei sogni in modo così delicato e poetico… che il mattino ci si sveglia indemoniati, e con un rancore assassino la si fissa mentre ci dorme accanto, sorridente. Che cazzo ha da ridere!? Ride di me?
    L’umiliazione della donna è l’autoumiliazione dell’aguzzino, una sottomissione al cupio dissolvi.

    Rinunciando a cimentarsi in una propria seduzione, l’uomo si castra, si brutalizza. S’instaura il regno della malinconia. La donna spesso si rifugia nei figli, che di questo remedium porteranno le stigmate, l’uomo in un nulla che nobilita a lavoro, sport, amicizia. Le donne non lo attraggono più? Non è da credere. Non si ammazza chi non ci interessa, tutt’altro: nella “Ballata del carcere di Reading” Oscar Wilde scrive che si ammazza chi si ama, perché niente è più intollerabile dell’amore, quell’ospite troppo inquietante cui non si ha la forza e la generosità di accogliere e di sfamare. Si uccide una donna perché ha sempre qualcosa che inquieta, tanto più se le si mette il burqa. “Cosa c’è sotto?”.
    Ciascun umano è attratto dal particolare. E’ sempre un dettaglio a catturarne il desiderio, dettaglio che può giungere da un ricordo d’infanzia, dalla visione di una madre amata, dalla pipì di una sguattera… Nel corso degli anni le ragazze in bicicletta che mostravano le mutande mentre andavano al lavoro hanno esercitato un grande fascino, al pari di quelle in abiti castigati, ragazze dallo sguardo assorto in misteriosi pensieri. Le loro nipotine oggi vanno in giro con vestiti ben più succinti; se la tirano e se la cercano, sostiene il prete di Lerici. Scherzano col fuoco della passione del maschio? E’ davvero la minigonna un incentivo allo stupro? Mah, i maschi hanno stuprato di tutto. Durante la guerra civile spagnola stuprarono e uccisero centinaia di suore che certo non portavano minigonne. E’ la profanazione della sacralità che eccita, piuttosto che i centimetri di pelle scoperta. Si divinizza la donna, la si elegge a tiranna che dispone a volontà dei sensi e dell’intelletto dell’uomo, per inscenare una miserabile rivolta. In ogni donna che si stupra e uccide, si vede la Madonna, la madre, all’apice di un rancore incestuoso.

    Le parole del prete di Lerici hanno suscitato grande indignazione, ma guai a fermarsi lì. Compiacersi nell’indignazione è chiudersi nella menzogna dell’ingenuità. Si casca dalle nuvole: solo quando entrano in azione si scopre che le iene esistono, poi le si dimentica. Fa comodo. C’è un pensiero insostenibile, scandaloso, che proprio per questo va detto in modo che possa essere pensato: tante donne si convincono di non meritare l’amore, ci rinunciano e si rassegnano allo stupro. Non mi riferisco soltanto a certe ragazze che, abbandonate o abbandoniche, spesso border, si riempiono di droga e spingono la loro smania di dipendenza fino a offrire il corpo al saccheggio. Lo stupro più diffuso avviene nelle famiglie, si sa, ma non tanto e non solo tra nonni e nipotini, quanto nel letto coniugale. A volte implica la violenza fisica, più spesso una torbida moral suasion o un ricatto cui la donna, impaurita, sottostà. Vicende troppo complesse per essere sbrigate con una denuncia per lo più inevasa. Attenzione e prudenza, bambine, signorine e donne, evitate di mettervi in situazioni di rischio, non uscite con un perverso ma nemmeno sposatevi con un babbione che poi v’inchioda alla sua afasica domesticità. Trovate il modo di proteggervi, armatevi di urticante saggezza, di quella che acceca i cecchini. Soprattutto: non credete a chi vi rassicura. Bando a ogni complice ingenuità: i lupi si stanno estinguendo ma le iene esistono ed esisteranno sempre. E tuttavia cantano gli angeli quando una donna maltrattata se ne va di casa, rischiando di vivere. Di gesti simili si fa la gloria degli umani, come quando Franca si rifiutò di sposare il suo stupratore o Rosa non cedette il posto in autobus a un bianco. Usa 1955! Sembra impensabile tanto degrado dei maschi.

    Come fa un uomo a chiedere a una donna di cedergli il posto? Non muore di vergogna? Un mio caro amico l’ha fatto, a Parigi, la città più galante del mondo. Tutti nell’autobus lo guardavano come un pazzo, pronti a scagliarsi su di lui, che imperturbabile fissava la ragazza negli occhi. La bocca della giovinetta divenne sottile, penetranti i suoi occhi. Un uomo accanto a loro li guardava, pallidissimo; tremava e sudava. Dopo trenta interminabili secondi la ragazza si alzò di scatto e il mio amico si accomodò. Lei si sedette sulle sue ginocchia, lui le cinse la vita con il braccio. Applauso generale, e quella notte all’hotel de Lille gli angeli fecero festa. Ma che tipi questi angeli!