La terza via
Così si può salvare la politica
Grazie all’Imu e agli aumenti di prezzo per ogni tipologia merceologica esistente o immaginabile abbiamo avuto sante feste tristi, obbligatoriamente ossequienti al recente, reiterato auspicio del Papa perché non venissero dedicate a quei consumi che saziano i sensi ma dannano le anime. Ha resistito solo il cenone natalizio, le paranze hanno arato a strascico tutti i mari d’Italia, rischiando serie multe, per soddisfare l’abbondante richiesta. Forse ha tenuto la vendita di iPad e telefonini vari – gli sms sono utilissimi per dribblare la malinconia della solitudine – ma il segno del meno ha preceduto le altre statistiche natalizie.
Grazie all’Imu e agli aumenti di prezzo per ogni tipologia merceologica esistente o immaginabile abbiamo avuto sante feste tristi, obbligatoriamente ossequienti al recente, reiterato auspicio del Papa perché non venissero dedicate a quei consumi che saziano i sensi ma dannano le anime. Ha resistito solo il cenone natalizio, le paranze hanno arato a strascico tutti i mari d’Italia, rischiando serie multe, per soddisfare l’abbondante richiesta. Forse ha tenuto la vendita di iPad e telefonini vari – gli sms sono utilissimi per dribblare la malinconia della solitudine – ma il segno del meno ha preceduto le altre statistiche natalizie. Sembra però assai probabile che per il prossimo anno le cose miglioreranno e che l’Italia austera e un po’ beghina che potrebbe uscire dalle elezioni ritroverà per il prossimo Natale e Capodanno – contraddittoriamente – le bollicine nei calici sollevati in scoppiettanti auguri consumistici. Potrebbe succedere, in virtù dell’endorsement che l’Osservatore Romano, l’Avvenire, autorità e dignità ecclesiali hanno concesso alle liste capeggiate da Monti (il solo cardinal Ruini, pare, ha deplorato l’iniziativa, da lui giudicata politologicamente e tatticamente incauta perché esporrebbe a una pericolosa conta il voto cattolico). Endorsement è un termine rudemente laico. Ci pare persino sconveniente usarlo in questo contesto, ma non ne abbiamo trovato un altro ugualmente efficace.
L’endorsement è forte, però dovrà essere collaudato e l’unico collaudo infallibile è quello fatto sui dati provenienti dal brutale “betting” britannico, che raramente sbaglia. Il betting ci dirà quanto sia valida l’affermazione di Monti circa la “vocazione maggioritaria” delle sue liste. La loro qualità è garantita, visto che lo aiuta nel compilarle un tagliateste come Enrico Bondi, saranno però anche assoggettate al parere – sicuramente vincolante – del variegato mondo dei cattolici che si agitano festosamente per scendere in campo: sia quelli che già tengono in assedio Monti da dentro il governo sia quelli che si riuniranno tra pochi giorni per mettere a punto il loro appoggio al premier. Premuto e tirato da questi poteri, sicuramente “forti”, chissà se Monti riuscirà a tener conto anche di quei suoi sostenitori che tengono a dirsi laici (anche se assicurano di provenire dall’area della “sana” laicità, insomma di non essere esigenti, petulanti e intransigenti).
Ma può essere questo, tanto condizionato, il baricentro di un “rassemblement” (io non avrei usato questo termine, evoca ricordi sgradevoli…) che aspira a una “vocazione maggioritaria”? Una vocazione maggioritaria può avere un significato meramente sociologico o anche politologico; ma mentre non garantisce la vittoria elettorale, non prefigura davvero quello – ancor più importante – che sarebbe visto come il grande, finora inedito, tentativo di dare al paese una visione complessivamente laica, aperta e moderna, efficiente e giusta, adeguata alle sue esigenze e urgenze.
La laicità della politica
Da laico, non mi auguro che nasca un terzo polo cui appiccicare questa etichetta. Come ha ricordato Stefano Folli, è dagli anni Cinquanta che in Italia si sospira l’avvento di un terzo polo, o una terza via, appunto “laica”. Questi tentativi sono andati sempre falliti, e non sarò io a indicarne le ragioni. Vorrei invece che questo paese conoscesse una politica laica, globalmente, in tutte le sue articolazioni; nella quale i poli – augurabilmente due, come nelle pragmatiche democrazie anglosassoni – esprimano, l’uno come l’altro, valori laici, ovverosia politici, non ideologici (il che non vuol dire che valori ideologici non debbano essere espressi in politica, ma che anche essi si devono muovere e confrontare con forme chiaramente e solidamente laiche). Nel 2013 cadrà il cinquecentesimo anniversario del “Principe”, il capolavoro di Machiavelli. Odiato dagli ideologi di ogni stampo, quel testo ci ricorda che la politica più sana e lucida è quella che si rinnova sempre nella sua autonomia, nel suo specifico. E’ una delle grandi scoperte della civiltà occidentale, in questo almeno ancora insuperata. E sarà un gran giorno quello in cui anche i cattolici comprenderanno che una legge universale è una legge che non proibisce, non castiga inutilmente, ma contribuisce a far raggiungere quel pizzico di felicità che ogni uomo può legittimamente e liberamente pretendere e che il Dio delle nozze di Cana, del perdono all’adultera e del discorso della Montagna ha promesso, contro i farisei del suo tempo (del suo Tempio). Insomma, occorrerebbe non che i laici siano “sani” ma che loro, i cattolici, siano, semplicemente, laici. E, scherzando ma non troppo, vorrei aggiungere che non è loro richiesto che siano cattolici “adulti”, secondo la definizione che costò a Romano Prodi, se non vado errato, l’endorsement vaticano. Semmai, che siano un po’ ragazzi, fanciulli allegri, fantasiosi e magari un po’, come dire, disobbedienti. E’ chiedere troppo? C’è altrimenti il rischio che i cattolici italiani finiscano con l’essere travolti, invece di guidarla, dalla modernità globalizzata.
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