“Dateci i resti di Eli Cohen”
Israele incontra i ribelli siriani per preparare un intervento nel Golan
Il giornale arabo al Quds al Arabi scrive che c’è stato un incontro tra militari israeliani e ribelli siriani in campo neutro, ad Amman, capitale della Giordania, “per preparare un’eventuale operazione israelo-americana e mettere in sicurezza le alture del Golan”. L’altopiano del Golan è un’area di confine contesa da Siria e Israele fin dalla Guerra dei sei giorni del 1967. Particolare che aggiunge verosimiglianza alla notizia: gli israeliani hanno subito chiesto ai ribelli siriani un aiuto per recuperare le spoglie di Eli Cohen, la cui esecuzione a Damasco fu uno dei capitoli più disperati nella storia dello spionaggio di Israele.
Il giornale arabo al Quds al Arabi scrive che c’è stato un incontro tra militari israeliani e ribelli siriani in campo neutro, ad Amman, capitale della Giordania, “per preparare un’eventuale operazione israelo-americana e mettere in sicurezza le alture del Golan”. L’altopiano del Golan è un’area di confine contesa da Siria e Israele fin dalla Guerra dei sei giorni del 1967. Particolare che aggiunge verosimiglianza alla notizia: gli israeliani hanno subito chiesto ai ribelli siriani un aiuto per recuperare le spoglie di Eli Cohen, la cui esecuzione a Damasco fu uno dei capitoli più disperati nella storia dello spionaggio di Israele. Cohen, abilissimo infiltrato del Mossad, riuscì a diventare viceministro della Difesa siriana prima di essere scoperto da agenti russi (già allora collaboravano con Damasco) mentre passava informazioni via radio e di essere impiccato durante una diretta della tv di stato siriana nel 1965. La restituzione delle sue spoglie a Israele è un tema simbolico ancora vivissimo. Quando nel 2010 il penultimo capo del Mossad, Meir Dagan, lasciò il suo incarico disse che il suo più grande rimpianto era di non essere riuscito a ottenere indietro i resti di Cohen dal presidente siriano Bashar el Assad.
La notizia dell’incontro con gli israeliani può danneggiare l’immagine dei ribelli coinvolti – perché i siriani guardano con ostilità a Israele e lo accusano con vaghezza di appoggiare con armi e materiali il regime di Assad (che rivolta la frittata senza battere ciglio e sostiene che i ribelli sono “terroristi armati da Israele e dall’America”) ma farà di certo sobbalzare parecchia gente sulla sedia. La guerra civile siriana avrà conseguenze che toccheranno Israele, che però per adesso sembrava avere scelto il ruolo dello spettatore silenzioso (tranne un’offerta di “aiuto umanitario” ai ribelli fatta a luglio e respinta sdegnosamente). In realtà il governo di Gerusalemme si sta muovendo: a fine dicembre il giornale arabo al Quds al Arabi ha scritto (sempre lui, poi però sono arrivate le conferme dei media israeliani: per questo ora la notizia dell’abboccamento con i ribelli è considerata credibile) che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha incontrato durante una visita segreta re Abdullah II di Giordania, per chiedere il suo assenso a un’operazione dentro la Siria contro le armi chimiche del governo.
Netanyahu è consapevole che la Siria considererebbe la Giordania complice di ogni possibile intervento. Due le opzioni presentate ai giordani: uno strike aereo preventivo contro i siti o un’azione di terra con 8.000 soldati, entrambe però respinte. Il 3 dicembre la rivista americana Atlantic Monthly ha raccontato che militari israeliani sono stati ad Amman in ottobre e in novembre con le stesse richieste ai giordani (sempre rifiutate) e che Israele sorveglia il confine siriano con i droni. Martedì è arrivata la notizia della costruzione di una barriera protettiva lunga 56 km sul Golan, confine che un tempo Israele non considerava pericoloso. Dall’altra parte, la maggior parte del territorio è ormai in mano ai ribelli, come ha detto a luglio l’ex ministro della Difesa israeliano Ehud Barak. Nota en passant: il capo di al Qaida in Siria si chiama “al Golani”, perché viene dal Golan.
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