Numero uno: “Il telefono non è tuo”. Pedagogia applicata all'iPhone

Annalena Benini

E’ il mio telefono. L’ho comprato io. L’ho pagato io. In definitiva te l’ho prestato. Sono o non sono la migliore? E’ il primo dei diciotto punti contrattuali che il figlio tredicenne di una madre iperattiva ha trovato allegati, per la sottoscrizione, al proprio notevole regalo di Natale: un iPhone. Il suo primo iPhone. Come la prima bicicletta, le prime scarpe con il tacco che fanno camminare dondolando: è un momento importante, di passaggio, ed è anche un atto di fiducia.

    E’ il mio telefono. L’ho comprato io. L’ho pagato io. In definitiva te l’ho prestato. Sono o non sono la migliore? E’ il primo dei diciotto punti contrattuali che il figlio tredicenne di una madre iperattiva ha trovato allegati, per la sottoscrizione, al proprio notevole regalo di Natale: un iPhone. Il suo primo iPhone. Come la prima bicicletta, le prime scarpe con il tacco che fanno camminare dondolando: è un momento importante, di passaggio, ed è anche un atto di fiducia. Con un telefono in grado di fare qualunque cosa e andare dappertutto, i genitori mettono in mano a un ragazzino il mondo intero, oltre che un aggeggio costoso e fragile. Di solito ci si interroga un po’ sull’opportunità o meno di soddisfare il desiderio supremo, si fanno riunioni segrete la notte, in camera da letto: uno dei due genitori è tenacemente contrario, pensa che quel vecchio cellulare con l’antenna vada benissimo, l’altro teme i traumi da aspettative deluse, comprende il bisogno di omologazione e spera segretamente nel potere di controllo di WhatsApp, che segnala l’ora in cui si è data un’ultima occhiata ai messaggi e funziona quindi da tranquillante: il figlio ha controllato il telefono alle diciannove e diciotto, sono le diciannove e ventuno, con tutta probabilità non è caduto in un tombino e sta tornando a casa. Una madre europea cede all’iPhone per il figlio tredicenne con molte generiche raccomandazioni e la promessa di infinite recriminazioni (io che ti ho regalato l’iPhone e tu che prendi cinque in italiano), la madre pragmatica americana stipula un serio contratto. Che, pubblicato sull’Huffington Post (dove Janell Burley Hofmann, cinque figli, ha un blog), è diventato virale in poche ore. In Italia l’ha subito ripreso il Post; in America Gregory, il tredicenne dotato di iPhone, è andato a “Good Morning America” a raccontare le sue prime reazioni perplesse (“Oh my God”) al contratto, ma la mamma ha spiegato che sta cercando di crescere un adulto responsabile. Quindi: “Saprò sempre la password” è un dettaglio necessario, così come la regola numero tre: “Se suona, rispondi. E’ un telefono. Di’ ‘ciao’, usa le buone maniere. Non ignorare mai una chiamata quando sullo schermo leggi ‘mamma’ o ‘papà’. Mai” (Fiorello in un monologo stupendo racconta gli adolescenti con le dita incollate al touch screen e lancia appelli perché i figli trovino il tempo di scrivere almeno due parole, meglio se ogni ora: “Sono vivo”).

    Ci sono punti di questo contratto che vanno bene anche per gli adulti: “Spegnilo, rendilo silenzioso, mettilo via quando sei in pubblico. Specialmente al ristorante, al cinema e mentre parli con un altro essere umano. Non diventare maleducato”. E anche la regola numero nove, nel millennio delle intercettazioni, non andrebbe sottovalutata: “Non scrivere in un messaggio o in una mail qualcosa che non diresti in presenza dei tuoi genitori. Cerca di censurarti, stacci attento”. Hanno accusato questa madre di essere una specie di carceriera con comportamenti terroristici, che pretende la consegna del telefono all’ora di cena e lo spegnimento notturno, ma ci sono adulti che dormono con l’iPhone acceso sul cuscino, e non è un bello spettacolo. “Se il telefono cade nel water, va in pezzi cadendo a terra o svanisce nel nulla, sei responsabile del costo di sostituzione o riparazione. Taglia l’erba, fa’ il baby-sitter, metti da parte i soldi che ti regalano al compleanno. Se succede devi essere pronto”. Questa madre ha ragione, e la pedagogia va aggiornata di continuo (caro Gregory, ho scoperto da poco che, se l’iPhone si rompe, ci sono tuoi coetanei geni in grado di aggiustarlo in un attimo. Non so come facciano, forse non è molto educativo, non dirlo a tua madre, ma credo possiate mettervi d’accordo sul prezzo).

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.