Isolati sempre, disconnessi mai

Maurizio Stefanini

“Sant’Elena, piccola isola”, scrisse nel 1788 il povero studente Napoleone Bonaparte in un quaderno di geografia. “Sant’Elena, in posizione salubre e isolata”, spiegò il governo inglese nel documento con cui nel 1815 comunicò all’imperatore prigioniero il suo luogo d’esilio. “Non è un soggiorno piacevole”, commentò lo stesso Napoleone il 9 agosto 1815, quando dal vascello Northumberland vide per la prima volta quelle scogliere frastagliate, irte di canne e coronate da enormi cactus. A 198 anni da quello sbarco, può indurre a qualche riflessione sul mondo di oggi sapere che gli abitanti di quello che resta uno dei luoghi più isolati del mondo hanno provato ad opporsi alla costruzione di un aeroporto protestando però per avere un collegamento efficiente a Internet.

    “Sant’Elena, piccola isola”, scrisse nel 1788 il povero studente Napoleone Bonaparte in un quaderno di geografia. “Sant’Elena, in posizione salubre e isolata”, spiegò il governo inglese nel documento con cui nel 1815 comunicò all’imperatore prigioniero il suo luogo d’esilio. “Non è un soggiorno piacevole”, commentò lo stesso Napoleone il 9 agosto 1815, quando dal vascello Northumberland vide per la prima volta quelle scogliere frastagliate, irte di canne e coronate da enormi cactus. A 198 anni da quello sbarco, può indurre a qualche riflessione sul mondo di oggi sapere che gli abitanti di quello che resta uno dei luoghi più isolati del mondo hanno provato ad opporsi alla costruzione di un aeroporto: temevano che avrebbe turbato la loro tranquillità, ma infine sono stati costretti a digerirlo solamente perché quello scalo serve alle Forze Armate di Sua Maestà per proteggere le Falkland dal ritorno delle rivendicazioni argentine. In compenso, però, protestano per avere un collegamento efficiente a Internet. Isolati è meglio, ma a patto di essere comunque connessi!

    Attualmente per collegarsi i 4200 abitanti dell’isola possono contare solo su un wireless via satellite, ma dicono che è lento e costoso: in media, viene loro sulle 100 sterline al mese, che non è poco per un posto dall’economia piuttosto precaria. Venuta meno la posizione di snodo telegrafico col progresso delle telecomunicazioni, chiuso nel 1965 il locale stabilimento tessile per la decisione delle Poste Britanniche di usare per i loro sacchi le più economiche fibre sintetiche al posto del lino neo-zelandese di Sant’Elena, l’isola spende 6,4 milioni di sterline l’anno per importare quasi tutto ciò di cui ha bisogno, a fronte delle 250.000 sterline di export, quasi tutte provenienti dal pesce e dal suo pregiato caffè lodato dallo stesso Napoleone. Altre 60.000 sterline entrano nelle casse dell’isola dalla vendita dei francobolli locali, che come tutte le rarità del genere sono molto apprezzati dai filatelici; sono invece 430.000 le sterline ricavate annualmente dal turismo. Ma, si lamentano gli isolani, è proprio questo collegamento ormai obsoleto ad essersi trasformato in una strozzatura per le possibilità di crescita di Sant’Elena. Portare all’isola di Napoleone la banda larga attraverso un cavo sottomarino costerebbe però al governo di Londra 10 milioni di sterline: non proprio una bazzecola, dal momento che 20 milioni è l’intero budget che il Regno Unito stanzia per Sant’Elena in un intero anno. Proprio perché i residui Territori Britannici d’Oltremare si trovano in gran parte nelle stesse condizioni di Sant’Elena, il Regno Unito ha rifiutato di firmare il trattato proposto alla conferenza sulla governance di Internet dello scorso mese che avrebbe obbligato dal primo gennaio 2015 a realizzare tutti i collegamenti che ogni qual si voglia comunità isolata avesse richiesto.

    “Non lo abbiamo firmato e non abbiamo intenzione di farlo in futuro”, ha spiegato il Foreign Office. Ma l’investimento è invece chiesto da un gruppo che si autodefinisce “A Human Right”, e che ha l’appoggio dell’Onu. Secondo il gruppo, l’investimento richiesto per collegare Sant’Elena al nuovo cavo in fibra ottica superveloce South Atlantic Express – cavo che si snoda tra Sudafrica e Brasile e realizzato dalla società sudaficana eFive - permetterebbe un decollo economico dell’isola tale da permettere di ridurre i sussidi facendo così risparmiare gli stessi contribuenti britannici. “A Human Right” ricorda inoltre i 250 milioni di sterline che costerà il nuovo aeroporto: che oltre a scopi militari avrà anche quello di favorire il turismo.
    Attualmente, l’unico modo per arrivare all’isola è via nave: o da Città del Capo, o dall’altra isola di Ascensione. Ma prima che Cristina Kirchner rispolverasse la rivendicazione irredentista sulle Falkland, erano stati gli stessi abitanti dell’isola in un sondaggio del 2005 (con una percentuale vicina al 60 per cento) a definire il progetto dell’aeroporto “inutile” e anche “dannoso”.