Sposami stupido

Annalena Benini

Ci si sposa, fiduciosi, convinti che, in nome dei luoghi comuni, manchino almeno sei lunghi anni di intenso idillio alla crisi del settimo anno. Ci si sposa speranzosi che sia un approdo, e del resto la maggior parte delle commedie sentimentali finisce quando lui conquista lei, nessuno è interessato al giorno dopo le nozze. Secondo due scrittrici inglesi, Tania Kindersley e Sarah Vine, autrici di “All’indietro e sui tacchi a spillo, l’impossibile arte di essere donne” (appena uscito per Einaudi), ogni sceneggiatore diligente impara il trucco della “Tsi”, la tensione sessuale irrisolta.

    Ci si sposa, fiduciosi, convinti che, in nome dei luoghi comuni, manchino almeno sei lunghi anni di intenso idillio alla crisi del settimo anno. Ci si sposa speranzosi che sia un approdo, e del resto la maggior parte delle commedie sentimentali finisce quando lui conquista lei, nessuno è interessato al giorno dopo le nozze. Secondo due scrittrici inglesi, Tania Kindersley e Sarah Vine, autrici di “All’indietro e sui tacchi a spillo, l’impossibile arte di essere donne” (appena uscito per Einaudi), ogni sceneggiatore diligente impara il trucco della “Tsi”, la tensione sessuale irrisolta: una volta che i due si mettono insieme, la storia è finita, non c’è più niente da raccontare. Invece ora si scopre che è il primo anno di matrimonio il momento più pericoloso, e quindi interessante: se si sopravvive ai primi dodici mesi da sposati, gran parte del lavoro è fatto. Gli amici di lui, la cucina di lei, il dentifricio, i calzini, i monosillabi, la spesa, la colf, il lavoro, le partite, la suocera, i resti della cena del giorno prima, il bagno occupato la mattina, la fede al dito che fa sentire anziani, sono tutti piccoli choc mai abbastanza presi in considerazione (non importa se vivevate insieme già da nove anni e vi credevate pronti a tutto: tra le testimonianze raccolte dal Times di Londra sul primo anno da sposati c’è un tizio che dice che è “come attraversare la vita con le mani legate dietro la schiena”).

    Pare che sia una sindrome, un po’ come la depressione che a volte colpisce le neo madri. Fino al viaggio di nozze è stato tutto molto eccitante (gli ostacoli da superare per mettersi insieme, la decisione di sposarsi, il pensiero che adesso siete in due, siete una squadra, lo champagne e gli invitati, la dieta per entrare nel vestito), ma già sul volo di andata, uno accanto all’altra, avete avuto bisogno del doppio degli alcolici per far passare l’ansia: è il post nozze blues. E poiché tutto deve diventare una storia da raccontare, gli inglesi ci hanno appena fatto una commedia che ribalta la regola del sipario sul pranzo di nozze: “I give it a year” (dai produttori di “Love, actually” e gli sceneggiatori di “Borat”), racconta le disavventure del primi dodici mesi da sposati, le liti per chi deve portare fuori la spazzatura, il sesso impigrito, le scoperte non entusiasmanti sulle abitudini dell’altro e sulle ex fidanzate assidue, le foto porno scattate durante il viaggio di nozze e mostrate per sbaglio ai suoceri in visita. “Poiché il matrimonio è per lo più l’esito di quella follia detta amore romantico, a un certo punto (a meno che non ci si voglia imbottire in perpetuo di farmaci) si verrà giù dal settimo cielo”, scrivono Sarah Vine e Tania Kindersley nel loro manuale per signore colte e sagge, che insistono molto sulla buona regola di abbassare sempre la tavoletta del water. Dicono che il rischio maggiore è il crollo (veloce) delle aspettative. Ma poiché il matrimonio perfetto non esiste, ed è una verità abbastanza liberatoria, non può esistere nemmeno il primo anno perfetto. E non esiste nessun marito o moglie felice che la mattina non abbia dimenticato la spazzatura accanto alla porta già nella prima settimana di matrimonio (a meno che non foste convinti di avere sposato un personaggio di “Downton Abbey” dotato di valletto).

    Sarah Vine e Tania Kindersley hanno un’altra teoria: se si superano non solo i primi cruciali dodici mesi, ma anche gli anni di apnea in cui si hanno figli piccoli e ambizioni di carriera, c’è lo spazio per ricordarsi le ragioni per cui ci si è innamorati, circa un secolo prima. Insomma l’unica certezza è che la crisi del settimo anno è superata, gettata nel dimenticatoio della storia: non merita più nemmeno una commedia romantica.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.