Il buono e il cattivo

Icardi, da scarto del Barcellona a eroe di Genova

Sandro Bocchio

In Italia ha segnato la giornata su un doppio fronte. A San Siro, dove Bojan è entrato in campo cambiando un pomeriggio del Milan che pareva di sola fatica. A Torino, soprattutto, dove Mauro Icardi ha incrinato le certezze della Juventus con una doppietta che ha consegnato la vittoria a una Sampdoria andata in svantaggio e ulteriormente azzoppata da un'espulsione. Tutt'altra giornata quella invece vissuta da Estaban Cambiasso, altro argentino. Lui non si è mai tirato indietro di fronte alle responsabilità e così, di fronte a una difesa azzerata da infortuni e squalifiche, ha detto sì a un utilizzo da centrale.

    E' stata la domenica del Barcellona. In Spagna ha festeggiato il ritorno di Tito Vilanova in panchina, dopo il nuovo intervento chirurgico causa tumore, frantumando l'Espanyol nel derby e portando a più undici il vantaggio sull'Atletico Madrid, secondo in classifica. In Italia ha segnato la giornata su un doppio fronte. A San Siro, dove Bojan è entrato in campo cambiando un pomeriggio del Milan che pareva di sola fatica. A Torino, soprattutto, dove Mauro Icardi ha incrinato le certezze della Juventus con una doppietta che ha consegnato la vittoria a una Sampdoria andata in svantaggio e ulteriormente azzoppata da un'espulsione. In prestito il primo dai catalani, lasciato invece andar via definitivamente il secondo, dopo che Leo Messi aveva fatto di tutto per convincere il concittadino di Rosario a trasferirsi da lui, con un corteggiamento dipanatosi tra sms e magliette blaugrana. Ma la benevolenza del fenomenale argentino non è stata sufficiente per far scattare l'amore tra l'attaccante e Pep Guardiola, pronto a dare il via libera alla cessione nel 2011. Con taglio definitivo, rispetto a Bojan, del cordone ombelicale. Una bocciatura che non ha pesato sulle spalle di Icardi, consapevole dei propri mezzi e del favore del tempo, con vent'anni da compiere a febbraio. La Sampdoria l'ha accolto e l'ha accudito, convinta di avere tra le mani un gioiello da sgrossare. Un lavoro fatto di pazienza, tenendo quasi nascosto il centravanti per poi godere di gol mai banali: in serie B, al debutto in maglia blucerchiata; in serie A, sbloccandosi nell'occasione più importante, il derby. Infine la Juventus, raggiunta e abbattuta: la prima rete con la benevola complicità di Gigi Buffon; la seconda con una botta che ancora adesso il portiere della Nazionale si domanda da dove sia passata. Una consacrazione sul campo fatta di voglia di spaccare il mondo e di consapevolezza del ruolo, al punto da ringraziare la Sampdoria di non averlo mandato in Argentina per il campionato continentale Under 20 in cambio di un'occasione qui. Quell'occasione che il Barcellona non gli ha garantito e che un domani potrebbe ripresentarsi. Come capitato a Jordi Alba, lasciato andar via per seimila euro nel 2007 e riacquistato in estate dai catalani a 14 milioni, per una plusvalenza storica a favore del Valencia.

    Tutt'altra giornata quella invece vissuta da Estaban Cambiasso, altro argentino. Lui non si è mai tirato indietro di fronte alle responsabilità e così, di fronte a una difesa azzerata da infortuni e squalifiche, ha detto sì a un utilizzo da centrale. Un sì buono soltanto per vivere un personalissimo incubo a Udine, soprattutto per colpa di quel genio nostrano che risponde al nome di Totò Di Natale. Inter sopraffatta e Cambiasso ridicolizzato: sempre preso in velocità, sempre fuori rotta. Un pomeriggio che ha fatto riemergere i dubbi sul futuro della squadra nerazzurra, (forse) troppo in fretta elogiata dopo aver costretto la Juventus al primo stop nella gestione Antonio Conte. Oggi l'Inter doppia il girone di andata con 35 punti, esattamente come il gruppo allo sbando spernacchiato un anno fa. E con otto punti raccolti nelle ultime otto partite, come un Siena qualunque. Anche le rivoluzioni hanno bisogno di un metodo e Cambiasso povero difensore è stata una deviazione sul tema da cui rientrare quanto prima. Si fa in fretta a passare da fenomeno a pirla, Andrea Stramaccioni lo sa bene.