L'Africa di Grillo
L’Africa di Beppe Grillo è già qui, è la savana psicologica dell’ex comico che rientra con mezzo piede nella pantofola da pensionato buttata nel rogo soltanto due settimane fa, quando si tuffava sulla folla nelle piazze della campagna-firme di Natale: dopo le elezioni “torno a fare teatro”, torno a “fare le mie cose”, sono uno che “si fa ammazzare per una battuta” e questo resto, ha detto Grillo con tono improvvisamente sommesso in quel di Udine, due sere fa, ripreso dagli attivisti e rilanciato in rete da “Byoblu” e dalla bacheca Facebook del primo dissidente espulso, Valentino Tavolazzi.
L’Africa di Beppe Grillo è già qui, è la savana psicologica dell’ex comico che rientra con mezzo piede nella pantofola da pensionato buttata nel rogo soltanto due settimane fa, quando si tuffava sulla folla nelle piazze della campagna-firme di Natale: dopo le elezioni “torno a fare teatro”, torno a “fare le mie cose”, sono uno che “si fa ammazzare per una battuta” e questo resto, ha detto Grillo con tono improvvisamente sommesso in quel di Udine, due sere fa, ripreso dagli attivisti e rilanciato in rete da “Byoblu” e dalla bacheca Facebook del primo dissidente espulso, Valentino Tavolazzi. E’ la pantofola imposta dalle circostanze, sono le mani avanti nel safari dai bei tramonti ma con sette-otto punti percentuali in meno e tutta una serie di elementi un po’ così: l’ex pm arancione Antonio Ingroia che va all’assalto del M5s (prima la lettera aperta pro-alleanza, poi il corteggiamento dei dissidenti grillini); l’ex pm Antonio Di Pietro che vuole recuperare per interposta persona i consensi persi dall’Idv (ben vengano, dunque, i suddetti eventuali dissidenti grillini nelle liste ingroiane da lui appoggiate, e ben venga l’attacco diretto al M5s: solo “protesta”, ha detto ieri). Non bastasse, c’è il sindaco grillino di Parma, Federico Pizzarotti, che da un lato diplomaticamente si mostra sempre fedele al vertice supremo (ieri trasmetteva dal blog di Grillo la diretta della presentazione del bilancio comunale), ma intanto sul Corriere della Sera non fa mancare l’appoggio all’amico scomunicato, il consigliere regionale Giovanni Favia (ora sognato dagli arancioni che lo vorrebbero in lista).
La realtà assale, e c’è voglia di exit strategy preventiva di fronte al ridimensionamento non solo da sondaggio: la raccolta-firme faticosa anzichenò, il programma da scrivere tutti insieme appassionatamente (sul web) che vagola ancora in alto mare, i candidati di somma inesperienza, il Fatto quotidiano non del tutto paladino come prima, la lotta “agli hacker” che si fa sfiancante (questo almeno dice il Grillo che pare pronto ai giardinetti (anche se ieri ha smentito), stufo di ritrovarsi in “sette o otto” persone per “diciotto ore di turno” a sventare crolli di server misteriosi). Mettici pure il guru Gianroberto Casaleggio che parla – e straparla – sul Guardian, accostando Grillo a Gesù (ma il M5s ieri ha diramato una nota in cui si invitano i giornalisti a “studiare l’inglese”: non si paragonava Grillo a Gesù, nel testo originale dell’intervista, diceva la nota, ma il messaggio “virale” di Grillo alla “logica virale del cristianesimo”. Non cambia molto, ma tant’è).
La scena politica, poi, si è ripopolata tutt’attorno (per l’ex comico sono tutti “zombie”, ma anche gli zombie, evidentemente, creano disturbo) e l’opinione pubblica esterna, ma anche interna, si è stranita di fronte ai modi del Grillo castigatore, quello che parlava al M5s come fosse Corea del Nord (ci attaccano, ci attaccheranno, sono tutti cattivi, tutti nemici, tutti agguerriti, vedrete, e ti credo che io devo fare la voce grossa e dire “fuori dalle palle”). Così si arriva al Grillo che nelle piazze friulane fa quello che trasecola senza urlare, persino dimesso. E ci manca solo che dica “sono un povero vecchio”. E’ un Grillo che si dipinge imbranato e umile e modesto e investito da grande “gioia” soltanto per il fatto di aver lavorato anni per la gloria del movimento dato in mano ai “ragazzi”, come li chiama lui, quelli che “non avevano neanche un lavoro” e magari poi l’hanno anche “fatto incazzare”, dicendo e facendo (come Federica Salsi e Giovanni Favia) normali cose fuori linea.
Tanto felice e tanto appagato è, Grillo, nella sua ultima versione pre-pantofolaia, che quasi quasi se ne va, se ne può andare, dice, lui che intanto ancora ripete “o ti fidi o non ti fidi”, perché resiste qui e lì il Grillo da setta apocalittico-casareccia, seppure mascherato sotto la faccia da smobilitazione (e alla fine Grillo sembra uno di quelli che negli anni Sessanta andavano in villeggiatura per due mesi ma preparavano il fondo della valigia per il rientro già a Ferragosto, nel pieno della festa, intravedendo all’orizzonte la fine della vacanza).
Chissà poi a chi darebbe in eredità il marchio del M5s, Grillo, dovesse tornare (come dice) alle “sue cose”. Ma non è questa la cosa che gli preme, adesso, nell’attimo del vagheggiamento obtorto collo del “vaffa” che fu, quello da teatro-tenda, più defilato di quello urlato in piedi sulle cassette della frutta o tra le onde dello Stretto, quando ancora l’altra faccia della cosiddetta “democrazia dal basso della rete” non rischiava di apparire troppo scura.
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