Tre uomini a Kabul
Biden, Kerry e Hagel. E' il team per “l'opzione zero” in Afghanistan
Tre senatori americani partono per un viaggio esplorativo in Afghanistan nel febbraio 2008, due democratici e un repubblicano. E’ una spedizione più avventurosa del solito, il loro elicottero è persino costretto ad atterrare in mezzo al nulla per colpa di una tempesta di neve e i senatori sono portati al sicuro da un convoglio americano. L’ora più drammatica è la cena a Palazzo con il presidente Hamid Karzai: alla domanda su come intende risolvere il problema della corruzione, piaga endemica che strangola il paese e rende odioso il governo di Kabul, l’afghano dà una risposta ineffabile: “Qui la corruzione non c’è”.
Tre senatori americani partono per un viaggio esplorativo in Afghanistan nel febbraio 2008, due democratici e un repubblicano. E’ una spedizione più avventurosa del solito, il loro elicottero è persino costretto ad atterrare in mezzo al nulla per colpa di una tempesta di neve e i senatori sono portati al sicuro da un convoglio americano. L’ora più drammatica è la cena a Palazzo con il presidente Hamid Karzai: alla domanda su come intende risolvere il problema della corruzione, piaga endemica che strangola il paese e rende odioso il governo di Kabul, l’afghano dà una risposta ineffabile: “Qui la corruzione non c’è”. I tre si alzano in segno di protesta e se ne vanno. Erano Joe Biden, ora vicepresidente, John Kerry, nominato segretario di stato, e Chuck Hagel, prossimo capo del Pentagono. Se arriveranno le conferme delle nomine dal Senato nei prossimi giorni, allora il ritiro americano dall’Afghanistan entro il 2014 sarà presieduto dal team più sprezzante e prevenuto nei confronti di Karzai che Barack Obama potesse mettere assieme.
Il presidente afghano sarà a Washington domani per negoziare l’impegno americano nel suo paese dopo il 2014. Si sente baldanzoso perché è convinto che l’Amministrazione Obama non voglia abbandonare davvero le basi in Afghanistan, ché sono in posizione strategica vicine a Pakistan e Iran, e anche che voglia mantenere sul posto un contingente militare per tenere a bada al Qaida. Il presidente afghano è sicuro al punto che potrebbe offrire l’impunità ai soldati di Obama – è la questione che in precedenza fece saltare i negoziati in Iraq e azzerò la presenza militare americana laggiù. Per ricambiare e per ammorbidire Karzai il Pentagono ha annunciato venerdì al Congresso di essere pronto a fornire agli afghani settecento milioni di dollari di equipaggiamento, inclusi anche 30 elicotteri da guerra russi Mi-17 e droni non armati, e forse aggiugere altro. C’è un precedente accordo disastroso: il Pentagono ha stracciato un contratto con l’italiana Finmeccanica perché non ha fatto manutenzione a 17 aerei da trasporto dati agli afghani e ora inservibili (fonte: il giornale Stars and Stripes).
Karzai potrebbe essere nel giusto: c’è effettivamente un piano americano per restare in Afghanistan. Il Pentagono offre tre opzioni: lasciare 3.000, 6.000 o 9.000 soldati, e pare che già abbia limato al massimo le cifre. Il generale John Allen, capo del contingente internazionale, in precedenza aveva proposto di tenerne almeno 15 mila, parlando soltanto degli americani. Un anno fa il numero considerato necessario era anche più alto e si parlava di 20 mila uomini. Il Wall Street Journal lunedì ha scritto un’intera pagina sulle stime dei pessimisti, convinti che senza americani i talebani avanzeranno e che l’esercito afghano non sarà in grado di fare da solo. Secondo gli ufficiali intervistati, “un numero inferiore a 6.000 sarebbe pericoloso”.
Il New York Times, il 6 gennaio, e Foreign Policy, due giorni fa, parlano invece della cosiddetta “opzione zero”: riportare a casa tutti i 66 mila soldati americani e dopo 12 anni non lasciarne in Afghanistan nemmeno uno. Non si esclude che l’Amministrazione Obama, soprattutto nella nuova configurazione Biden-Kerry-Hagel, sceglierà questa. La lotta contro al Qaida continuerà con l’intelligence e qualche drone – anche se i critici fanno notare che se ora non funziona, allora difficilmente andrà meglio con meno americani sul posto. L’opzione zero pare il ricasco afghano della “Diet Coke culture” esposta dal politologo Nathan Gardels (vedi Foglio del 4 gennaio): dolci senza calorie, guerra al terrore senza soldati.
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