Contro l'occidente

Con gli ostaggi in Algeria la guerra in Mali diventa conflitto internazionale

Daniele Raineri

Al sesto giorno di operazioni militari della Francia contro la guerriglia in Mali, arriva la rappresaglia contro un obiettivo indiretto. Nella notte tra martedì e mercoledi un gruppo armato ha attaccato l’impianto petrolifero di In Aménas, in Algeria, del consorzio anglo-algerino Bp-Sonatrach, e ha preso in ostaggio 41 lavoratori non arabi, inclusi 7 americani, 13 norvegesi, altri francesi, britannici e inglesi. Il gruppo ha detto di avere agito per punire il governo algerino, che ha concesso l’uso dello spazio aereo ai jet francesi che bombardano in Mali.

    Al sesto giorno di operazioni militari della Francia contro la guerriglia in Mali, arriva la rappresaglia contro un obiettivo indiretto. Nella notte tra martedì e mercoledi un gruppo armato ha attaccato l’impianto petrolifero di In Aménas, in Algeria, del consorzio anglo-algerino Bp-Sonatrach, e ha preso in ostaggio 41 lavoratori non arabi, inclusi 7 americani, 13 norvegesi, altri francesi, britannici e inglesi. Il gruppo ha detto di avere agito per punire il governo algerino, che ha concesso l’uso dello spazio aereo ai jet francesi che bombardano in Mali.

    L’assalto si è svolto in due fasi, il gruppo prima ha attaccato un autobus appena uscito dall’impianto, poi è entrato dentro i cancelli e ha separato gli stranieri dagli algerini – un cittadino britannico è stato ucciso subito, assieme a una guardia –, agli arabi è stato lasciato il telefonino per chiamare i famigliari e in mattinata le donne sono state liberate. “Sarete liberati presto anche voi – ha detto il capo dell’operazione – mi interessano soltanto gli occidentali”. I sequestratori avrebbero piazzato dell’esplosivo e minacciano di fare saltare tutto. C’è una base dell’esercito algerino a tre chilometri, i soldati hanno messo poco tempo a circondare l’impianto e il governo ha detto: “Non negozieremo con i terroristi”.

    Il comandante è Mokhtar Belmokhtar, “l’imprendibile” secondo i servizi segreti francesi, ex leader dentro al Qaida nel Maghreb islamico, anzi, il capo con più esperienza sulle spalle nella regione, almeno 19 anni di guerriglia, poi diventato scissionista per questioni sulla divisione iniqua dei ricchissimi riscatti ottenuti dal gruppo con il rapimento di occidentali. Secondo una guida tuareg – che ha un parente prigioniero nell’impianto di Amenas – Belmokhtar ha compiuto una straordinaria impresa di navigazione nel deserto. Dal Mali ha evitato il confine occidentale dell’Algeria sorvegliato ora da 35 mila soldati dell’esercito, è passato in Niger, è risalito in Libia e in cinque giorni ecco la rappresaglia colpire dal lato meno controllato.

    Non appena sono cominciate le operazioni francesi in Mali, il governo algerino ha chiuso il confine – ieri mattina tre pick up che tentavano di entrare clandestinamente sono stati intercettati e nello scontro è morto un estremista, dicono le fonti dell’esercito. Sapeva che il sostanziale allineamento politico con la guerra dichiarata da Parigi avrebbe avuto un costo, forse non se lo aspettava così presto. Belmokhtar ha evitato la sorveglianza anche dall’alto ed è rispuntato dal lato libico e ha sfruttato un punto cieco che ora sembra ovvio, ma che fino a stanotte non lo era, almeno per l’esercito algerino che ha la responsabilità per la sicurezza in quella zona. La possibilità di una rappresaglia è messa in conto anche in Francia o contro gli interessi occidentali negli stati deboli, come il Niger o la Mauritania, dove il livello di sicurezza è minore e la guardia è più bassa, e invece è arrivata contro l’Algeria, dove un potere militare combatte da decenni una campagna contro al Qaida. “Alcuni di loro hanno accento libico”, hanno detto i sequestrati, e questo conferma che ad attaccare è stato un misto di algerini, maliani, libici che scivolano attraverso le frontiere a seconda delle necessità operative e tenuti in forma compatta dall’ideologia. I numeri sono ancora incerti, ma secondo quanto trapela si tratta di un’operazione enorme: forse sessanta uomini, con decine di veicoli (il fatto che siano passati indenni attraverso almeno due frontiere è ancora più allarmante).

    Al Mouwaqiin Bi dam, “quelli che firmano con il sangue”, è un gruppo nato a dicembre per iniziativa di Belmokhtar. Ha attaccato l’Algeria nel suo punto più vulnerabile e prezioso, la collaborazione con gli investitori stranieri sul gas e sul petrolio. Ha preso ostaggi a soli cinque giorni dal raid disastroso dei francesi per riprendere il loro ostaggio in Somalia – ora quel raid è un ammonimento freschissimo contro ogni tentazione di risolvere la crisi con un atto di forza. Ha in mano un mazzo di ostaggi di nazionalità diverse, il che di fatto porta a un’internalizzazione vasta della crisi, ora il calendario della guerra in Mali e le richieste dei gruppi estremisti rimbalzano tra Algeri, Parigi, Washington, Tokyo, Londra e Bamako.

    L’Amministrazione Obama tentava di tenersi distante dalla crisi in Mali, ma ora è direttamente coinvolta per gli ostaggi in Algeria. Questo mese lo Special operations command del Pentagono ha messo sotto contratto un’impresa privata, la Espial Services, Inc, per spargere operatori locali in nord Africa a fare la mappa dei gruppi terroristi. Ne avrà subito bisogno.

    • Daniele Raineri
    • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)