Perché la crisi di Meridiana allontana la fusione con Alitalia
Difficile dire per quanto tempo Meridiana riuscirà a volare e se andrà in porto il piano governativo di fonderla con Alitalia per creare un vettore unico nel settore aereo italiano. La seconda compagnia del paese sta probabilmente attraversando la fase più difficile della sua storia, iniziata a Olbia nel 1963. Nei giorni scorsi l’amministratore delegato, Giuseppe Gentile, 70 anni, è stato convocato a Parigi per una riunione con dei rappresentanti del fondo Akfed del principe ismaelita Aga Khan, il proprietario della compagnia che finora l’ha sostenuta con continue iniezioni di capitale (l’ultima da 14 milioni di euro).
Difficile dire per quanto tempo Meridiana riuscirà a volare e se andrà in porto il piano governativo di fonderla con Alitalia per creare un vettore unico nel settore aereo italiano. La seconda compagnia del paese sta probabilmente attraversando la fase più difficile della sua storia, iniziata a Olbia nel 1963. Nei giorni scorsi l’amministratore delegato, Giuseppe Gentile, 70 anni, è stato convocato a Parigi per una riunione con dei rappresentanti del fondo Akfed del principe ismaelita Aga Khan, il proprietario della compagnia che finora l’ha sostenuta con continue iniezioni di capitale (l’ultima da 14 milioni di euro). Il ritorno dalla Francia è un carico di cattive notizie: in una riunione con i sindacati (esclusa l’Usb che rappresenta la maggioranza dei lavoratori) Gentile ha spiegato che presenterà un piano da 650 esuberi, conseguenza della messa a terra di dieci aeromobili, che si aggiungono agli 800 dipendenti già in cassa integrazione. Nel complesso, quindi, andrebbero in cig in 1.400. Il piano dovrà essere discusso dal Cda la prossima settimana, sottoposto ai sindacati e, forse, a referendum tra i lavoratori.
Le dimissioni (voci sono circolate nei giorni scorsi) sono state smentite da Gentile e sono complicate dal fatto che lui stesso è socio di Meridiana con una quota del 28 per cento. Non è un’ipotesi da escludere il fatto che si ritiri incassando una buona uscita da 25 milioni in caso di “stallo decisionale” del Cda, stando ai patti parasociali. In ogni caso la situazione finanziaria rimane critica. L’ex comandante Gentile ha assunto la carica nel luglio 2011, quando il vettore da lui fondato, Air Italy, è stato integrato nella holding Meridiana. Solo nel mese di ottobre l’indebitamento della holding è arrivato a 136 milioni di euro (79 di Meridiana, 57 di Air Italy) con un incremento del 14 per cento rispetto ai 119 milioni di settembre. L’obiettivo di Gentile di riportare in pareggio Meridiana, che da due anni accusa la crisi del mercato europeo, sembra insomma distante ma potrà provare a raggiungerlo fino al 2015, in base agli accordi parigini. Ci sta provando con un compenso da 83 mila euro mensili grazie al doppio incarico di ad di Air Italy e di Meridiana. La società che è anche quotata in Borsa all’arrivo di Gentile valeva 4,5 euro per azione, oggi 0,5 (meno 88 per cento). Le trattative per il nuovo piano non si preannunciano facili dato il clima in azienda e i malumori che i dipendenti denunciano nei confronti dell’amministrazione. Gentile però non è il solo da biasimare. I sindacati di categoria, in particolare Uilt e Anpav, sono ritenuti responsabili di non avere fatto gli interessi dei lavoratori in sede contrattuale. Lo dimostra la recente sentenza del tribunale di Tempio Pausania che dichiara “illegittimo” il contratto 2009 perché non è stato discusso in assemblea e firmato comunque, nonostante il parere contrario dei lavoratori. Anche il contratto del 18 novembre 2011 che ha aumentato le ore di lavoro e ridotto la paga è stato firmato con le stesse modalità: “Anche per questo accordo la situazione dovrebbe ripetersi perché i sindacati avevano ricevuto numerose diffide”, dice al Foglio l’avvocato Alessandro Meloni che ha condotto la causa. “La sentenza dice che è finito il tempo in cui dei rappresentanti sindacali si arrogano il diritto di sottoscrivere accordi contro la volontà dei rappresentati. Chi non firma non viene riconosciuto, ma spesso chi lo fa, pur avendo pochi iscritti, ottiene per questo delle guarentigie e questo sta allontanando i sindacati dai lavoratori”, dice Meloni. Guarentigie come i permessi sindacali, costati alla compagnia 1 milione e 870 mila euro nel solo 2011.
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