Cui prodest?

Il patto Monti-Bersani era una velina, il prof. prepara l'agenda bis

Salvatore Merlo

Pietro Ichino, Alberto Bombassei, Andrea Olivero, Nicola Rossi, Benedetto Della Vedova, con i consigli – a distanza – di Elsa Fornero. E’ con questa équipe che Mario Monti sta scrivendo la sua “agenda bis”, il programma di governo, quello vero, dettagliato, con una proposta di riforma del lavoro capace di provocare svenimenti dalle parti della Cgil di Susanna Camusso e del Pd a trazione laburista di Stefano Fassina. La nuova agenda, cui lavorano in squadra le teste pensanti del gruppo montiano, è infatti un testo “completamente alternativo al programma del Partito democratico”, spiega al Foglio chi la sta scrivendo.

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    Pietro Ichino, Alberto Bombassei, Andrea Olivero, Nicola Rossi, Benedetto Della Vedova, con i consigli – a distanza – di Elsa Fornero. E’ con questa équipe che Mario Monti sta scrivendo la sua “agenda bis”, il programma di governo, quello vero, dettagliato, con una proposta di riforma del lavoro capace di provocare svenimenti dalle parti della Cgil di Susanna Camusso e del Pd a trazione laburista di Stefano Fassina. La nuova agenda, cui lavorano in squadra le teste pensanti del gruppo montiano, è infatti un testo “completamente alternativo al programma del Partito democratico”, spiega al Foglio chi la sta scrivendo. L’intenzione del professore è dunque quella di mantenersi ancora lontano, e non solo per tutta la campagna elettorale, sia dal centrodestra sia dal centrosinistra. Come dice Carlo Calenda, montiano della fondazione ItaliaFutura: “Il professore non vuole fare la costola della sinistra, ha un progetto molto chiaro e ambizioso. Vogliamo condensare i riformisti sparsi nei due poli esistenti”. E dunque non c’è nessun accordo pre-elettorale già stipulato con Pier Luigi Bersani: dicono che il professor Monti, mercoledì, non abbia affatto incontrato il segretario del Pd come qualcuno aveva invece voluto far sapere ai giornalisti.

    L’incontro fantasma non ha mai avuto luogo, ha spiegato ieri Palazzo Chigi, ma lo dicono con nettezza anche fonti del Partito democratico vicine a Enrico Letta (che non considera Monti un nemico): “Non solo non c’è un accordo, ma non c’è stato nemmeno un incontro riservato e segretissimo tra i due”. Una telefonata sì, ma Monti ha chiamato tutti i leader di partito. E la storia si fa abbastanza evanescente, misteriosa. Pier Ferdinando Casini, che i giochi di Palazzo li conosce benissimo, si chiede con malizia: “Cui prodest?”, ovvero chi ha interesse a schiacciare Monti sul centrosinistra? Risposta: di sicuro Repubblica, il giornalone che più di tutti, ieri, ha sparato con sicumera la notizia del “patto” Monti-Bersani (il Corriere della Sera è stato invece più cauto). Dalle parti di Largo Fochetti, da tempo, hanno indicato al Partito democratico una linea molto precisa, declinata con paternalismo nei confronti di Bersani (che asseconda) e con toni carezzevolmente minatori nei confronti di Monti: il professore va trasformato in un partner di governo qualsiasi del centrosinistra, una specie di Rutelli in versione tecnocratica (o di nuovo Casini). Logica alla quale il professore non sembra voler sottostare, visto che prepara una proposta articolata, certamente sgradita a Fassina, per riformare il mercato del lavoro. E così i sospetti dei montiani– chi ha messo in giro la storiella del patto con Bersani? – convergono pure sul Pd laburista e socialdemocratico dei cosiddetti giovani turchi: già da qualche giorno, da quelle parti, venivano infatti osservate con sorpresa le carezze di Fassina a Monti (nella sua intervista al Financial Times), o le mezze aperture di Nichi Vendola, e anche le parole inaspettatamente dolci di Massimo D’Alema.

    Scelta civica in via del Corso (con mobilio)
    Ma qualcosa tra Monti e Bersani l’altro giorno, in effetti, è successa, come ha confermato pure Palazzo Chigi in una nota ufficiale. Mercoledì mattina il presidente del Consiglio ha fatto un giro di telefonate, molto istituzionali, a tutti i leader di partito, compresi Casini e Angelino Alfano. A tutti, e dunque anche a Bersani, Monti – un po’ in ritardo – ha dato spiegazioni sulla natura dell’intervento di supporto logistico-militare dell’Italia in Mali e ha pure dato ragguagli sulle procedure di chiusura del bilancio europeo. Tutto qua. Nessun patto, nessuna spartizione di potere anzitempo. Come dice Roberto Rao, braccio destro (e sinistro) di Casini: “Che senso avrebbe contrattare senza sapere quanti parlamentari hai, senza sapere quale peso puoi far valere sulla bilancia di un eventuale negoziato?”. L’unica ragione plausibile sarebbe che il professore preveda una débâcle elettorale della sua lista, e allora – per questo – consideri necessario scendere a patti subito. Ma se così fosse, perché, al contrario, Monti dà l’impressione di crederci alla sua “salita in campo”, al punto da aver messo al lavoro una squadra che sta producendo un testo di riforma del mercato del lavoro dal sapore molto thatcheriano e molto poco laburista? Tra qualche giorno il gruppo di lavoro dei montiani si incontrerà in via del Corso, all’angolo con piazza San Silvestro, dove il professore ha affittato dei locali (il mobilio è arrivato ieri mattina). Per adesso Ichino, Bombassei, Olivero (che dà consigli sul terzo settore) si incontrano, e si sentono, con una frequenza quasi quotidiana, ma non hanno ancora una base operativa. Nel Pd in tanti vorrebbero cancellare la riforma Fornero, quando leggeranno il contenuto della riforma Ichino-Monti, che la riprende e la consolida, che faranno?

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    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.