Maledetta canzonetta, i grillini vogliono l'inno cupo e Grillo cattivo

Marianna Rizzini

A forza di predicare indignazione e frugalità, Beppe Grillo ha creato un mostro: una parte della sua base non solo non ha alcuna voglia di leggerezza, ma sanziona anche la più piccola deviazione dal sentiero “cupezza & apocalisse”. Aveva forse pensato di addolcire un po’ i toni del vendicatore bisbetico, Grillo, anche per risollevare i sondaggi, e dunque, per accompagnare il suo “Tsunami tour” tra piazze gelate e tuffi sulla folla, aveva messo in bella vista sul suo blog l’inno “L’urlo della Rete”, scritto da Leonardo Metalli e Raffaello Di Pietro, rispettivamente giornalista e musicista Rai, fulminati dalla creatività al termine di una mattinata di code, multe, tasse, chiacchiere e lamentele nell’ufficio postale di Viale Mazzini.

    A forza di predicare indignazione e frugalità, Beppe Grillo ha creato un mostro: una parte della sua base non solo non ha alcuna voglia di leggerezza, ma sanziona anche la più piccola deviazione dal sentiero “cupezza & apocalisse”. Aveva forse pensato di addolcire un po’ i toni del vendicatore bisbetico, Grillo, anche per risollevare i sondaggi, e dunque, per accompagnare il suo “Tsunami tour” tra piazze gelate e tuffi sulla folla (resi pericolosi dai riflessi poco pronti dei grillini sottopalco), aveva messo in bella vista sul suo blog l’inno “L’urlo della Rete”, scritto da Leonardo Metalli e Raffaello Di Pietro, rispettivamente giornalista e musicista Rai, fulminati dalla creatività al termine di una mattinata di code, multe, tasse, chiacchiere e lamentele nell’ufficio postale di Viale Mazzini. Doveva essere una cosa per ridere e automotivarsi, l’inno postato da Grillo in pompa magna, una specie di taranta con tiritera fricchettona e video fatto con molte immagini di repertorio, quasi una lezione di Walter Veltroni ai tempi del Lingotto (ci sono le piazze, ovvio, ma anche gli studenti africani e i campi di concentramento e i paesaggi del Bhutan e i poveri e i ricchi. Poi dal nulla appaiono Bruno Vespa e Michele Santoro). E poteva ricompattare per un giorno la platea grillina dopo il disorientamento seguito all’espulsione dei dissidenti, l’inno, tanto più che ieri Giovanni Favia, l’espulso ora candidato con Ingroia, ha annunciato la nascita di un movimento post grillino, stessi temi ma niente “leader carismatici”, con gli altri espulsi a dar man forte (tra cui Valentino Tavolazzi).

    Fatto sta che il ballo alla “Gangnam style” nel video dell’inno (mani alzate e saltello, molto più facile di quello del coreano Psy) non è piaciuto ai grillini ortodossi. Le strofe ancora meno, anche se a un primo sguardo non parevano suscettibili di scomunica da parte della base (“pensa a quei nonni poveretti / frugar nei cassonetti / senza più dignità…”; “… vita rubata dai cialtroni / vestiti da buffoni che mangiano milioni / Uno che Vale Uno niente e nessuno la Rete fermerà…”). Sulla Rete è scoppiato il caso. Molti attivisti hanno invaso il blog dell’ex comico e i forum di commenti allarmati, prendendo sul serio la canzone e soprattutto Grillo che l’ha messa online: si va da “non fate più cose del genere, ve ne prego” a “ritirate ’sto orrore, meglio il silenzio…”, a “evitiamo di pubblicare berlusconate” a “queste cose pensavo si vedessero solo da Peppone Bersani” a “in questo momento non ci servono canzonette”. C’è chi si dice “schifato” o “allucinato” perché, invece di “parlare di cose vere”, di “cacciare la pecunia per autofinanziarci” o di fare “come a Roma”, dove l’M5s “ha organizzato una conferenza su ‘territorio zero per una società a emissioni zero, rifiuti zero e chilometro zero”, si “annulla l’abisso tra noi e loro” con il ricorso a “canti e balli” (“loro” sarebbero i partiti). Qualcuno è offeso dalle “sonorità di stampo Ventennio”, dai “testi in stile Apicella” e dall’immaginario da “mercatino di Natale”. Qualcuno si sente sempre più sprofondare, addirittura, nel “senso di impotenza civile che da troppi anni siamo abituati a sopportare”. Non si capacitano dei toni “allegri”, i grillini più realisti del re, quelli che trovano l’inno persino “dannoso” di fronte “ai problemi che ci affliggono”. Sono i nostalgici delle frasi da Grand Guignol dette dall’ex comico nei mesi autunnali (tipo “verremo a prendervi casa per casa” all’indirizzo dei politici). “Siamo qui al freddo a incontrare i cittadini e lui ci fa prendere per buffoni che vogliono divertirsi?”, dice un grillino laziale che si prepara al “mercato day” di stamattina a Civitavecchia e Roma.
    E alla fine lui si è arreso. E’ piombato a Brindisi con lo “Tsunami tour” e ha rispolverato la vena cattiva: “Voglio uno stato con le palle, eliminiamo i sindacati”.

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.