Così Alitalia rischia di finire ai francesi “per un euro”, e poi in tribunale
Nelle passate settimane sono circolate diverse ipotesi sul possibile acquirente dell’indebitata Alitalia, oggi controllata dai venti azionisti “patrioti” che la rilevarono nel 2009 (tra cui la famiglia Riva, Intesa Sanpaolo, i Benetton e Roberto Colaninno). Tra le supposizioni trapelate sulla stampa c’è stata quella di un ritorno allo stato con l’intervento della Cassa depositi e prestiti, poi quella di una fusione con le Ferrovie dello stato. Si sono rincorse anche voci sull’arrivo in Alitalia di compagnie extra europee come Qatar Airways o Etihad, degli Emirati Arabi Uniti. Tutto smentito dai diretti interessati. A essere rimasta in campo è solo l’idea di una vendita al gruppo Air France-Klm, già proprietario del 25 per cento di Alitalia.
IIl consiglio di Stato, confermando la decisione del Tar, ha respinto il ricorso dell'Alitalia contro le decisioni dell'Antitrust che prevedono la cessione di quattro coppie di 'slot' (diritti di atterraggio e decollo, n.d.r.) sulla tratta Roma-Milano. Gli slot interessati riguardano, in particolare, le prime ore del mattino, orario molto richiesto dagli uomini d'affari che intendono trascorrere una sola giornata di lavoro a Roma o Milano, rientrando poi in giornata alla base di partenza.
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Nelle passate settimane sono circolate diverse ipotesi sul possibile acquirente dell’indebitata Alitalia, oggi controllata dai venti azionisti “patrioti” che la rilevarono nel 2009 (tra cui la famiglia Riva, Intesa Sanpaolo, i Benetton e Roberto Colaninno). Tra le supposizioni trapelate sulla stampa c’è stata quella di un ritorno allo stato con l’intervento della Cassa depositi e prestiti, poi quella di una fusione con le Ferrovie dello stato. Si sono rincorse anche voci sull’arrivo in Alitalia di compagnie extra europee come Qatar Airways o Etihad, degli Emirati Arabi Uniti. Tutto smentito dai diretti interessati. A essere rimasta in campo è solo l’idea di una vendita al gruppo Air France-Klm, già proprietario del 25 per cento di Alitalia. La società franco-olandese sta studiando il dossier con la supervisione della banca d’affari Lazard, ma ha smentito le indiscrezioni del Messaggero che a dicembre davano per imminente un’offerta per Alitalia con un concambio del valore di 1,6 miliardi di euro. Rimane in piedi la possibilità che Air France acquisti Alitalia per “un euro” (un valore simbolico), visto che al contempo dovrebbe assorbire perdite per circa 750 milioni (il vero costo da sostenere). Questa eventualità viene confermata al Foglio da una fonte della compagnia che segue da vicino la trattativa e che chiede la garanzia dell’anonimato: “E’ lo scenario peggiore, ma è la direzione che sembrano prendere le trattative, sebbene la situazione sia ancora fluida e soggetta a cambiamenti”, dice la stessa fonte ricordando che nelle prossime settimane si susseguiranno diversi incontri al vertice. Ieri, ad esempio, si è riunito il comitato esecutivo di Alitalia cui partecipa anche il numero uno di Air France Jean-Cyril Spinetta (all’ordine del giorno la valorizzazione del club “Millemiglia”, asset da vendere per fare cassa e scongiurare un aumento di capitale).
Grazie all’acquisizione, i francesi potrebbero incidere in profondità sulle strategie aziendali del vettore nazionale (“Alitalia non sarà più indipendente”, disse l’amministratore delegato Andrea Ragnetti il 22 dicembre a Repubblica). Perciò, in prospettiva, si intravede anche una riduzione della flotta e del personale: 40 aerei in meno e altri 2.000 esuberi, è l’ipotesi. Sarebbe un depotenziamento della prima compagnia aerea italiana che già vede vacillare il monopolio sulla profittevole rotta Linate-Fiumicino e – se il Consiglio di stato deciderà di rimuovere questo vantaggio con un verdetto atteso nei prossimi giorni – dovrà cedere alla compagnia low cost EasyJet alcuni slot (fasce orarie di decollo e atterraggio) nello scalo milanese. Di contro, Alitalia entrerebbe a fare parte del terzo gruppo in Europa per passeggeri trasportati, qual è appunto Air France-Klm. Dal punto di vista finanziario, i risvolti più critici della vendita ai francesi riguarderebbero i soci italiani di Alitalia che nel 2008 furono chiamati a intervenire sotto la regia di banca Intesa Sanpaolo per preservarne “l’italianità” e non venderla da subito ad Air France. La compagine azionaria dei cosiddetti “patrioti” è eterogenea. Ci sono soci con quote vicine al 10 per cento, come il gruppo delle autostrade Atlantia, che ha già svalutato la propria partecipazione, o la famiglia Riva, proprietaria dell’acciaieria Ilva di Taranto che rischia la chiusura. Ci sono poi una decina di soci di minoranza, proprietari di aziende di medio calibro, con quote di poco superiori all’uno per cento. A gennaio è scaduto l’obbligo di non vendita delle quote (“lock up”) cui gli azionisti erano vincolati. “Se Alitalia venisse venduta ad Air France per un euro, i soci italiani, soprattutto i piccoli, passerebbero alle vie legali”, dice la stessa fonte. Sarebbe impossibile per loro trarre profitto dall’investimento fatto quattro anni fa. La battaglia legale, in caso, scoppierebbe a ridosso delle elezioni. E questa almeno non sarebbe una novità, dopo che la privatizzazione di Alitalia animò lungamente il dibattito elettorale del 2008.
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