Chiacchierata con il segretario della Cgil

L'agenda Camusso per Bersani

Claudio Cerasa

“Monti? Un buon conservatore, ma non ha aiutato il paese a superare la crisi economica. Bersani? Il miglior candidato, le nostre idee sono simili e per questo lo voterò. Le riforme Fornero? Sia per quanto riguarda le pensioni sia per quanto riguarda il lavoro è necessario che il prossimo governo faccia modifiche non secondarie. Grillo? Vuole cancellare la partecipazione democratica. I precari? Su questo fronte abbiamo commesso errori anche noi. Il Fiscal compact? Beh, io un’idea per aggirare l’ostacolo dei 45 miliardi che dovremo mettere da parte ogni anno dal 2014 ce l’avrei…”. Camusso, nonostante questo giornale non sia mai stato tenero con lei, ha accettato di riceverci e in un’oretta di conversazione.

    “Monti? Un buon conservatore, ma non ha aiutato il paese a superare la crisi economica. Bersani? Il miglior candidato, le nostre idee sono simili e per questo lo voterò. Le riforme Fornero? Sia per quanto riguarda le pensioni sia per quanto riguarda il lavoro è necessario che il prossimo governo faccia modifiche non secondarie. Grillo? Vuole cancellare la partecipazione democratica. I precari? Su questo fronte abbiamo commesso errori anche noi. Il Fiscal compact? Beh, io un’idea per aggirare l’ostacolo dei 45 miliardi che dovremo mettere da parte ogni anno dal 2014 ce l’avrei…”.

    In mezzo alle mille “agende” di politica economica che negli ultimi tempi ci sono state offerte con una certa continuità (più o meno giornaliera) dai molti protagonisti di quest’intensa campagna elettorale, ce n’è una nuova che nei prossimi giorni verrà formalizzata da uno dei principali azionisti di maggioranza del centrosinistra guidato da Pier Luigi Bersani: l’agenda Camusso. L’agenda in questione prenderà forma il prossimo 25 gennaio a Roma (al Palalottomatica) durante quello che dovrebbe essere il più importante appuntamento organizzato dal segretario del sindacato nel corso del suo mandato. E sarà proprio in quest’occasione che il leader della Cgil presenterà ai partiti (e in particolare al centrosinistra) il suo pacchetto di proposte da mettere in agenda durante il prossimo governo. Il nome del piano che Susanna Camusso proporrà venerdì e sabato a Roma (“Piano del Lavoro”) richiama il famoso documento presentato nel 1949 da Giuseppe Di Vittorio al congresso di Genova, e nelle intenzioni del segretario della Cgil questo pacchetto dovrebbe offrire al prossimo presidente del Consiglio le linee giuste da seguire per rispondere ad alcune domande chiave di questa campagna elettorale: come creare nuovo lavoro, dove trovare nuove risorse, come tagliare la spesa, come sopravvivere ai severi vincoli del Fiscal compact?

    Ma di che si tratta esattamente? Camusso, nonostante questo giornale non sia mai stato tenero con lei, ha accettato di riceverci e in un’oretta di conversazione ci ha spiegato a grandi linee non solo quali sono i punti che chiederà a Bersani di inserire nella sua agenda di governo ma anche – sorpresa – quali sono stati in questi ultimi anni i limiti del suo sindacato. Lavoro, dunque. Ma esattamente, per andare nello specifico, cosa chiederà la Cgil? “Abbiamo in mente – dice Camusso – un piano da circa 50 miliardi di euro all’anno per creare nuovi posti di lavoro. In questo piano proponiamo un pacchetto di investimenti da suddividere in alcuni settori che consideriamo cruciali: edilizia scolastica, banda larga, trasporto pubblico, innovazione manifatturiera, green economy e potenti opere di bonifica sul territorio. Con questo piano puntiamo a far crescere il pil del 3,1 per cento nei prossimi tre anni e, sulla base delle proiezioni econometriche commissionate al Cer e considerando i parametri inseriti, la disoccupazione potrebbe tornare ai livelli pre-crisi entro il 2016, e quindi intorno al 9 per cento”. Cinquanta miliardi l’anno? E dove si trovano tutti questi soldi? “Abbiamo pensato anche a questo. Circa 40 miliardi all’anno possono arrivare da una patrimoniale, ovvero da una tassazione progressiva sui patrimoni che partono da un milione di euro l’anno, e dal recupero dell’evasione fiscale. Gli altri 10 si possono invece trovare attraverso un mix composto di tagli ai costi della politica, riordino della Pubblica amministrazione e un utilizzo più intelligente e lungimirante delle risorse previste dai fondi strutturali europei, sulla scia e l’esempio dell’ottimo lavoro fatto in questi mesi dal ministro Fabrizio Barca”.

    Il cronista fa notare alla Camusso che i 50 miliardi che la Cgil chiede di mettere da parte per attuare il suo piano andrebbero sommati ai 45 miliardi di manovra che il nostro paese sarà costretto a portare avanti dal 2014 per rispettare i vincoli del Fiscal compact. E 45 più 50 fa quasi cento miliardi di euro l’anno. Non sono troppi? “Sono troppi, sì: ma noi infatti abbiamo un’idea precisa per superare le barriere imposte dal Fiscal compact, e mi piacerebbe che le forze politiche a noi più vicine prendessero in considerazione quest’ipotesi”. Di cosa si tratta? “La proposta è semplice e credo sia una proposta equanime che potrebbe far bene a tutti i paesi europei. Ormai abbiamo capito che l’austerità forzata produce dei fenomeni autodistruttivi e io credo che sia arrivato il momento che il nostro paese, insieme agli altri che fanno parte dell’Unione europea, formalizzi alla Bce una richiesta di mutualizzazione del 20 per cento dei debiti pubblici europei”. Sta dicendo che lei chiede che sia la Banca centrale europea a farsi carico di quella quota di debito per ogni paese membro? “Precisamente. E guardi che non finisce qui”.

    Il “non finisce” qui sussurrato da Susanna Camusso si riferisce ad altri due punti importanti dell’agenda proposta dal segretario della Cgil. Camusso, da un lato, suggerisce al prossimo governo di mettere mano a una riforma vera della Cassa depositi e prestiti e dall’altro propone in qualche modo di sdoganare la parola “nazionalizzazioni”. “Gli italiani – dice Camusso – devono sapere quali investimenti fa la propria Cassa depositi e bisogna uscire dall’equivoco per cui la Cdp troppo spesso sembra essere uno strumento del ministero del Tesoro e non del governo del paese. Inoltre è importante che, come succede ormai in tutti i paesi più sviluppati, dall’America all’Inghilterra passando per la Francia di Hollande – avete visto il caso Peugeot? – un paese come il nostro possa avere l’opportunità di esercitare, quando occorre, l’opzione della proprietà pubblica”. Un caso particolare in cui Camusso premerebbe il bottone? “Da un lato direi che un ragionamento simile potrebbe interessare le Poste italiane, che non capisco per quale ragione debbano essere necessariamente privatizzate. Un altro esempio potrebbe essere fatto sul trasporto pubblico locale che opera su gomma e rotaia. Un loro accorpamento potrebbe risultare di particolare utilità ed efficienza. Ciò può avvenire agevolando la concentrazione per via pubblica qualora il mercato non dovesse essere in grado di operare autonomamente”.

    Una volta esplicitati i punti fondamentali della sua ideale agenda di governo, Camusso accetta di entrare nel merito di quello che forse in questi anni è stato il più grande paradosso del suo sindacato. Il tema in questione riguarda il capitolo “precari” e la risposta del leader della Cgil arriva un attimo dopo aver dato uno sguardo a due tabelle stampate dal cronista: la prima riguarda i salari (in picchiata) dei lavoratori italiani negli ultimi dieci anni, la seconda riguarda invece i dati (in clamorosa salita) sulla disoccupazione giovanile (oggi al 37 per cento). La Camusso osserva per un attimo le tabelle e poi risponde alla domanda. Segretario, scusi, ma lei non pensa che il suo sindacato abbia alcune responsabilità su questi numeri? “Forse qualcosa da rimproverarci ce l’abbiamo e io credo che, in questo senso, l’errore più grave commesso in questi anni dalla Cgil sia stato quello di aver sottovalutato il fenomeno del precariato. Mi spiego. Per anni la Cgil ha visto il mondo dei precari come se fosse un universo numericamente ridotto, contenuto: senza capire invece che quel mondo ormai era entrato, purtroppo, a far parte del tessuto sociale. La legge 30, quella sul lavoro, per capirci, è una legge che noi non abbiamo mai condiviso; ma una volta che quella legge è stata approvata noi avremmo dovuto preoccuparci di come rappresentare i diritti dei nuovi lavoratori, e non soltanto combattere quel principio. Non l’abbiamo fatto”.

    Al termine della nostra conversazione Camusso, prima di arrivare ad affrontare i temi Grillo e Monti, ci offre la sua opinione su una delle notizie di ieri: la decisione del gip di Taranto Patrizia Todisco di sospendere il giudizio in merito all’istanza di dissequestro presentata dagli avvocati dell’Ilva. “Continuo a credere – dice Camusso – che tutti i rilievi ambientali fatti sull’Ilva dai magistrati siano corretti, e che le premesse siano giuste, ma trovo assurdo che si possa anche solo immaginare che quella struttura venga chiusa. Non esiste. Non ha senso. Sarebbe una scelta che ammazzerebbe non solo l’Ilva ma un intero settore industriale italiano. E a questo punto l’unica soluzione è quella di non chiudere l’impianto, proporre un piano di investimenti serio e chiedere allo stato di garantire il credito per far risanare l’azienda e risolvere tutti i problemi di carattere strutturale”.

    Camusso, infine, offre una risposta a chi, come Beppe Grillo, negli ultimi giorni ha proposto l’abolizione dei sindacati (“Grillo rappresenta un’idea pericolosa di abrogazione della partecipazione democratica”); spiega che alle elezioni voterà Bersani perché condivide gran parte della piattaforma presentata dal centrosinistra (“a grandi linee ci intendiamo”); riconosce che nel prossimo governo sarà necessario apportare delle modifiche sia alla riforma delle pensioni (“proporremo delle modifiche importanti da fare e non solo per quanto riguarda gli esodati”) sia alla riforma del Lavoro (“chiederemo nuovi ammortizzatori sociali, la riforma così non può reggere”); ammette che la Cgil durante la prossima legislatura, anche se dovesse essere il centrosinistra ad andare al governo, non farà sconti a nessuno (“siamo un sindacato autonomo e se qualcosa non ci andrà bene nel prossimo governo non avremo certo paura a manifestarlo in tutti i modi possibili”); e infine arriva anche a dare una sua risposta a uno scenario tutt’altro che improbabile. Insomma, cosa farebbe Camusso se dopo tutto questo tran-tran nel prossimo (probabile) governo il centrosinistra dovesse essere costretto ad allargare l’esecutivo anche al centro, e ai moderati di Monti? Camusso farebbe davvero le barricate se Monti dovesse diventare, per dire, ministro dell’Economia di un governo Bersani? “Non c’è e non ci sarà mai un problema di persone: valuteremo il programma e poi, semplicemente, trarremo le nostre conclusioni”.

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.