L'impresa d'élite in lista con Monti
Si stima che nelle regioni settentrionali circa il 15 per cento dei candidati nella lista civica di Mario Monti sia rappresentato da imprenditori (il 20 per cento in Veneto). Oltre alle molteplici figure di liberi professionisti, economisti e avvocati, l’ex presidente del Consiglio ha puntato dritto agli imprenditori per farli salire in politica con lui a Montecitorio e a Palazzo Madama. Apparentemente potrebbe sembrare una contraddizione, visto che i rappresentanti delle imprese, da Confindustria in giù, hanno espresso talora pareri molto critici verso la politica rigorista del tecno-governo.
Si stima che nelle regioni settentrionali circa il 15 per cento dei candidati nella lista civica di Mario Monti sia rappresentato da imprenditori (il 20 per cento in Veneto). Oltre alle molteplici figure di liberi professionisti, economisti e avvocati, l’ex presidente del Consiglio ha puntato dritto agli imprenditori per farli salire in politica con lui a Montecitorio e a Palazzo Madama. Apparentemente potrebbe sembrare una contraddizione, visto che i rappresentanti delle imprese, da Confindustria in giù, hanno espresso talora pareri molto critici verso la politica rigorista del tecno-governo. In diverse regioni gli imprenditori – tanti reclutati dal “serbatoio” di ItaliaFutura di LCdM, altri chiamati direttamente dall’ex premier – figurano come capolista. Per esempio Maria Paola Merloni nelle Marche (Senato), Paolo Vitelli in Piemonte (candidato alla Camera, è il patron della prestigiosa impresa nautica Azimut-Benetti), o Alberto Bombassei, patron della Brembo, in Lombardia 2 e in Veneto 2 (Camera).
Bombassei – sconfitto di misura da Giorgio Squinzi nella corsa alla presidenza di Confindustria – spiega così al Foglio le sue ragioni per salire in campo con Mario Monti: “Noi imprenditori abbiamo patito la politica lacrime-e-sangue durante il governo tecnico, ma l’abbiamo considerata anche una sorta di cura di un malato grave, che ora è in convalescenza. Ho scelto di candidarmi perché credo che ora si possa perseguire una politica, che miri alla ripresa, attraverso la diminuzione del costo del lavoro, per aumentare la produttività, la competitività. Con un riguardo alle agevolazioni fiscali per assumere i giovani e continuare a fare investimenti”. Certo, non tutti gli imprenditori, soprattutto se piccoli, condividono lo stesso entusiasmo. Lo fa notare al Foglio Paolo Galassi della Confapi milanese, che osserva: “L’80 per cento delle piccole aziende italiane ha meno di 50 dipendenti, e guarda con scetticismo il progetto di Monti di ridurre la pressione fiscale. Se lo farà, noi applaudiremo, ma la nostra organizzazione, che rappresenta 60 mila aziende, non è stata interpellata da Monti, allora deduco che forse a lui interessa solo il destino delle grandi imprese”.
A guardare le liste, in effetti, le decisioni politiche di Monti sui candidati-imprenditori paiono indirizzate verso le cosiddette eccellenze. Con qualche soldato semplice, ma non in posizioni sicure per poter essere eletti. Per i detrattori di Monti, questa scelta conferma la sua inclinazione verso le élite imprenditoriali. Esempio: Gianfranco Librandi di Saronno, alla guida della Tci srl, azienda leader nei sistemi elettronici di illuminazione, esportati soprattutto in Germania, uno dei tanti berlusconiani delusi. Lui, ex consigliere del Pdl di Saronno, è candidato alla Camera in Lombardia. “Io credo molto alle promesse del nuovo corso preannunciato da Mario Monti”, spiega al Foglio. “Gli credo quando dice che prima bisognava contenere la spesa pubblica per poi concentrarsi sul rilancio della nostra competitività. E che potremo in futuro fare accordi con zone strategiche, come la Baviera, senza ricorrere alla macroregione auspicata da Roberto Maroni”. Insomma, gli imprenditori montiani puntano di nuovo alla rivoluzione (liberista) tradita del Cav. Più a sud, il patron di Yamamai, Luciano Cimmino, confida al Foglio di aver deciso di candidarsi in un nanosecondo “per coerenza”. “Eravamo sull’orlo dell’abisso, ora siamo tornati indietro sul ciglio, e possiamo ripartire”. Anche i partiti delle altre due coalizioni, Pdl e Pd, annoverano nelle loro liste qualche imprenditore eccellente, ma la parte maggioritaria degli imprenditori-candidati è confluita nella lista civica di Monti.
Ad accrescere le aspettative, inoltre, c’è “l’agenda” pre-elettorale della Confindustria presieduta da Squinzi, che oggi sarà resa pubblica, con il suo ricco corredo di richieste (molto dettagliate, pare) rivolte a tutti i candidati premier. Se ne conoscono già le linee guida, che non si discostano troppo dall’agenda Monti. Una certa curiosità circonda la posizione della presidenza Squinzi, la cui leadership finora ha inclinato verso il modello tradizionale di concertazione che Monti, Fornero e Ichino – più sensibili alle istanze extra confindustriali di Sergio Marchionne – hanno invece più volte criticato.
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