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Il fantasma di Steve Jobs
Apple è sempre al top ma perde colpi senza il suo guru e poeta
Le voci sulla morte di Apple sono esagerate, ma qualcosa che non va c'è. Si attendevano i dati sull'andamento dell'ultimo trimestre del 2012, e i numeri dicono che per la terza volta consecutiva le previsioni degli analisti erano troppo ottimistiche e che le vendite dell'iPhone 5, l'ultima novità, sono state inferiore alle attese. A Cupertino, invece, la vedono in un altro modo: il ceo Tim Cook invita alla calma e i suoi collaboratori fanno sapere che le stime di Apple sono state rispettate in pieno.
Le voci sulla morte di Apple sono esagerate, ma qualcosa che non va c’è. Si attendevano i dati sull’andamento dell’ultimo trimestre del 2012, e i numeri dicono che per la terza volta consecutiva le previsioni degli analisti erano troppo ottimistiche e che le vendite dell’iPhone 5, l’ultima novità, sono state inferiore alle attese. A Cupertino, invece, la vedono in un altro modo: il ceo Tim Cook invita alla calma e i suoi collaboratori fanno sapere che le stime di Apple sono state rispettate in pieno. Le vendite degli iPhone hanno toccato quota 47,8 milioni di esemplari nell’ultimo trimestre (+29 per cento rispetto allo stesso periodo del 2011), gli iPad venduti sono stati 22,9 milioni (in linea con le attese) e l’utile netto è di 13,1 miliardi di dollari, con i ricavi pari a 54,5 miliardi di dollari. Cifre record, ma a Wall Street non bastano: le vendite dei Mac sono andate male – almeno un milione in meno rispetto al previsto – e i ricavi dovevano raggiungere almeno i 55,9 miliardi di dollari. Manca chiarezza, e il direttore finanziario Peter Oppenheimer spiega che d’ora in poi non si daranno più indicazioni precise sulle stime di produzione e di ricavo, ma solo “un intervallo di numeri entro il quale crediamo di finire”. Queste parole caute hanno lasciato perplessi gli analisti presenti alla conference call organizzata da Apple, non convinti dall’ottimismo di Cook, il quale ha annunciato che in Cina le vendite degli iPhone sono raddoppiate e che quel mercato darà grandi soddisfazioni nei prossimi anni. Il meglio deve ancora venire, direbbe Obama, ma il contraccolpo in Borsa c’è stato mercoledì, nelle contrattazioni after hours: il titolo è sceso fino a 463,49 dollari, perdendo il 10 per cento del suo valore. Quattro mesi fa un’azione valeva 700 dollari.
I mercati sono volubili e instabili di natura, e come dice Reuters anche in questo caso i numeri non spiegano tutto. C’entra piuttosto – ancora – la scomparsa di Steve Jobs, il genio minaccioso che sapeva incantare e rassicurare il mondo. Se l’antenna di ricezione del segnale era difettosa, pazienza: una piccola falla facilmente rimediabile, tanto ci pensava Jobs. Ora con Tim Cook al timone il credito di fiducia è minore. Le mappe sono sbagliate? Da innovazione del secolo Siri s’è rivelato un fallimento? La colpa è sempre di Cook, l’uomo scelto da Jobs per portare avanti l’azienda. Cook ha abbastanza esperienza e consapevolezza da sapere che giocare a fare lo Steve Jobs sarebbe un disastro, ma è anche uno che ha il coraggio di dire come stanno le cose, e prendere provvedimenti: dopo il flop delle mappe sugli iPhone che segnalavano centri abitati inesistenti in mezzo agli aridi deserti australiani – “Abbiamo fatto un casino”, ha ammesso Cook –, il ceo ha licenziato Scott Forstall (fedelissimo di Jobs). “Ho cambiato perché sono convinto che l’innovazione derivi dalla collaborazione”, ha detto Cook in un’intervista al magazine Businessweek, aggiungendo subito che “Steve era del mio stesso parere”. E’ la continuità, bellezza, ma si sa che la forza di Apple è un’altra: la rottura, l’innovazione.
I limiti dell’innovazione permanente
“Non si può continuare a mettere in commercio nuovi iPhone e iPad pensando che tutti abbiano sempre bisogno di uno smartphone o di un tablet nuovo”, dice a Reuters Jeffrey Gundlach, fondatore della DoubleLine Capital LP, società leader nella consulenza per gli investimenti negli Stati Uniti. L’iPad mini è la vittima sacrificale: “E’ un iPad più piccolo. E allora? E’ questo ciò che a Cupertino intendono per innovazione?”. Lo stesso discorso è stato fatto a margine della presentazione del nuovo iPhone, il numero 5. Come al solito le aspettative erano altissime, ma passerà alla storia soltanto per le sue dimensioni, un po’ più grandi rispetto al modello precedente. Mancano le idee? Cook dice di no e spiega che “riguardo l’innovazione questo è uno dei periodi più prolifici della storia di Apple”. Nessuna parola sui rumor sche circolano da tempo: un iPhone da 200 dollari per (quasi) tutte le tasche o uno smartphone dallo schermo largo, giocando così sullo stesso terreno di Samsung, il colosso coreano con il quale è da anni in corso una lotta all’ultimo brevetto per conquistarsi un mercato sempre più vasto. L’obiettivo è riconquistare la fiducia, non tanto dei consumatori devoti al logo quanto degli investitori. Jobs non c’è più ma Apple va avanti. Quando Tim Cook andò dal suo capo a chiedergli come avrebbe dovuto comportarsi da ceo, Jobs gli rispose: “Quando morì Walt Disney la gente si chiedeva sempre cosa avrebbe fatto Walt, e la Disney fu paralizzata. Non voglio che tu ti chieda cosa farei io, basterà fare ciò che è giusto”. Che soltanto detto da un genio suona semplice.
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