Il buono e il cattivo
La calma di Cavani e il nervosismo di Conte per la corsa Scudetto
Dio gli ha cambiato la vita. Walter Mazzarri, molto più prosaicamente, la posizione. Due incontri decisivi, a loro modo, per Edinson Cavani. Il primo lo rende un unicum nel calcio solamente ai profani. Perché, anche in serie A, è sempre più ampia la falange di giocatori che pongono il fatto cristiano al primo posto nella personalissima scala di valori. Edinson vuol prima fare qualcosa di grande in Italia, mettendo forte pressione sulla Juventus. Con reazioni inconsulte dal punto di vista etnico-verbale come si è visto dopo il deludente pareggio contro il Genoa, con le accuse di connivenza regionale lanciate da Beppe Marotta all'arbitro Guida, reo di origini campane. E quindi, secondo bronzea logica, pro-Napoli.
Dio gli ha cambiato la vita. Walter Mazzarri, molto più prosaicamente, la posizione. Due incontri decisivi, a loro modo, per Edinson Cavani. Il primo lo rende un unicum nel calcio solamente ai profani. Perché, anche in serie A, è sempre più ampia la falange di giocatori che pongono il fatto cristiano al primo posto nella personalissima scala di valori. Un fenomeno che, da sudamericano, si sta rivelando pure nostrano. Vedi Nicola Legrottaglie e dintorni. Cavani non lo ha mai nascosto, con atti conseguenti a renderlo antipersonaggio: il gemello diverso – e un po' noioso, in verità – di Mario Balotelli. Mai un colpo di testa, mai un gesto esasperato o un atto fuori luogo. Sempre una parola buona per tutti e, soprattutto, un gol. Il campione che non era a Palermo si è svelato a Napoli. Complice, per l'appunto, Mazzarri. Che altro non ha fatto che assecondare quanto chiedeva invano l'uruguaiano: giocare prima punta. Un semplice cambio di posizione e Cavani è diventato un fenomeno del calcio mondiale, l'ultimo uomo decisivo rimasto in Italia dopo il congedo da Zlatan Ibrahimovic. Dategli un pallone, lui saprà come trasformarlo in rete. Con un gesto prediletto: il taglio veloce in profondità, per colpire solo davanti al portiere. Come il gol che domenica ha decretato la prima sconfitta interna del Parma. Una reattività che è un tributo al nonno paterno, emigrato in Sud America da Maranello, casa madre della Ferrari. Di rete in rete Cavani ha tagliato il traguardo delle cento in serie A a un recente ritmo impressionante: 26 nel primo anno di Napoli, 23 nel secondo e 18 già in 19 gare di questo campionato. Una media aliena. Nelle ultime 17 partite ufficiali tra serie A e coppe, non ha segnato soltanto in due occasioni. Numeri che in città accendono passioni di scudetto come ai tempi di Diego Maradona (e mai si poteva pensare a personaggi più lontani, dagli opposti eccessi). Numeri che in Europa alimentano appetiti, pur in periodo di economie traballanti: per questo Aurelio De Laurentiis, che sa come si mercanteggia, ha posto a 63 milioni la clausola rescissoria. E Cavani? Parla al minimo sindacale. Se sfugge qualche refolo, è per colpa del padre Luis che – come fece l'ingegner Bosco con Ricky Kakà – vorrebbe gettare il talentuoso figliolo tra le braccia del Real Madrid.
Parole al vento, per ora, visto che Edinson vuol prima fare qualcosa di grande in Italia, mettendo forte pressione sulla Juventus. Con reazioni inconsulte dal punto di vista etnico-verbale come si è visto dopo il deludente pareggio contro il Genoa, con le accuse di connivenza regionale lanciate da Beppe Marotta all'arbitro Guida, reo di origini campane. E quindi, secondo bronzea logica, pro-Napoli. Un nervosismo che in casa bianconera sembra esser cresciuto in maniera esponenziale con il ritorno in panchina di Antonio Conte dopo la squalifica per scommesse. Senza di lui la squadra vinceva e dominava, eterodiretta da vari nascondigli in tribuna. Oggi soffre invece di una tensione figlia diretta degli eccessi vissuti dal tecnico, che pare essere rientrato dall'assenza forzata unicamente per combattere contro il mondo intero. E quindi atteggiamenti plateali, esultanze esagerate, intemperanze verbali. Già lo si intravedeva la passata stagione, ma lo si rubricava alla voce "carattere". Oggi siamo in terreni ancora inesplorati. Gesti e parole che innervosiscono una squadra la cui forza era sempre stata quella di una serena – e massiccia – consapevolezza dei propri mezzi. Quanto può rompere un giocattolo perfetto, quanto attende Cavani: lui sarà cristianamente pronto a porgere l'altra guancia ma professionalmente pronto a ingrassare le statistiche.
Il Foglio sportivo - in corpore sano