La giustizia privata è da criminali, che Obama lo dica chiaro e subito in faccia ai saccenti

Stefano Pistolini

Ma dov’è finito quel buon vecchio, affidabile pragmatismo americano, secondo il quale se una cosa va fatta, semplicemente si fa? Posso capire che la domanda riceva una risposta esitante da un politico impegnato nei consueti equilibrismi a caccia di consenso. Ma che un intellettuale, un uomo che deve mettere il prodotto della sua intelligenza al servizio pubblico, che uno così se ne esca con un discorso simile a quello scritto da David Mamet in questa occasione (ci posso scommettere: eccitato al punto giusto da Tina Brown, che il giochetto l’ha fatto altre volte.

    Ma dov’è finito quel buon vecchio, affidabile pragmatismo americano, secondo il quale se una cosa va fatta, semplicemente si fa? Posso capire che la domanda riceva una risposta esitante da un politico impegnato nei consueti equilibrismi a caccia di consenso. Ma che un intellettuale, un uomo che deve mettere il prodotto della sua intelligenza al servizio pubblico, che uno così se ne esca con un discorso simile a quello scritto da David Mamet in questa occasione (ci posso scommettere: eccitato al punto giusto da Tina Brown, che il giochetto l’ha fatto altre volte. Produrre sconcerto e dunque interesse nel pubblico inducendo un opinion maker a spararla grossa. Purtroppo, ormai lo sappiamo, solo per far quadrare i conti delle sue sbilenche avventure editoriali), insomma che David Mamet sia montato sulla copertina digitale di Newsweek per dire ai connazionali che chi tocca il diritto a maneggiare e detenere le armi attacca il senso di originale americanità e perciò che è legittimo il sospetto che Obama incarni una raccapricciante evoluzione del comunismo, be’ è semplicemente penoso. E perfido e straziante e chiederemmo per prima cosa, a Mamet, di ripetere quelle parole, con quel suo tono da confutazione dotta e salottiera, in faccia a uno qualsiasi dei parenti degli ultimi morti ammazzati, qualche mamma di Newtown, oppure a chi ha visto il suo ragazzo stecchito, chessò, anni fa a Columbine, da due teeenager che in casa avevano accesso alle armi come avrebbero dovuto averlo al tostapane, e che quel giorno le usarono per dar fondo al loro delirio d’indolenza.

    Obama, l’abbiamo capito, dovrà fare capriole leguleie ed equilibrismi da sofista (ci contiamo: nel settore è imbattibile) per tenere buoni tutti quelli pronti a scattare alla minima risonanza di eventuale limitazione dei diritti costituzionali del cittadino. Balle. Permettetemi un esempio profano: è come quelli che sostengono che il pavé milanese o i sampietrini romani vanno difesi in quanto “storici”, anche se mandano all’ospedale dozzine di motociclisti ogni giorno. Perché il problema è che quelle pavimentazioni erano fatte per gli zoccoli dei cavalli, non per un traffico di bolidi assatanati. Le armi garantite dai costituenti a chi sentisse il bisogno di averne a portata di mano non prevedevano che la questione, un volta espansa nei territori del consumismo, dell’hobby, dell’isteria per la sicurezza e perfino del sottile gusto del disporre della vita altrui con una palla d’acciaio, diventasse una macchina del dolore sorda e battente, che produce morti ammazzati come un tritacarne la cui leva è manovrata dal caso, e che spinge orde di sovreccitati a farsi giustizia da soli, a farsi notare, a metter su un po’ di rock’n’roll prima di darla su. Benvenuti nel moderno mondo dell’“all in”, della puntata definitiva che decolla dalla canna di una pistola comprata un giorno qualsiasi, a prezzo scontatissimo, alla fiera itinerante delle sputafuoco, e tenuta in giro come un giocattolo un po’ sexy. Il discettare saccente di Mamet, che pure è uno che dei frutti dell’abulia sociale ne ha scritto parecchio, è criminale e invoca un dibattito teorico che dovrebbe essere stroncato dalla condizione d’emergenza in cui l’America prova – vagamente, purtroppo – a confrontarsi con la questione. Qualunque specialista vi dirà che tanto la frittata è già fatta, che i milioni di armi già in circolazione rendono qualsiasi intervento tardivo, che il mercato clandestino è pronto a scattare, che la faccenda, come al solito, va studiata alla radice, prima che nel territorio dei divieti. E che dunque il discorso è etico ed educativo, e va misurato in generazioni e metodi, ben prima che in provvedimenti urgenti. E allora? Quando arriverà la prossima breaking news, la prossima università ostaggio dello studente incazzato, il prossimo liceo terrorizzato da Franti, il prossimo ufficio annichilito da un licenziato, quando si produrrà un nuovo numero sufficiente di cadaveri per far piangere la nazione e proclamare lutto nazionale, quale sarà la risposta di chi ha la responsabilità per tutti? Obama avrà lo stomaco di tornare in tv a dire che in America vale la parabola dello scorpione che punge la rana perché è nella sua natura? Che i ragazzi, o i padri di famiglia, ammazzano perché quando ce vo’ ce vo’ e i Padri fondatori sembravano esserne al corrente. Si vergogni Mamet, si vergognino i politici che esprimono salomonico fatalismo. E si vergogni Obama se non fa qualcosa di forte – mica di sinistra, ma di umanamente intelligente. Se non lui, nell’invidiabile posizione del non avere niente da perdere, chi? Che dica agli americani che un cittadino che usa un’arma per farsi giustizia privata è un criminale, da isolare e denunciare. Lo dica subito, da presidente, provochi lo choc, la rabbia e la vergogna. Riparta pure da un disordine sociale. In certi casi è l’unico modo di scuotere lo scatolone inerte della storia.