Se nel pranzo della domenica dei democratici irrompe il contante del Cav.
A un certo punto, arriva il Cav. Gli gnocchi sono ancora in pentola, il pesto ancora nel vasetto, il vino appena aperto – e il Cav. anticipa pure il taglio della mozzarella e il debutto in tavolo dell’olio biologico (di più, biodinamico) che invoglia alla scarpetta. Il “pranzo della domenica dei democratici” – rito di giornalisti di retto sentire, sbirri di accertata sensibilità, compagni di antica militanza, liberi professionisti di squisita disponibilità, pure bimbi di saggio portamento – sta per avviarsi.
A un certo punto, arriva il Cav. Gli gnocchi sono ancora in pentola, il pesto ancora nel vasetto, il vino appena aperto – e il Cav. anticipa pure il taglio della mozzarella e il debutto in tavolo dell’olio biologico (di più, biodinamico) che invoglia alla scarpetta. Il “pranzo della domenica dei democratici” – rito di giornalisti di retto sentire, sbirri di accertata sensibilità, compagni di antica militanza, liberi professionisti di squisita disponibilità, pure bimbi di saggio portamento – sta per avviarsi. Chi arriva con Repubblica sotto al braccio, chi si mostra con il Fatto, chi più discretamente si dà aria riflessiva con il Corriere e una fresca citazione di Pigi Battista – il più apprezzato, con una bottiglia di rosso di Montalcino. Un bel gruppo dove il bersanismo ha solida maggioranza, e dove il semplice sospetto di berlusconismo potrebbe destinare l’incauto a una sorte non dissimile dallo gnocco al pesto sopraccitato. Destini italici e salatura dell’acqua parimenti appaiati. Ed ecco che, di colpo, in diretta su Sky, arriva Quello. Sfondo azzurro, cotonatura perfetta, doppiopetto come negli anni in cui c’era ancora chi subiva irrazionalmente più la fascinazione del subcomandante Marcos che di Enrico Letta. “Oddio…”. Il rosso di Montalcino pare l’unico argine – vade retro! – all’azzurrino che comincia ad annebbiare la vista. “Sttt… sentiamo che dice, che cazzate spara!”. L’Irap, l’Iva, la Svizzera – aho, ’a Svizzera, vabbè! – l’Imu, restituiremo l’Imu – che vi dicevo, le solite cazzate! – “allora, se magna?”, poi a un certo punto: “La restituzione potrà avvenire con un bonifico sul conto corrente o in contanti”. Che ha detto? L’ha detta, l’ha proprio detta, la parolina che rischia di far scuocere lo gnocco abbandonato al suo destino nell’acqua bollente: contanti! “Che fa?”. “Dice che ridà i soldi in contanti…”. Fruscìo di carta moneta mestamente dipartita e che festosamente ritorna – vai e piglia. Soldi, soldi, soldi. Money, money, money – “è arrivata la Liza Minnelli!”.
Parolina magica, la parola contanti. I soldi che si vedono, che si contano, che si toccano. Zozzi e benedetti – pochi, maledetti e subito: il nuovo avamposto innalzato dal Cav. “Cazzate…”, ripete convinto qualcuno. Ma gli occhi restano fissi sullo schermo. “Aho’, in contanti…”. “Però, se prometti soldi in contanti, la gente ti viene dietro…”. Perché è questo che il Cav. (con furbizia, si capisce, magari “una sòla”, come da dalemiana indignazione) ha fatto: non ha volato sui cieli alti (e bassissimi risultati) della finanza, Borsa e squassamenti continentali e testicolari, crisi epocale e grande sociologia: cose colte, cose vere, cose smozzicate. Macché: ha fatto sentire la dolce ala di un possibile fruscìo di ritorno, ha messo in azione quello che Somerset Maugham chiamava il sesto senso – che attiva tutti gli altri cinque, nessuno escluso. “Aho’, c’ha ’na faccia…”. Si capisce – ieri peraltro intelligentemente appaiata a quella della cagnetta randagia adottata: così che, date le inevitabili esigenze fisiologiche della stessa, si troverà qualcosa da far fare a molti disutili ancora a zonzo per il Pdl – ma intanto ce l’ha messa, nell’èra dove tutti sono tecnici, dove tutti sono banchieri, dove tutti parlano come se fossero bocconiani di ritorno: complicati e inconcludenti. E perciò hai voglia a dire che di bugia si tratta, di promessa vana, evocare magliari e fare la faccia giustamente indignata di fronte a tanto populismo – signora mia, dove siamo ormai arrivati! Ma ecco il fatto: che il Cav. c’è arrivato. Mai una promessa elettorale si era spinta a questo punto – ci vuole faccia tosta, forse, ma ci vuole anche faccia necessaria: ché di soldi tutti parlano, ma i soldi nessuno fa vedere, a parte il bye-bye triste dell’addio con bollettino. E perciò ci sarà gran lavoro dei detrattori e grandissimo lavoro dei sostenitori. Entrambi inutili. Perché il Cav. è andato (abilmente, spudoratamente) al cuore – che la cosa più vicina che ha non è il culo che evocava De André, piuttosto lo sfinito portafoglio. Tanta è l’enormità della cosa – così logica, così irrazionale – che si capisce subito che rispondere (e non parlare della faccenda) sarà difficilissimo. “Leverage buy out”, dice D’Alema. Figurarsi. Contanti, dice Quello – con cagnetta sul cuor. Gli gnocchi sono in tavola.
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