Borsa in rosso

Banche in crisi di credibilità e di credito, cercansi quattrini

Alberto Brambilla

Lo scandalo del Monte dei Paschi di Siena mette in questione la reputazione dei passati amministratori di Rocca Salimbeni. Ieri l’ex presidente della banca senese e dell’Abi, Giuseppe Mussari, si è presentato alla procura di Siena per essere interrogato nell’ambito dell’inchiesta su derivati e acquisto di Antonveneta, dicendosi “pronto a parlare”, ma non da subito. Ma al di là di questo, delle inchieste giudiziarie, rimane un problema anche maggiore, e riguarda lo stato di salute degli istituti di credito nazionali che ieri hanno zavorrato Piazza Affari (meno 4,5 per cento).

    Lo scandalo del Monte dei Paschi di Siena mette in questione la reputazione dei passati amministratori di Rocca Salimbeni. Ieri l’ex presidente della banca senese e dell’Abi, Giuseppe Mussari, si è presentato alla procura di Siena per essere interrogato nell’ambito dell’inchiesta su derivati e acquisto di Antonveneta, dicendosi “pronto a parlare”, ma non da subito. Ma al di là di questo, delle inchieste giudiziarie, rimane un problema anche maggiore, e riguarda lo stato di salute degli istituti di credito nazionali che ieri hanno zavorrato Piazza Affari (meno 4,5 per cento). Mentre il titolo Mps veniva sospeso per eccesso di ribasso, i peggiori sul listino sono stati quelli di Unicredit e Banco popolare. Tra i motivi del calo di Borsa e dell’aumento dello spread tra Btp e Bund (chiusura a 285 punti), per gli analisti, ci sono lo scandalo della banca senese e l’incertezza politica pre-elettorale. Per non parlare dell’instabilità spagnola (vedi editoriale a pagina tre).

    “Le banche italiane sono solide”, ha detto il presidente del Consiglio, Mario Monti. Eppure le sofferenze – cioè i crediti la cui riscossione non è certa – sono aumentate a 120 miliardi in novembre e gli accantonamenti previsti non basterebbero per farvi fronte. Inoltre i ricavi bancari non torneranno ai livelli pre-crisi nemmeno nel 2014. Un “bank crunch” contestuale al “credit crunch”, visto che le banche sono restie a prestare denaro alle imprese (nei primi nove mesi del 2012 l’indice che misura la stretta creditizia è passato dall’1 all’11 per cento, dati Consob). Secondo Marcello Messori, economista della Luiss, le banche si sono concentrate molto sui prestiti in tempi precrisi, costituendo un “quasi monopolio” del credito, e le imprese sono diventate dipendenti dal credito bancario. “Questo modello tradizionale, che in passato ha impedito che si creassero vie alternative a esso, sta scricchiolando”. Si aprono perciò spazi per forme di finanziamento diverse dalla banca. Con il decreto Sviluppo, il governo Monti ha permesso alle imprese di emettere obbligazioni per finanziarsi. Mediobanca stima si tratti di un mercato da 50 miliardi come mole di bond emessi (e quindi finanziamenti ottenuti).

    Ma è un modo per fare concorrenza alle banche? Chi ha seguito la pratica del governo dice di no. Permettere alle imprese non quotate in Borsa di emettere bond “è un metodo non alternativo ma complementare al credito bancario”, dice al Foglio Paola Leocani, avvocato e socio dello studio Allen & Overy che ha seguito la genesi e lo sviluppo del provvedimento. “Era un’esigenza del sistema Italia condivisa da tutti”, puntualizza Leocani, spiegando che l’idea è “nata anche dal mercato” perché c’era convergenza di vedute tra le banche promotrici dell’iniziativa (Bnp Paribas, Sanpaolo Imi, Unicredit), l’Associazione bancaria italiana, Confindustria e le Autorità di vigilanza. L’obiettivo è ampliare le possibilità per le imprese di ottenere credito. Che questo apra una prateria a metodi alternativi per raccogliere i capitali l’ha sottolineato l’Economist, nell’articolo “Non-banking: riempire il vuoto lasciato dalle banche”, spiegando che a fare da “supplenti” agli istituti ci sono anche grossi fondi d’investimento e piattaforme “social” in Internet che rendono possibili i prestiti tra persone tramite  istituti di pagamento (il cosiddetto crowdfunding della società americana Zopa e dell’italiana Smartika). Un’altra alternativa è stata prevista dal decreto Sviluppo: è un progetto rivolto alle start up innovative cui sta lavorando la Consob, che ha avviato un’indagine conoscitiva che si concluderà l’8 febbraio, dopodiché verrà presentata una bozza di regolamento. Permettere a finanziatori non bancari di investire nelle azioni di una società non quotata (equity funding) è un metodo d’avanguardia in Europa e “primo passo verso l’apertura dei mercati finanziari, finora un sistema chiuso e precluso a soggetti non sofisticati”, dice al Foglio Daniela Castrataro, analista della scozzese Twintangibles, società specializzata in crowdfunding.

    • Alberto Brambilla
    • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.