Borsa psichiatrica

Michele Masneri

C’è stato un tempo in cui “greed” era “good” e la figura di un trader pur chiaramente psicotico come Gordon Gekko, immaginata da Oliver Stone per il suo “Wall Street”, ispirava generazioni di studenti verso le facoltà di Economia e poi verso le sale contrattazioni in un tripudio di accettazione sociale e bonus. Adesso invece, dopo sei anni di crisi, non solo l’avidità non è più buona – lo stesso regista ha fatto nel 2010 un sequel vagamente riparatorio – ma la società reagisce con la medicalizzazione del fenomeno e il broker schizzato finisce in clinica.

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    C’è stato un tempo in cui “greed” era “good” e la figura di un trader pur chiaramente psicotico come Gordon Gekko, immaginata da Oliver Stone per il suo “Wall Street”, ispirava generazioni di studenti verso le facoltà di Economia e poi verso le sale contrattazioni in un tripudio di accettazione sociale e bonus. Adesso invece, dopo sei anni di crisi, non solo l’avidità non è più buona – lo stesso regista ha fatto nel 2010 un sequel vagamente riparatorio – ma la società reagisce con la medicalizzazione del fenomeno e il broker schizzato finisce in clinica. Questo almeno a leggere l’inchiesta del fine settimana del Financial Times, dedicata ai “risk addicts”, i broker londinesi malati di gioco d’azzardo. Il quotidiano della comunità finanziaria globale – è davvero un segno dei tempi – si butta in un reportage a tinte fosche: “Ogni notte di ogni settimana a Londra se vai a una riunione dei Gamblers Anonymous (giocatori anonimi) troverai un banchiere della City che piange sui soldi che ha appena perduto”. Questo l’attacco dickensiano dell’articolo, che poi si sviluppa come un’indagine su una patologia rara e infamante o come le pagine dedicate ai problemi erettili degli inserti salute. “Solo l’uno per cento dei bankers malati chiede aiuto – dice un esperto – perché ognuno è terrorizzato dalla vergogna”. Si cita il caso del famoso gestore di Ubs, Kweku Adoboli, che rifilava alla sua banca la peggior perdita della storia finanziaria – 2,3 miliardi di dollari – mentre riusciva a perdere anche di tasca sua 123 mila dollari allo spread betting, cioè le scommesse on line. Ma soprattutto l’Ft intervista una dottoressa dal nome molto inglese, Henrietta Bowden-Jones, che a Londra ha aperto la prima clinica psichiatrica dedicata ai giocatori d’azzardo: e che sostiene che il 20 per cento dei suoi clienti siano trader professionisti. Dopo migliaia di test sui suoi pazienti, misurando i battiti cardiaci, il rilascio di dopamina (l’ormone del piacere) e l’irrorazione di certe aree del cranio, Bowden-Jones crede che “il cervello dei giocatori ha un tipo diverso di sinapsi”. Questo tipo di cervelli non è fatto per il trading.

    Questo tipo di cervelli andrebbe tenuto lontano dalle sale operative, dove “c’è una vera e propria cultura del gioco d’azzardo; dominano stress e infelicità, il che rende il gioco una distrazione interessante; dove si maneggiano cifre esagerate e si perde completamente il rispetto per il denaro”. L’articolo del Ft potrebbe essere utilizzato dalla difesa di un trader celebre, “Fab le Fabuleux”, che andrà sotto processo tra qualche mese. Al secolo Fabrice Tourre, campione dei subprime, divenne fabuleux (per autodefinizione) quando la Sec (la Commissione di Borsa americana) scoprì il suo gioco: da una parte come banchiere di Goldman Sachs aveva messo a punto un derivato, Abacus 2007-Ac1, legato ai mutui americani, che poi la banca consigliava agli investitori. Dall’altra, agiva insieme a John Paulson, il magnate degli hedge fund, scommettendo contro il settore mutui e gli stessi investimenti consigliati da “Fabrizio il Favoloso” ai clienti ignari. Nelle mail che inviava alla fidanzata e che la Sec ha sequestrato, il broker sosteneva che “tutto il baraccone sta per affondare, può accadere da un momento all’altro. Solo sopravvissuto potenziale: Fab le Fabuleux”. Il baraccone non è crollato, mentre è crollata Iwb, banca di Düsseldorf che aveva investito 150 milioni di dollari nel fondo (coinvolte anche Royal Bank of Scotland e Abn Amro). A luglio comincerà il processo, la settimana scorsa Fab si è licenziato da Goldman: la sua ormai ex banca fino a ora gli pagava l’aspettativa – trascorsa, anche qui segno dei tempi, come volontario in Ruanda – così come gli pagherà gli avvocati, e dopo aver sborsato 550 milioni di dollari alla Sec pur di non ammettere la sua colpevolezza nel caso. Al processo potrebbe invocare la detenzione alternativa presso la struttura della dottoressa Bowden-Jones. Le e-mail scritte in terza persona potrebbero aiutare.

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