Più di un bluff, è il rilancio assoluto
Non è un bluff. Quello, chiunque può farlo. Anche un dilettante può avere l’intuizione di un momento, leggere la debolezza delle carte degli avversari, avvertire la faglia nella loro psicologia. E lanciarsi per “rubare” quello che a carte viste non gli spetterebbe. Il professionista invece è molto più cauto: sa che spesso c’è chi magari è mediocre, non ha fegato ma di colpo si ribella, si intestardisce e ti fa perdere piatto e faccia con un semplice “vedo”.
Leggi Metafisica dell’impudenza - Leggi Il richiamo della foresta antifiscale - Leggi Se nel pranzo della domenica dei democratici irrompe il contante del Cav.
Non è un bluff. Quello, chiunque può farlo. Anche un dilettante può avere l’intuizione di un momento, leggere la debolezza delle carte degli avversari, avvertire la faglia nella loro psicologia. E lanciarsi per “rubare” quello che a carte viste non gli spetterebbe. Il professionista invece è molto più cauto: sa che spesso c’è chi magari è mediocre, non ha fegato ma di colpo si ribella, si intestardisce e ti fa perdere piatto e faccia con un semplice “vedo”. Ora il bello del fantasmagorico rilancio del Cav. è che nessuno può andarlo a vedere: forse gli italiani, quando avrà comunque sortito il suo effetto. Al momento nessuno può dire di più, surrilanciare, nessuno può promettere di restituire oltre l’Imu, che so, un pezzo di Irpef o di Irap. Gli avversari, basiti, gridano in coro che questa è pura demagogia, senso assoluto di irrealtà. Ma non è un bluff. E nemmeno un semibluff: non ha rilanciato con un progetto di scala o di colore che in sé vale meno di una coppia di carte uguali, non è lì a sperare nel colpo della sorte. E nemmeno gioca facendo dissimulazione all’incontrario, fingendosi debole quando invece è forte, sperando che l’avversario abbocchi. Non ha assi nella manica, diciamo otto miliardi sull’unghia trovati non si sa dove da Renato Brunetta.
All’inizio della campagna elettorale, Berlusconi non aveva neanche un gioco decente, le prime apparizioni erano inadeguate, lo stack eroso dalla lunga assenza: al tavolo solo gli irrilevanti, i giocatori di contorno, avevano meno fiches. Poi ha aggiustato il tiro, con le sortite televisive pop in cui eccelle è tornato a diffondere attorno a sé un po’ di ottimismo, buon umore e voluttà. Ma la distanza da Bersani, il cheap leader, era ancora grande. E chi ha molte fiches può anche permettersi di fare un errore, di avere un passaggio a vuoto. Il Cav. ha deciso di osare, per diminuire il vantaggio: glielo hanno consentito la vaghezza di propositi, l’indecisione degli altri giocatori al tavolo. Così ha rotto gli indugi e ha chiamato “all in”. Che è il rilancio assoluto. La “vasca”, ovvero il contenitore delle fiches, spinta al centro del tavolo. Tutta la credibilità per rubare una posta in gioco altissima. Un milione di elettori ancora indecisi o ex delusi. Lo ha fatto con il sorriso carnivoro, parlando di sé in terza persona, “questa cosa qui solo Silvio Berlusconi può farla”, “sono l’unico credibile”, un coraggio al di là dell’impudenza che ha messo nell’angolo gli avversari. In termini pokeristici è la famosa mossa sbagliata al momento giusto con cui Lancey Howard, il vecchio Campione, stanco, sudato, ormai prossimo alla resa, riesce a costruire, carta dopo carta, una mano impensabile, inimmaginabile. E azzanna alla giugulare il Kid di Cincinnati, il gelido sfidante che si era illuso di averlo in pugno. Mani così non si improvvisano.
Partono da un’intuizione folgorante, si preparano con pazienza, e si vincono con il sangue freddo, la sfrontatezza e ovviamente con l’aiuto della sorte: non è facile che giocando a telesina, in due, testa testa, capiti una mano come uno scontro tra una scala reale e un full. Il Cav. l’ha saputa aspettare, ha aperto la mano con un solo cavallo di battaglia, meno tasse, meno spesa pubblica, meno stato, una carta che un tempo era un asso, valeva oro, ma oggi che tutti chiedono più stato, più protezione è poco più di una scartina. Ha dato un po’ di valore alla mano annunciando che in caso di vittoria la prima decisione del Consiglio dei ministri da lui presieduto sarebbe stata la soppressione dell’imposta sulla prima casa. Diciamo che anche questa è una carta svestita e dati i precedenti la mano resta fin qui prevedibile. Poi cala la terza carta, il rimborso: contro la ragionevolezza, l’assennatezza di tutti gli altri. Che non riescono a fornire certezze contabili né argomenti morali per cancellare il miraggio di una tredicesima che torna a casa. Lancey Howard dopo aver stracciato il Kid gli dice: “Non te la cavi male ragazzo, ma finché ci sarò io tu sarai soltanto secondo”. E diciamocelo, Pier Luigi Bersani non ha nemmeno la faccia di Steve McQueen.
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