Al Gore ora predice il futuro in un libro, ma non è più il cocco dei media
Al Gore se la ride, accasciato sui divanetti dei salotti tv accuratamente prescelti per promuovere il suo nuovo libro, ma per la prima volta quegli stessi salotti che per anni hanno coccolato l’ex vicepresidente americano non hanno più voglia di ridere. Come noto, dai tempi della sua bruciante sconfitta contro George W. Bush nel 2000, il democratico Gore si è abilmente riciclato come paladino della sostenibilità ambientale, nemico del riscaldamento globale e divulgatore scientifico ideologicamente schierato.
Al Gore se la ride, accasciato sui divanetti dei salotti tv accuratamente prescelti per promuovere il suo nuovo libro, ma per la prima volta quegli stessi salotti che per anni hanno coccolato l’ex vicepresidente americano non hanno più voglia di ridere. Come noto, dai tempi della sua bruciante sconfitta contro George W. Bush nel 2000, il democratico Gore si è abilmente riciclato come paladino della sostenibilità ambientale, nemico del riscaldamento globale e divulgatore scientifico ideologicamente schierato. Come dimostrava una lunga e accurata inchiesta del Washington Post di qualche mese fa, in tutti questi anni Gore è scomparso lentamente dai radar della politica attiva (all’ultimo congresso democratico, quello che rilanciò Obama per la presidenza, non era nemmeno invitato) ma ha raccolto i frutti di una politica americana guidata dal suo partito: grazie a fondi statali e leggi ad hoc, ha guadagnato con le sue società che investono nelle energie rinnovabili fino a diventare ben più ricco di Mitt Romney, il perdente candidato repubblicano accusato dai suoi avversari di essere troppo ricco e quindi sporco e cattivo. Al Gore ha la pelle dura, è passato sopra alle accuse di scarsa serietà scientifica nel suo documentario “Una scomoda verità” vincendo l’Oscar, a quelle sui suoi molteplici conflitti d’interessi vincendo il Nobel per la Pace e alle domande sul perché le sue abitazioni consumassero, da sole, più energia di un intero paese dando di “nazisti” e “negazionisti” a chi osava criticarlo, mettendo in dubbio le sue teorie.
Ora Al Gore ha allargato il campo, e dalle previsioni del tempo è passato alle previsioni del futuro. “The future” è il titolo del suo ultimo libro, appena uscito in America e oggetto delle sue comparsate in tv di cui abbiamo detto all’inizio. Sarà che dopo un po’ anche i migliori vengono a noia, sarà che qualche mossa ultimamente non l’ha azzeccata, fatto sta che, come scriveva Politico, Gore non è più il cocco dei media, che anzi lo stanno mettendo in difficoltà, e non poco. L’accusa, grosso modo, è questa: “Lei in questo libro ci parla di futuro sostenibile, da anni ce la mena con il petrolio che provoca l’innalzamento delle temperature globali e poi cosa fa? Vende il suo fallimentare canale televisivo Current ad Al Jazeera, emittente araba partecipata dal Qatar, una nazione la cui ragione di vita è il petrolio. Non trova che questo sia un po’ incoerente?”. La scena si è ripetuta in quasi tutti i talk-show, da quello di David Letterman a quello di Jon Stewart, e alla risata nervosa di Al è sempre seguito un imbarazzato silenzio da parte del conduttore.
Stessa sorte per il libro, accolto freddamente dai media che si sono persi nelle oltre 500 pagine fitte di dati, note, citazioni e previsioni. Così, se per molti “è comunque un libro da leggere”, c’è chi lo critica con durezza. Su Newsweek è apparsa una stroncatura che senza giri di parole lo accusa di “sbagliare a predire il futuro perché non capisce il presente”. Più buono il New York Times, che comunque critica il lavoro di Gore in quanto, a parte individuare una serie di problemi che il mondo si troverà ad affrontare, non offre né prova a offrire idee pratiche per affrontarli. In un grafico all’inizio del volume, Gore dichiara con fare bullesco le sue fonti di ispirazione, che vanno da Platone alla rivoluzione scientifica passando per sant’Agostino fino alla democrazia basata sul Web. Tutto questo produce un gran calderone dal quale Gore estrae sei “argomenti guida” – legami economici globali, cambiamenti climatici, nuovi equilibri geopolitici, comunicazione via computer, sviluppo di nuove tecnologie e crescita sostenibile – che determineranno le scelte dei politici nel futuro. Lui nega, ma la sensazione che, annoiato dalle crociate climatiche, Gore stia ripensando alla politica attiva è forte.
Il Foglio sportivo - in corpore sano