L'Italia di ieri

Annalena Benini

Nell’ultimo libro di Concita De Gregorio, “Io vi maledico”, pubblicato da Einaudi, un bel libro sulla rabbia, c’è un capitolo intitolato: “Balotelli”, fatto di parole, virgolettate, di chi lo ha conosciuto da piccolo o di Noel Gallagher, ex frontman degli Oasis, che a Manchester disse: “Dimenticatemi, gente. La nuova rockstar, qui, è Balotelli”. Sono soprattutto le parole dei compagni di scuola, della maestra e dell’ex presidente della società di calcio per i ragazzini di Brescia: “Quando è arrivato qui, a cinque anni, era l’unico bambino negro di duecentocinquanta”.

    Nell’ultimo libro di Concita De Gregorio, “Io vi maledico”, pubblicato da Einaudi, un bel libro sulla rabbia, c’è un capitolo intitolato: “Balotelli”, fatto di parole, virgolettate, di chi lo ha conosciuto da piccolo o di Noel Gallagher, ex frontman degli Oasis, che a Manchester disse: “Dimenticatemi, gente. La nuova rockstar, qui, è Balotelli”. Sono soprattutto le parole dei compagni di scuola, della maestra e dell’ex presidente della società di calcio per i ragazzini di Brescia: “Quando è arrivato qui, a cinque anni, era l’unico bambino negro di duecentocinquanta”. A scuola si lavava le mani con l’acqua bollente, diceva che così diventavano bianche, chiedeva alla maestra se anche il suo cuore, dentro, era nero, lei gli spiegava di no, e lui dopo qualche giorno glielo chiedeva ancora, dava colpi con la palla contro i muri, soffriva quando doveva tornare in Africa dalla famiglia biologica, che non poteva o non voleva occuparsi di lui perché era malato, con una malformazione all’intestino.

    Aveva paura. Paura e rabbia mentre una signora piccola, casalinga, che aveva già altri figli, con un marito pensionato cresceva questo bambino malato, abbandonato e arrabbiato, portandolo a fare sport tre volte al giorno per farlo sfogare, dandogli amore e un destino, provando a calmare quella rabbia, a indirizzarla verso qualcosa di buono. Lui la chiama mamma e non ne vuole un’altra, è un figlio che parla con l’accento di Brescia e fa lo spaccone: lei gli teneva la testa da gigante nella mano piccola, l’estate scorsa, allo stadio, durante gli Europei, quando lui fece vincere l’Italia contro la Germania, con la maglietta dell’Italia, le dedicò tutti i gol e corse ad abbracciarla.
    Un partito progressista dovrebbe parlare molto a quelli come lui, all’Italia del futuro, a chi ha avuto bisogno di una possibilità ed era arrabbiato, ultimo fra gli ultimi, bambino nerissimo nel nostro mondo antico di vent’anni fa, quando i genitori di Brescia non riuscivano ad adottarlo e lui temeva di dover tornare in Ghana. Ma l’altra sera è andata in scena, a “Piazza Pulita”, condotta da Corrado Formigli, la mostrificazione perdente di Mario Balotelli, raccontato come un prodotto del dannato berlusconismo, uno con troppe fidanzate, troppe automobili, troppa agitazione addosso, uno che ha avuto una donna in comune con Trota Bossi e gira in Ferrari. Davanti alle discoteche milanesi si cercava un motivo per considerarlo un nemico, e di nuovo, come a troppi piace ancora dire, un impresentabile.

    Balotelli è il nemico sbagliato, è il bisogno di rimpicciolire il mondo mettendolo dentro una scatola, con i buoni separati dai cattivi, i presentabili da quelli un po’ volgari, che non ci riguardano. Una ragazza fuori dalla discoteca ha detto che Balotelli lo conosce ed è uno stronzo, “fa una sola cosa buona, aiuta i bambini in Africa”, un paparazzo ha detto che è l’erede di Corona, ecco che Balotelli, calciatore di talento, rabbioso ex ultimo, italiano del futuro, è diventato una questione politica, la versione giovane di chi promette di restituire l’Imu. Anche se, a domanda di Alessandro Sortino, Balotelli ha risposto che lui Silvio Berlusconi non lo conosce, quindi non sa nemmeno se lo stima, e “non ho mai votato in vita mia”, Berlusconi e Balotelli erano già, in quella trasmissione politica, una cosa sola. E’ un giudizio sul mondo che perderà sempre, per fortuna, ed è la solita, eterna occasione sprecata: fallire l’idea di sapersi prendere il gusto e la responsabilità di un intero paese, non soltanto di chi è identico a noi.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.