La nevrosi della rimonta

Perché l'exploit europeo di Bersani segna una svolta nella campagna Pd

Claudio Cerasa

“Noi siamo prontissimi a collaborare con tutte le forze contro il leghismo, il berlusconismo, il populismo. E quindi certamente anche con Monti”. Pier Luigi Bersani ha scelto un palcoscenico non casuale per duettare a distanza con il presidente del Consiglio e lanciare, di fronte al German Council on Foreign Relations di Berlino e di fronte al ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble, alcuni messaggi che saranno destinati a condizionare le prossime ore della campagna elettorale. Messaggio numero uno: cari amici tedeschi, non credete a chi vi racconta la favola della rimonta, la rimonta non esiste.

Leggi l'editoriale Il kit del Pd genera abbiocchi

    “Noi siamo prontissimi a collaborare con tutte le forze contro il leghismo, il berlusconismo, il populismo. E quindi certamente anche con Monti”. Pier Luigi Bersani ha scelto un palcoscenico non casuale per duettare a distanza con il presidente del Consiglio e lanciare, di fronte al German Council on Foreign Relations di Berlino e di fronte al ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble, alcuni messaggi che saranno destinati a condizionare le prossime ore della campagna elettorale. Messaggio numero uno: cari amici tedeschi, non credete a chi vi racconta la favola della rimonta, la rimonta non esiste, i sondaggi dicono che il centrodestra non ha possibilità di vincere e dato che fino a prova contraria il candidato favorito non si chiama Berlusconi ma si chiama Bersani potete stare tranquilli perché il mio centrosinistra considera il vostro paese non un nemico da combattere ma, semplicemente, il “nostro primo grande partner culturale, economico, politico”. Messaggio numero due: cari mercati, cari osservatori stranieri, non fatevi prendere dal panico, il centrosinistra è forte, il suo leader è autorevole, parla il vostro linguaggio, non ha intenzione di chiudersi nel suo recinto ma vuole anzi aprire la sua maggioranza anche alle forze più responsabili del centrodestra come il vostro amico Monti. Un messaggio nitido arrivato chiaro alle orecchie del presidente Monti: “Apprezzo ogni apertura e disponibilità da parte di Bersani”.

    Ecco: a meno di tre settimane dalla fine della campagna elettorale si può dire che quella di ieri è stata la prima vera occasione in cui il segretario del Pd ha mostrato le sue carte e spiegato senza ipocrisie che il percorso del centrosinistra e quello del centro di Monti – nonostante il parere di Nichi Vendola, che lunedì sera a Sky ha ribadito che mai e poi mai il centrosinistra si alleerà con il prof. – sarà destinato ad incontrarsi nel corso della prossima legislatura (come testimoniano tra l’altro alcuni piccoli indizi disseminati qua e là in giro per l’Italia: dal tentativo di Pd e montiani di trovare un candidato unico a Roma, all’accordo tra Pd e montiani in Trentino Alto Adige, dove è stata presentata una lista unica al Senato, fino al voto che alcuni montiani come la capolista alla Camera Ilaria Borletti e forse anche Pietro Ichino daranno in Lombardia al candidato del Pd, Umberto Ambrosoli). “Siamo disposti a collaborare nell’interesse dell’Italia con un centro europeista e costituzionale per mandare tutti i populismi per la prima volta all’opposizione – spiega al Foglio il consigliere politico di Bersani, Miguel Gotor – ma non a ogni costo, ovviamente, bisognerà entrare nel merito, soprattutto su questioni che riguardano l’equità, il lavoro e i diritti civili: questo per noi significa riformismo”.

    Quel segnale ai “nevrotici” del Pd
    Il patto tra “progressisti e moderati” in realtà non è una novità assoluta della campagna elettorale e in fondo è la stessa carta degli intenti del centrosinistra, quella firmata cioè da tutti i leader della coalizione, compreso Vendola, che certifica da tempo che dopo le elezioni i progressisti dovranno “cercare un terreno di collaborazione con le forze del centro liberale” e dovranno impegnarsi “a promuovere un accordo di legislatura con queste forze”. Il fatto però che Bersani abbia tenuto a ribadirlo ieri, in un contesto importante e a pochi giorni dalla convention torinese con i principali leader socialdemocratici europei (sabato prossimo), è il segno di una prova di forza che il candidato del centrosinistra ha scelto di offrire ai suoi elettori. “Pier Luigi – racconta un collaboratore di Bersani – voleva dare un segnale anche a chi aveva cominciato a credere nevroticamente alla rimonta. E il senso della sua uscita è quello di dire: ragazzi, chi dà le carte sono io, non fatevi ingannare dagli incantatori di serpenti”.
    Le parole di Bersani arrivano in effetti in una fase delicata per il centrosinistra in cui la storia della rimonta aveva cominciato a generare un’inconfessabile nevrosi che aveva portato un numero non indifferente di autorevoli esponenti del Pd a interrogarsi sulla bontà della strategia del “non carisma” scelta dal leader del centrosinistra. Bersani, in realtà, ha sempre mostrato fiducia nei propri mezzi e non ha mai creduto alla rimonta; ma negli ultimi giorni l’improvvisa debolezza percepita da una parte del centrosinistra aveva rimesso in cima all’agenda delle preoccupazioni del Pd un incubo che è dai tempi del governo Prodi che i progressisti cercano di esorcizzare: l’incubo della non autosufficienza, l’incubo di non riuscire a far diventare popolare la battaglia contro il populismo.
    Dunque, si è chiesto Bersani, come uscirne?

    Bersani, naturalmente, pur non credendo ai “miracoli di Berlusconi”, ha capito da giorni che la rotta andava corretta e per questo ha deciso di puntare forte per la sua campagna elettorale su alcuni ingredienti che alla fine potrebbero risultare decisivi nella sfida con Monti e con il Cav. Da un lato, appunto, la credibilità internazionale del segretario (che sabato a Torino riceverà un mezzo endorsement anche da parte di François Hollande). Dall’altro la volontà di aprire il “recinto” del centrosinistra affidandosi sempre di più al tandem con Matteo Renzi (che mercoledì sarà tutto il giorno in camper in Lombardia, dove sono previste cinque tappe ma al momento nessun comizio con Bersani) per allargare il bacino dei progressisti e tentare di non lasciare il centrosinistra inchiodato a un numero che storicamente non gli ha mai portato bene: quota 12 milioni. Il numero, è noto, si riferisce al bacino di elettori da decenni fedele alla sinistra (12 milioni furono i voti ottenuti nel 2008 dal Pd, 12 nel 2006 dall’Ulivo, nel 2001 da Ds e Margherita, nel 1996 dai progenitori dell’Unione e 12 milioni furono i voti ottenuti dal fronte delle sinistre dal 1976 in avanti) ed è un numero che secondo i calcoli del Pd corrisponde esattamente a quel 34 per cento di elettori che i sondaggi attribuiscono al centrosinistra di Vendola e Bersani. Quel numero significa che alle elezioni i progressisti riescono a fare quasi sempre il pieno di voti della sinistra ma non riescono quasi mai a sfondare negli altri due terzi dell’elettorato. Bersani sa che se il suo Pd viene percepito come una semplice filiale italiana del Pse rischia di non essere maggioritario e sa dunque che per vincere occorre andare oltre quella soglia, e il tandem con Renzi si spiega anche così.
    Renzi, Monti, l’Europa, la credibilità internazionale, la fiducia dei mercati. Cinque ingredienti nuovi della campagna elettorale di Bersani. Cinque elementi che, a guardar bene, da soli spiegano bene perché il centrosinistra alla favola della rimonta in fondo non ci crede neanche un po’.

    Leggi l'editoriale Il kit del Pd genera abbiocchi

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.