Il mistero buffo di Casaleggio nella videoinchiesta sui suoi comandamenti

Marianna Rizzini

La videoinchiesta su Gianroberto Casaleggio, guru cibernetico di Beppe Grillo, sta girando da due giorni per il Web, ha scalato le classifiche dei social network ed è stata proposta in tv ma ancora non è apparsa sui piccoli schermi. Si chiama “Le verità choc su Casaleggio, tutto quello che Grillo non dice”, e il suo autore, Antonio Amorosi, blogger e giornalista per Affaritaliani.it, ha esaminato da vicino le carte, cioè i bilanci della ex società di Casaleggio, la Webegg, anche fotografati nel video per evidenziare i “buchi di un milione e 932 mila euro nel 2001 e di quindici milioni 938mila euro nel 2002, su un fatturato di ventisei milioni di euro”.

    La videoinchiesta su Gianroberto Casaleggio, guru cibernetico di Beppe Grillo, sta girando da due giorni per il Web, ha scalato le classifiche dei social network ed è stata proposta in tv ma ancora non è apparsa sui piccoli schermi. Si chiama “Le verità choc su Casaleggio, tutto quello che Grillo non dice”, e il suo autore, Antonio Amorosi, blogger e giornalista per Affaritaliani.it, ha esaminato da vicino le carte, cioè i bilanci della ex società di Casaleggio, la Webegg, anche fotografati nel video per evidenziare i “buchi di un milione e 932 mila euro nel 2001 e di quindici milioni 938mila euro nel 2002, su un fatturato di ventisei milioni di euro”. E meno male “che Grillo definisce Casaleggio un ‘ottimo manager’”, dice Amorosi, che ha anche intervistato gli ex project manager del guru (uno compare fuor di anonimato: Mauro Cioni).

    Il risultato, dal punto di vista psicologico prima che politico, è illuminante: nel video si scopre, per esempio, che Casaleggio non è quello cupo, anzi. Il guru dai capelli frisé, infatti, per fidelizzare i giovani dipendenti, scelti con profilo psicologico sempre uguale – persone non esperte, da formare e motivare, un po’ come nel M5s – amava “fare il presentatore alla Pippo Baudo sul palco delle feste aziendali di fine anno, e pazienza se il suo eloquio assomigliava a quello di Giulio Tremonti”, dice Amorosi. Erano feste “hollywoodiane”, raccontano gli ex dipendenti, descrivendo un’apoteosi di tavoli, camerieri e comici invitati per l’occasione, da Luciana Littizzetto a Daniele Luttazzi ad Aldo, Giovanni e Giacomo – e chissà se già allora Casaleggio pensava a Grillo come “brand” per un business che ha alla base “il divertimento come forza creativa”, come recita la regola aurea dei suoi “dodici comandamenti”, scritti sui badge come sugli immancabili poster affissi dietro alle scrivanie. Si scopre anche, nel video, che il Casaleggio-manager non è poi così parsimonioso, non quanto ci si aspetterebbe dalla “seconda gamba” del movimento politico che punta alla riduzione di qualsiasi costo e chiede preventivamente ai suoi candidati di firmare una carta in cui si stabilisce che i soldi dei gruppi parlamentari per la comunicazione verranno gestiti da una società esterna (ancora ignota).

    Da manager della Webegg, Casaleggio, con il buco di bilancio alle porte, faceva costruire sale riunioni avveniristiche a forma di uovo, dove far provare l’ebbrezza del futuro a clienti e collaboratori, e non lesinava spese per i “ritiri” in monastero con onnipresente psicologo al seguito (i partecipanti erano suddivisi in “Dream team” con i dirigenti, in “Jason and the Argonauts team” con i giovani più promettenti e in “Absolute beginners” con le matricole).
    Il Casaleggio di ieri, quello che si aggirava per la Webegg con le tavole dei “comandamenti” (tra gli altri: no alla competizione interna, sì ai gruppi tematici, come nel M5s) e poi pagava albergo e charter privato alla squadra di calcio aziendale, con parenti e tifosi al seguito, per la trasferta della “Logica World cup” a Praga, sembra smentire il Casaleggio di oggi, messia ombroso che si rintana nel suo bosco in quel di Ivrea, per comparire in occasione di un’intervista al Guardian o di una passeggiata letteraria con Dario Fo. Il vero “mistero buffo” è lui, il Casaleggio che nella videoinchiesta illustra il comandamento “inventare continuamente il business” con lo spezzone di Totò che vende la Fontana di Trevi. “Guarda caso”, dice Amorosi, la filosofia non scritta del M5s sembra rifarsi al brano di “Tu sei rete”, libro di Davide Casaleggio, figlio e braccio destro di Gianroberto: “Una formica non deve sapere come funziona il formicaio, altrimenti tutte le formiche ambirebbero a ricoprire i ruoli migliori e meno faticosi, creando un problema di coordinamento”.

     

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.