Le ultime mosse di Benedetto

L'enciclica sulla fede resta nel cassetto (come pure lo spinoso dossier)

Paolo Rodari

Aria dimessa ieri a Palazzo Borromeo, sede dell’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede dove ventiquattro ore dopo l’annuncio della rinuncia di Benedetto XVI al papato si sono ritrovate le principali cariche dello stato e del Vaticano per il tradizionale anniversario dei Patti lateranensi. Mancava sostanzialmente solo il Papa, che però prima di dimettersi incontrerà ancora una volta in udienza privata il presidente Gorgio Napolitano. A conti fatti, si è trattato di un consesso di dimissionari: c’erano Mario Monti e gli altri esponenti del governo italiano, in carica per il disbrigo degli affari correnti, il cardinale Tarcisio Bertone e i vertici della curia romana che dal 28 febbraio non saranno più in carica, come previsto nella situazione di sede vacante.

    Aria dimessa ieri a Palazzo Borromeo, sede dell’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede dove ventiquattro ore dopo l’annuncio della rinuncia di Benedetto XVI al papato si sono ritrovate le principali cariche dello stato e del Vaticano per il tradizionale anniversario dei Patti lateranensi. Mancava sostanzialmente solo il Papa, che però prima di dimettersi incontrerà ancora una volta in udienza privata il presidente Giorgio Napolitano. A conti fatti, si è trattato di un consesso di dimissionari: c’erano Mario Monti e gli altri esponenti del governo italiano, in carica per il disbrigo degli affari correnti, il cardinale Tarcisio Bertone e i vertici della curia romana che dal 28 febbraio non saranno più in carica, come previsto nella situazione di sede vacante. Fra le autorità vaticane la domanda resta una: “Perché l’ha fatto?”. Nei conciliaboli i sussurri dicono di un Papa stanco, ma anche da troppo tempo non supportato a dovere dai suoi principali collaboratori. Il suo gesto è stata un’ultima potente azione di governo che ha messo fine a una curia romana sulla quale dovrà lavorare, con rinnovate energie, il suo successore. Nelle mani del 266esimo successore al soglio di Pietro, infatti, arriverà anche il dossier su Vatileaks che i tre cardinali Julián Herranz, Jozef Tomko e Salvatore De Giorgi hanno redatto sotto segreto pontificio. Spetterà ora al successore di Ratzinger aprire il cassetto che nell’appartamento papale custodisce il dossier e conoscere così i nomi dei traditori interni e agire, se lo riterrà, di conseguenza. Non a caso ieri è stato l’Osservatore Romano a scrivere che il passo “controcorrente” delle dimissioni del Papa, una “uscita di scena di sconcertante dignità e naturalezza, cambierà molte cose” all’interno della chiesa.

    Benedetto XVI ha preso la decisione delle dimissioni da solo. Come da solo ha deciso di non rendere pubblica, almeno per il momento, la sua enciclica sulla fede. Padre Federico Lombardi, portavoce papale, conferma che un testo effettivamente esiste, ma “la sua elaborazione è ancora in una fase preparatoria” e, dunque, “non verrà pubblicata entro fine mese” come invece in molti pensavano. Nulla toglie, ovviamente, che nel corso del suo imminente ritiro a Castel Gandolfo, dove rimarrà fino all’elezione del nuovo Papa, e successivamente nel tempo in cui abiterà nel monastero appositamente ristrutturato all’interno del Vaticano, egli non finisca il testo e non lo pubblichi come sua personale riflessione, a conti fatti una sorta di testamento. Il Papa è “lucido” e “tranquillo”, dice Lombardi. A conferma che la decisione di lasciare non è stata improvvisata. Lombardi dice di non prendere alla lettera le parole dell’Osservatore che parlano di una decisione presa a marzo. “E’ stato un cammino”. Di certo un cammino che era già chiaro quando il Papa ha promosso il suo segretario particolare Georg Gänswein. Nuovo prefetto della Casa pontificia, toccherà a lui introdurre il nuovo Pontefice nei gangli del governo della curia. Lascerà per questo nel tempo l’incarico di segretario particolare di Ratzinger.

    L’ultimo messaggio al clero di Roma
    Se non uscirà l’enciclica, non è detto che di qui al 28 egli non metta in campo altre azioni significative, come ad esempio qualche ultima nomina importante. “Fino al 28 febbraio Benedetto XVI è il nostro Papa”, dice Lombardi, sottolineando il fatto che da lui ci si può aspettare ancora qualche colpo significativo. Intanto sono confermate le visite “ad limina” in calendario fino al 28, le visite dei presidenti di Romania e del Guatemala, e un incontro con un gruppo di vescovi italiani. Parole a loro modo storiche il Papa potrebbe consegnarle in uno dei suoi ultimi appuntamenti pubblici: l’incontro di giovedì mattina con il clero romano, una “conversazione” in cui – dice Lombardi – il Papa parlerà “in modo libero e spontaneo, non leggerà un discorso”. Gli appunti riservati dicono di parole dedicate alla sua esperienza al Concilio Vaticano II. Dopo gli ultimi discorsi pubblici Ratzinger tornerà allo studio e alle letture. Fra queste, secondo Elio Guerriero, storico direttore della rivista Communio fondata da Ratzinger e da Hans Urs von Balthasar, c’è il versetto del Vangelo di Giovanni che recita così: “Quando sarai vecchio tenderai le tue mani e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi”. E’ un versetto, sottolinea Guerriero, che è “una chiave per comprendere il suo pontificato e la decisione di lasciare il suo incarico prima del compimento naturale della vita. D’altro canto già da cardinale Ratzinger aveva sottolineato con forza la sua visione del papato come servizio testimoniale e, dopo l’elezione a Pontefice aveva insistito nel voler definire il suo incarico come servizio all’unità nella chiesa”.