Per gli esperti l'alleanza Pd-Monti sul lavoro è tecnicamente impossibile

Alberto Brambilla

L’allenza postelettorale tra Partito democratico e Lista civica di Monti dovrà passare per la riforma dell’ingessato mercato del lavoro italiano: è la condizione dettata domenica dal presidente del Consiglio. Il Pd, pubblicamente, si dice “infastidito” da questo aut aut. Ma al di là delle schermaglie elettorali, sul tema sono effettivamente pochi i punti di convergenza tra coalizione centrista e coalizione di sinistra. Monti infatti ha più affinità, in particolare sulle necessarie iniezioni di “flessibilità”, con il Pdl di Silvio Berlusconi.

Leggi Perché le élite italiane temono la “meritocrazia elettiva” di Monti di Marco Valerio Lo Prete - Leggi Ecco perché i montiani puntano forte sul lavoro nella trattativa con il Pd

    L’allenza postelettorale tra Partito democratico e Lista civica di Monti dovrà passare per la riforma dell’ingessato mercato del lavoro italiano: è la condizione dettata domenica dal presidente del Consiglio. Il Pd, pubblicamente, si dice “infastidito” da questo aut aut. Ma al di là delle schermaglie elettorali, sul tema sono effettivamente pochi i punti di convergenza tra coalizione centrista e coalizione di sinistra. Monti infatti ha più affinità, in particolare sulle necessarie iniezioni di “flessibilità”, con il Pdl di Silvio Berlusconi. E’ questa una delle conclusioni del rapporto dell’associazione Adapt, centro studi fondato dal giuslavorista Marco Biagi nel 2000 e presieduto da Emmanuele Massagli, che  verrà pubblicato oggi su www.bollettinoadapt.it e che il Foglio ha letto. Nelle ultime due settimane, venti ricercatori di Adapt e dell’Università di Bergamo hanno analizzato i programmi elettorali dei principali partiti (tra cui Pd, Pdl, Lista civica di Monti, Sel, Movimento 5 Stelle), integrandoli con le dichiarazioni dei leader, per capire quali sono le priorità delle forze politiche.

    Pd, Pdl, e Lista civica di Monti partono da problemi comuni (disoccupazione elevata, lavoro come priorità, esclusione di giovani e donne dal mercato del lavoro) ma indicano soluzioni diverse per risolverli. Dice Massagli: “Il Pd ha riaffermato come modello contrattuale prevalente il tempo indeterminato a scapito delle forme contrattuali flessibili secondo l’equazione: ‘più flessibilità’ uguale ‘più senso di instabilità’ uguale ‘più precarietà’ uguale ‘meno produttività’”. In sostanza, il partito di Pier Luigi Bersani tende a incoraggiare le stabilizzazioni dei dipendenti incentivando le assunzioni per un lungo periodo e il contratto unico a livello nazionale. Impostazione che risentirebbe dell’assenza del professore Pietro Ichino, giuslavorista passato nello schieramento con Monti dopo quattro anni come senatore Pd. Perciò la visione del partito di Bersani “non è del tutto stemperata – dice Massagli – dall’acquisto di personalità più riformiste come Carlo Dell’Aringa (economista), Giorgio Santini (ex Cisl) o Giampaolo Galli (ex Confindustria). Il Pd si è rispostato verso posizioni vicine a quelle della Cgil, dunque nel programma si vede la mano del responsabile Economia, Stefano Fassina”. L’assunto di fondo del Pd (‘flessibilità’ uguale ‘meno produttività’) non è contemplato invece né dal Pdl né dalla Lista Monti. Quest’ultima si rifà al filone europeista, d’ispirazione scandinava, con un programma volto a incentivare l’occupazione giovanile e influenzato dalle ricette di Ichino in cui non si rintraccia più l’idea del contratto unico. Rimane invece ferma per Monti la semplificazione normativa (meno regole e adattabili alle esigenze delle imprese), e l’idea di un contratto a tempo indeterminato a tutele economiche decrescenti con l’allungarsi del rapporto di lavoro, ma con la possibilità che si realizzi attraverso l’uso di contratti aziendali e territoriali anche in deroga alla legge. Ovvero ricorrendo all’articolo 8 di un decreto del 2011 approvato dal governo Berlusconi. “Monti riesce a stare nel mezzo, seppure spostato a destra. Fa proprie alcune idee del centrosinistra, come il tempo indeterminato, e le mitiga però con la contrattazione di prossimità e la semplificazione normativa proprie del centrodestra”, dice Massagli. Sia Monti sia il Pdl condividono peraltro l’obiettivo di un mercato flessibile in entrata, ovvero nelle modalità di assunzione dei lavoratori: è la congiuntura economica negativa a consigliarlo, e poi la flessibilità non è secondo loro il “frutto della deriva mercatista” della politica, come sembra ritenere il Pd. La soluzione di Monti è la “flexsecurity”, quella del Pdl è la “responsabilizzazione delle parti sociali” con interventi normativi contenuti ma che diano la possibilità a sindacati e imprese di adattare la normativa alle necessità territoriali e di settore. Ciò contribuisce, secondo Massagli, a fare del programma del Pdl quello “più pragmatico”, oltre al fatto che si concentra più degli altri sull’importanza di “collegare la formazione professionale dei giovani al loro ingresso nel mercato del lavoro”.

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    • Alberto Brambilla
    • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.