L'identità italiana che si costruisce a tavola

Maurizio Stefanini

Ogni tanto si sente ripetere che sono gli spaghetti la vera icona dell’unità nazionale italiana. Altri dicono invece che proprio l’accentuato localismo della nostra gastronomia testimonia della sua sostanziale disunità. Appunto attorno a questo problema si costruisce “Verso il 2015. Culturacibo. Un’identità italiana”: mostra in corso al Vittoriano dal 13 febbraio al 7 aprile, che si propone di preparare i visitatori a “Milano 2015 Nutrire il pianeta Energia per la vita”, in programma per l’Expo 2015.

    Ogni tanto si sente ripetere che sono gli spaghetti la vera icona dell’unità nazionale italiana. Altri dicono invece che proprio l’accentuato localismo della nostra gastronomia testimonia della sua sostanziale disunità. Appunto attorno a questo problema si costruisce “Verso il 2015. Culturacibo. Un’identità italiana”: mostra in corso al Vittoriano dal 13 febbraio al 7 aprile, che si propone di preparare i visitatori a “Milano 2015 Nutrire il pianeta Energia per la vita”, in programma per l’Expo 2015. Docente di Storia medievale e Storia dell’alimentazione a Bologna, il curatore della mostra Massimo Montanari è uno dei massimi esperti italiani del tema, autore di varie pregevoli antologie di documenti storici e letterari sulla storia del cibo. È lui a spiegare che, prima ancora di essere uno Stato unificato e diversamente dall’idea di Metternich sull’”espressione geografica”, l’Italia prese forma nel corso dei secoli come un”espressione culturale”, di cui la cucina era una componente altrettanto essenziale della lingua codificata da Dante, Petrarca e Boccaccio. 

    E così come la lingua letteraria interloquiva con i dialetti, anche la cucina di corte interloquiva con quelle di contadini e pescatori, rimettendo tutto in circolo. Come Alessandro Manzoni quando diede alla nazione la sua lingua, così anche Pellegrino Artusi quando scrisse il famoso ricettario che segnò l’unità alimentare del Paese poté lavorare su un materiale da lungo preparato. Sia il parlare che il mangiare ebbero poi un’ulteriore momento di unificazione con le grandi esperienze di massa del XX secolo, a partire dalla Prima Guerra Mondiale, in cui i soldati in trincea provenienti dalla diverse regioni impararono non solo a comunicare tra di loro, ma anche a condividere lo stesso rancio. Peculiare è poi l’esperienza degli emigranti, che in nome del ricordo finirono per inventare tradizioni in realtà nuove: dagli spaghetti alla bolognese nord-americani, che usavano un condimento in realtà in origine riservato alle tagliatelle; alla milanese napoletana degli italo-argentini, cotoletta panata nel condimento della pizza. Documenti, antichi manoscritti, reperti archeologici, incisioni, disegni, manifesti, libri, ricettari, fotografie, cartoline, filmati e allestimenti, dunque, per ricostruire l’emergere di un’identità a partire da una rete di scambio e di condivisione, un “linguaggio comune” fatto di saperi, pratiche, abitudini e gusti che ha tenuto insieme territori geograficamente e storicamente diversi eppure riconoscibili, e senz’altro riconosciuti, all’interno e al di fuori dell’Italia, come parti di un unico Paese.

    Il percorso espositivo parte dal Territorio. L’Italia ha infatti una geografia estremamente complessa, fatta di micro-ambienti e micro-climi che cambiano nel giro di pochi chilometri. Altrettanto complessa è la sua storia, che ha visto incrociarsi e sovrapporsi tanti popoli, tante dominazioni, tante culture. Tutto ciò non è avvenuto senza drammi, conflitti, contrasti. Ma sul piano culturale ha arricchito il paese di una varietà produttiva e culturale senza pari. Seconda sezione è allora quella del Mercato. L’incredibile varietà del paesaggio italiano e delle realtà produttive a cui esso ha dato origine non è infatti mai stata una realtà autoreferenziale, ma si è definita attraverso lo scambio. La circolazione dei prodotti sui mercati rurali e cittadini ha diffuso la loro conoscenza al di là dei luoghi d’origine; quella degli uomini ha contribuito a diffondere gusti e pratiche alimentari; quella dei saperi, attraverso gli scritti, le parole e i gesti, ha diffuso idee, gusti, modi di fare. In questo modo si è creata, a poco a poco, una cultura italiana del cibo. Terza sezione, la Cucina. Trasformare i prodotti in un cibo da mangiare è infatti un’operazione che ogni società definisce secondo scelte e modalità proprie, e nche in questo caso, la vivacità della cultura italiana trae alimento dalla frammentazione geografica e storica del paese. Infine, quarta sezione, la Tavola. È il momento in cui le relazioni tra gli individui, e i loro ruoli all’interno del gruppo, trovano il massimo di espressione. La tavola, immagine della società, è il luogo privilegiato per manifestare e “raccontare” queste relazioni e questi ruoli. Il cibo, ormai definito nei suoi aspetti nutrizionali, gastronomici, dietetici, si fa vero linguaggio, strumento efficace di comunicazione. La tavola è “apparecchiata” come un teatro, definisce la comunità e le sue gerarchie, le appartenenze e le estraneità, le amicizie e le inimicizie.