Film già visti

Finmeccanica, Saipem, Mps. Il circuito mediatico-giudiziario si è rimesso in moto

Enrico Cisnetto

Non così, non per la seconda volta. Il nostro capitalismo, e più in generale la classe dirigente italica, hanno un disperato bisogno di sottoporsi a dialisi. Ma se al posto del mercato, del merito e, quando le tocca, della politica, c’è la magistratura o, peggio, il cosiddetto circuito mediatico-giudiziario, a fare da selettore, allora il ricambio che viene imposto non genera nulla di buono, anzi. E’ un film che abbiamo già visto vent’anni fa, quando con Tangentopoli non solo cadde la Prima Repubblica ma, con gli arresti a raffica di imprenditori e manager, s’innescò un processo di cambiamento degli equilibri tra i grandi gruppi e dentro le aziende.

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    Non così, non per la seconda volta. Il nostro capitalismo, e più in generale la classe dirigente italica, hanno un disperato bisogno di sottoporsi a dialisi. Ma se al posto del mercato, del merito e, quando le tocca, della politica, c’è la magistratura o, peggio, il cosiddetto circuito mediatico-giudiziario, a fare da selettore, allora il ricambio che viene imposto non genera nulla di buono, anzi. E’ un film che abbiamo già visto vent’anni fa, quando con Tangentopoli non solo cadde la Prima Repubblica ma, con gli arresti a raffica di imprenditori e manager, s’innescò un processo di cambiamento degli equilibri tra i grandi gruppi e dentro le aziende. Non è stato un bel film. E, soprattutto, non ha affatto migliorato – sia sotto il profilo etico che quello della dimensione e della crescita – il nostro apparato produttivo e più in generale il nostro sistema economico. Ora la storia si ripete. Casi eclatanti, da Mps a Finmeccanica passando per Saipem. Casi estremi, come quello dell’Ilva. E vicende minori: per esempio, gli arresti di Cellino e Rizzoli, tanto per citare solo il mattinale di ieri. Con l’aggravante, rispetto al 1992-’94, che nel frattempo l’Italia ha vissuto una lunga fase depressiva, prima di rallentamento dell’economia, poi di crescita zero e quindi, negli ultimi cinque anni, di pesante recessione (sette punti e mezzo di pil bruciati) che proietta la sua ombra sinistra anche sul 2013 (parte già da -1 per cento). Quindi, una nuova stagione di scandali e manette, in una situazione come questa, non può che diventare un micidiale moltiplicatore della crisi, con conseguenze devastanti.

    Prendiamo il caso Finmeccanica. Da mesi circolavano voci su imminenti provvedimenti giudiziari per i vertici, relativi a un reato, la corruzione internazionale, che così com’è è destinato a impedire alle nostre aziende di lavorare quasi ovunque nel mondo. Ma il tema era un altro: appariva fin troppo chiaro che quei vertici, al netto dei problemi giudiziari, erano inadeguati al compito di guidare quel gruppo complesso che è Finmeccanica, come dimostrano – ed è solo una fra le tante ragioni – i maldestri tentativi di (s)vendere le varie Ansaldo. Ce n’era abbastanza perché Palazzo Chigi e il Tesoro decidessero un bel ricambio, magari già ai tempi dell’uscita di Guarguaglini. Ma così non è stato. La politica – anzi, un governo “tecnico”, il che è tutto dire – ha abdicato, lasciando che a decidere fosse la magistratura, e ora Finmeccanica è ridotta a una larva, esposta al rischio che qualche avvoltoio se la porti via.

    Follia italica. Come quella che ha spinto taluni a “sparare” la notizia che Paolo Scaroni è indagato e a chiedersi perché non si dimetta. Ora, io non so se siano state pagate tangenti da Saipem per avere commesse in Algeria, e se il vertice dell’Eni ne fosse al corrente. Ma due cose sono certe. Primo: i dirigenti della Saipem sono stati prontamente rimossi dopo che si sono aperte le indagini, in piena collaborazione con la magistratura. Secondo: non possono essere confuse le commissioni che all’estero normalmente si pagano per poter ottenere commesse e fare forniture, con tangenti nazionali. Tutto il mondo agisce in questo modo e altrove non c’è magistrato che contesti questa prassi. I magistrati devono fare luce, ci mancherebbe altro, ma bisogna assolutamente fermare questo voler mettere tutto e tutti nel tritacarne, a solo vantaggio degli interessi altrui.

    Il Monte dei Paschi e il vuoto politico
    Non meno autolesionista mi sembra il clima che si è creato intorno alla vicenda Mps. Le indagini fatte a livello mediatico, dove le ipotesi di reato diventano già sentenze passate in giudicato, hanno generato un polverone che finisce per danneggiare la banca, i suoi azionisti e correntisti e in generale il sistema bancario ed economico, impedendo di distinguere, per esempio, le responsabilità e le condizioni della banca di ieri da quelle di oggi. Danno che diventa nazionale quando nel mirino finiscono Draghi e la Banca d’Italia. Ma nessuno – tranne il capo dello stato – ha alzato un dito per porre un freno a questa deriva. Avete forse trovato traccia delle parole spese da Ignazio Visco sabato scorso al Forex, quando ha chiesto che alle Autorità di vigilanza vengano incrementati i poteri di sanzione nei confronti dei vertici delle banche? Il governatore ha sollecitato un cambiamento normativo: qualcuno gli ha risposto? Nello stesso tempo Visco ha chiesto che si “controllino scrupolosamente notizie e supposizioni” perché “ipotesi e giudizi incontrollati, a volte infondati e temerari, possono provocare danni gravi”: neppure uno straccio di condivisione, il tiro alla banca è continuato come quello al piccione.
    Il fatto è che c’è un enorme vuoto politico. E più passano i giorni, e più cresce la sensazione che le elezioni non lo colmeranno, anzi. Che sia questo il nocciolo della questione?

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