Il buono e il cattivo
Che cosa manca a Mazzarri per essere un grande allenatore
Il segreto, a Catania, è dare una possibilità a tutti. L'ultimo della serie è Rolando Maran, abile a realizzare l'inimmaginabile al suo esordio in serie A: portare il Catania non soltanto alla supremazia regionale (favorito in questo da un Palermo derelitto come non mai) ma addirittura tra le grandi del campionato. Se Maran è l'ultimo della serie, Walter Mazzarri è stato il primo degli allenatori lanciati da Pulvirenti. Un tecnico che ha saputo costruire passo dopo passo una carriera esemplare.
Il segreto, a Catania, è dare una possibilità a tutti. Non si guarda al passato, si ragiona sul futuro. Come è stato al momento di progettare e creare il centro sportivo di Torre del Grifo, un unicum non solo nel disastrato meridione sportivo d'Italia. Così avviene ogni volta in cui si deve cambiare un allenatore. Non si giudica quanto ha fatto, si preferisce intuire quanto potrà fare. La lista della spesa del presidente Nino Pulvirenti è lunga: da Pasquale Marino a Sinisa Mihajlovic, da Diego Simeone a Vincenzo Montella. Gente cui si concede un'opportunità, ben sapendo che poi arriverà qualcuno con un po' di soldini in più a portartelo via. Ultimo l'ex Aeroplanino, atterrato a Firenze dopo aver mostrato ottimo calcio sull'isola. Tutti a stracciarsi le vesti, convinti che nulla sarebbe stato più che prima. Tutti a innestare frettolosamente la retromarcia di fronte a Rolando Maran, abile a realizzare l'inimmaginabile al suo esordio in serie A: portare il Catania non soltanto alla supremazia regionale (favorito in questo da un Palermo derelitto come non mai) ma addirittura tra le grandi del campionato. E con vista Europa. Quell'Europa conosciuta di sfuggita mezzo secolo fa, in manifestazioni con nomi da nostalgia canaglia (Coppa delle Alpi e/o Coppa dell'Amicizia) oggi consegnate all'archivio della memoria. Stavolta non è così, perché – per quanto snobbata dalle nostri parti – l'Europa League è roba vera, da cominciare a crederci quando la salvezza appare giusto una formalità. Per merito di un allenatore che la sua scommessa la sta vincendo sulla soglia dei 50 anni, dopo una carriera fatta più di esoneri e rescissioni che di successi. Ma con una solidità di fondo che ha sempre tenuto lontano lo scoramento, anche in situazioni assurde. Come quando Gino Corioni lo caccia da Brescia dopo una vittoria, per assumere Zdenek Zeman: il presidente inseguiva la promozione diretta, si ritrovò fuori anche dai playoff... Neppure in quell'occasione Maran aveva saputo (o voluto) marciare polemico, non fa parte del suo essere. Non si abbatte e non si esalta, lavora e perfeziona. Come la scorsa stagione a Varese, come oggi a Catania: stessi uomini, atteggiamento differente. E la voglia di imporre il proprio gioco ovunque, in forza di un collettivo che ricorda quello del Chievo, dove il tecnico contribuì a lungo da difensore nel gettare le basi di un miracolo divenuto concreta realtà.
Se Maran è l'ultimo della serie, Walter Mazzarri è stato il primo degli allenatori lanciati da Pulvirenti: ad Acireale, ancor prima di acquistare il Catania. Un tecnico che ha saputo costruire passo dopo passo una carriera esemplare: dalla storica promozione a Livorno alla insperata salvezza con la Reggina gravata da una penalizzazione di undici punti, da una Sampdoria guidata alla finale di Coppa Italia a un Napoli riportato tra le grandi, in Italia come in Europa. Con la sensazione, però, che manchi sempre un tassello per trasformare l'esperienza personale da esemplare in gloriosa. Un particolare quest'anno evidente come non mai, nonostante una squadra allestita per lottare su due fronti e la consapevolezza di avere in Edinson Cavani un fuoriclasse unico. Ma quando l'uruguaiano si spegne, tutto il Napoli ne risente, senza che la mano di chi sta in panchina trovi alternative adeguate. E il desiderio di mettersi dietro la Juventus rimane una pia intenzione, passando da un'occasione mancata all'altra, come nell'ultimo turno. Allora restano i fischi – comunque ingenerosi – di un pubblico che vorrebbe le avversarie alle proprie spalle, una in fila all'altra. E restano le scuse di Mazzarri, pronto come il John Belushi dei Blues Brothers a elencare fattori esterni per giustificare mancanze proprie. Ciò che impedisce a un eccellente allenatore di diventare un grande allenatore.
Il Foglio sportivo - in corpore sano