Il castigamatti
Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere”: l’aforisma di Wittgenstein campeggia in alto a destra sulla prima pagina del sito di Michele Boldrin, economista, liberista, professore alla Washington University in St. Louis, padre, con altri colleghi, del blog collettivo NoisefromAmerika, americano d’adozione, italiano di ritorno e a tempo, antitremontiano sfegatato (è coautore del libro “Giulio Tremonti, istruzioni per il disuso”), antigrillino nei contenuti, grillesco nei modi, spagnolo per lavoro a Madrid (all’Università Carlos III e poi alla fondazione Fedea) e spagnolo per diletto a Palma di Maiorca, dove possiede una casa meravigliosa che cozza contro l’animo montanaro del padovano Boldrin, uno che per gli amici “è prima di tutto uno scalatore provetto e uno sciatore imperfetto”.
"Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere”: l’aforisma di Wittgenstein campeggia in alto a destra sulla prima pagina del sito di Michele Boldrin, economista, liberista, professore alla Washington University in St. Louis, padre, con altri colleghi, del blog collettivo NoisefromAmerika, americano d’adozione, italiano di ritorno e a tempo (per la campagna di “Fare per Fermare il declino”, il movimento di Oscar Giannino di cui è cofondatore), antitremontiano sfegatato (è coautore del libro “Giulio Tremonti, istruzioni per il disuso”), antigrillino nei contenuti, grillesco nei modi, spagnolo per lavoro a Madrid (all’Università Carlos III e poi alla fondazione Fedea) e spagnolo per diletto a Palma di Maiorca, dove possiede una casa meravigliosa che cozza contro l’animo montanaro del padovano Boldrin, uno che per gli amici “è prima di tutto uno scalatore provetto e uno sciatore imperfetto”. Per Boldrin, invece, Boldrin è ancora il ragazzino “cresciuto in campagna” (circola una sua foto in mezzo ai campi, con un cappello che pare uno scolapasta), e il compagno di quelli “della V M”, liceo Giordano Bruno di Mestre (tutti ancora colleghi di scorribande per baite). Boldrin, secondo Boldrin, è l’ex giovane impegnato in politica in una sinistra sospesa tra Fgci e sogni gruppettari, uno che con lo studio “ha cambiato idea”, un laureato che, “invece di portare borse al barone di turno”, come ha scritto sul sito di Fare, a inizio anni Ottanta è andato a studiare negli Stati Uniti – ed erano giorni di traslochi continui, amori importanti, incontri tra cervelli in fuga tra Pennsylvania e Minnesota, cene nei diners e visioni sempre più sfocate dell’Italia lontana (“si affievoliranno alcune reti, si romperanno dei meccanismi clientelari, con il tempo, no?”, si chiedeva allora il suo amico e collega Sandro Brusco, come Boldrin professore in America e come Boldrin animatore di NoisefromAmerika, ora candidato per Fare. “Peccato che poi”, dice Brusco, “ci siamo tutti ritrovati a guardare l’Italia e a pensare a quant’è lunga la memoria della politica”).
Più delle definizioni che di volta in volta vengono affiancate al nome di Michele Boldrin – professore, economista, cofondatore – è l’aforisma di Wittgenstein, l’implicito dover tacere di ciò di cui non si può parlare, a fotografare la Weltanschauung del Boldrin dei nostri giorni, quello che ai dibattiti televisivi si siede senza mai davvero accomodarsi, e poi trasecola e sbuffa e alza gli occhi e scuote la testa e la scapigliatura (chioma brizzolata e lunga ai lati) e si rinserra nella giacca demodé, da cronista scomodo in “Tutti gli uomini del Presidente”, bilanciata altresì da un modernissimo orecchino. Nel complesso il suo look “e i suoi modi bruschi da Depardieu prima della fase Putin”, come dice un conoscente, “riscuotono l’ammirazione delle attiviste del movimento, quelle che non prediligono la tendenza ‘Luigi Zingales’”, l’altro super professore e polemista di Fare. Fatto sta che Boldrin, a differenza del più controllato Zingales, in tv è inarrestabile persino da fermo, quando si agita sulla poltrona come volesse alzarsi e dire all’interlocutore “sei un cretino”. D’altronde lo dice anche a chi, sui blog o agli incontri pre-elettorali, gli si avvicini con eloquio da esperto e qualche incrostazione sui temi economici – ma spesso è solo un modo per rompere il ghiaccio, poi parte la discussione sui massimi sistemi, ci si manda allegramente a quel paese e si può pure diventare amici “alla maniera americana”. Il Boldrin d’oltreoceano, infatti, quello abituato ai conduttori ruvidi e agli ospiti sotto torchio che sparano la cartuccia imprevista, scalpita e sogna dibattiti “fattuali e senza rete” (quelli che da mesi propone a Beppe Grillo, incrociato un giorno per caso davanti al Monte Paschi, tutti e due infreddoliti ma accalorati – solo che Grillo era poco incline al botta e risposta in pubblico col professore).
Non si capacita dell’esistenza in natura di quelli che chiama “i racconta-balle”, Boldrin, campione dello scontro per direttissima con avversari trasversalmente collocati lungo tutto lo schieramento politico, cosa che gli procura immensa ed evidente soddisfazione. Ci sono passati Alessandro Sallusti (il quale alla fine, dopo un accenno di Boldrin a fantomatici soldi “illeciti” in area Cav., è sbottato: “Ma lei è un economista americano o un cialtrone italiano?”), Renato Soru (il quale, sentendosi accusato di essere “casta”, alla fine, profetico, ha detto: “Perché ci insulta? Perché allora non fa politica?), Roberto Cota (pizzicato da Boldrin sul tema “sistema sanitario americano”), don Gallo (“complotto di chi?, di che cosa?”, diceva Boldrin al prete di strada che faceva il dietrologo), Gianluigi Paragone (con Paragone che accusava Boldrin di essere “infastidito dalla democrazia”), Roberto Castelli (“Alitalia vergogna mondiale”, diceva Boldrin; “Ma dove l’avete preso questo qui?”, diceva Castelli). Con Stefano Fassina, invece, ormai è ritornello (“mi domando dove viva questo signore”, dice sempre Boldrin a proposito del responsabile economico del Pd, anche quando non è in studio). Ultima dei bersagli in ordine di tempo è Loretta Napoleoni, conferenziera del giro equo e solidale e autrice di libri come “Maonomics”, “I numeri del terrore”, “La morsa”, “Economia canaglia”, “Democrazia vendesi”, adorati dai grillini e dai sostenitori della teoria del complotto per quelle pagine in cui si sostiene che il terrorismo islamico è poco più di un’invenzione, la finanza islamica non è poi così male, gli americani sono i soliti cattivi, la tragedia è la penuria di idrocarburi e la Cina è il vero Eldorado, al punto che la parola “occidentale” quasi quasi diventa un’offesa. Capita dunque che Boldrin, di fronte a Loretta Napoleoni, traduca in fatti il “si taccia di ciò di cui non si può parlare”, e a “Piazzapulita” non riesca più a tenersi davanti all’interlocutrice che parla di svalutazione della lira (subito corretta nei numeri da Boldrin) e di uscita dall’euro (Napoleoni favorevolissima, Boldrin contrarissimo) e poi di “infinita solitudine” nel mondo e “reddito di cittadinanza” in Spagna (voleva dire sussidio di disoccupazione?, si chiedeva sornione Boldrin). E quando Napoleoni si definiva “consulente” di Zapatero, Boldrin sibilava un “davvero? io non l’ho mai vista”, alludendo a quando, da professore e poi da coordinatore di Fedea, in Spagna incontrava sia Zapatero sia Mariano Rajoy. Già piccata per i riferimenti iberici, l’autrice di “Democrazia vendesi” si è più che mai adirata quando Boldrin, imperturbabile, ha detto: “Lei non è un’economista”. “Lei è un cafone”, ha risposto; “si sa che Boldrin è un po’ intemperante…”, ha smitizzato il conduttore Corrado Formigli. Ma ogni tentativo di alleggerimento andava a infrangersi contro la sequela di tweet che il giorno dopo Loretta Napoleoni consegnava alla Rete: “Le donne che pensano di votare ‘Fermare il Declino’ dovrebbero riflettere sul maschilismo di personaggi come Boldrin”; “il maschilismo che si attribuisce a Berlusconi è nulla in confronto ai tentativi di stupro intellettuale del branco di omiciattoli italioti”; “mi vergogno come italiana di quanto successo ieri sera”; “sono una libera intellettuale che dice ciò che pensa e quindi il branco mi deve attaccare e sottomettere”; “nello stupro di gruppo gli uomini si incitano a vicenda e si gasano l’uno con l’altro, dietro Boldrin c’erano alcuni suoi scagnozzi compagni di partito che lo incitavano a insultarmi e denigrarmi… il branco dei neoliberisti italiani mi dà la caccia”. Boldrin, interpellato sull’episodio da Lettera43, ha risposto che dietro di lui, in trasmissione, c’erano soltanto sua moglie e un’amica della moglie. Risultato: ogni giorno i cultori della materia cercano sui social network la nuova puntata dello scontro Boldrin-Napoleoni, con cospiratori vari che fungono da coro greco: su segnalazione di un internauta, Napoleoni si era convinta che Boldrin non insegnasse più alla Washington University di St. Louis “dal giugno 2012” – peccato che il professore sia in anno sabbatico. I fan ricordano ai detrattori i meriti accademici di Boldrin: è uno dei maggiori esperti di copyright, autore del saggio “Abolire la proprietà intellettuale”, scritto con il guru della materia David K. Levine; è un grandissimo esperto di econometria; ha insegnato alla Ucla come all’Università di Chicago. I detrattori vanno (invano) in cerca di qualche remoto “conflitto di interesse”, ritwittati incessantemente da Loretta Napoleoni.
Boldrin, intanto, ha tutta l’aria di divertirsi come un pazzo. Forse è l’anno sabbatico, forse è, come ha detto, per il bene del paese, forse è l’antico richiamo della politica fatta al liceo, forse sono le tavolate con i compagni al nord (si narrano le gesta di alcuni candidati di Fare bloccati dalla neve in Emilia) o le riunioni ovunque, persino in conference-call mentre il Boldrin alpinista è in parete. Gira e fa flash mob, Boldrin, va sotto la Rai con un camion pieno di carabattole e vecchi elettrodomestici, a manifestare contro “l’ipocrisia del canone” (“in futuro sarà tassato anche il frigorifero per finanziare la televisione pubblica?”, si chiedeva), e scruta le piazze grilline per confrontarle con quelle solcate da Giannino (non è raro che dica: anche quelle di Giannino sono pienissime, però voi non lo dite – lì per lì pare Grillo contro la stampa canaglia, solo che poi dice: scrivete quello che vi pare, non querelo, non ho tempo).
Da luogotenenti di Fare, Giannino e Boldrin, entrambi personaggi eccentrici e assertivi, hanno creato un po’ di scompiglio iniziale tra i seguaci che, dice un insider, “si sono a un certo punto trovati sull’orlo di una divisione fatale tra gianniniani e boldriniani, specie sul tema delle primarie interne e delle alleanze, all’incrocio tra Mario Monti, Confindustria e ItaliaFutura”. Poi la cosa è rientrata, ma non senza lasciare tracce sotterranee nel piccolo universo liberista dove per offendersi ci si dà di “keynesiani” e dove si discute su Facebook, fino a tarda sera, di “ordoliberisti” e altre cose incomprensibili al profano lettore occasionale. Lì, tra le righe, qualcuno contesta Boldrin anche nel merito, e nonostante la stima. Boldrin a volte esagera nei toni sui social network: qualcuno ricorda “uno scazzo imperiale” con Mario Sechi; altri citano il “riflesso pavloviano” con cui si scontra a brutto muso con economisti non keynesiani ma in disaccordo con la sua visione di austerità espansiva, “trattandoli come fossero Stefano Fassina o Emiliano Brancaccio”, economista di impostazione neomarxista. Proprio la medesima fede nell’austerity espansiva, poi, ha dato il via, dice un esperto, “a un lungo e vivace scambio di vedute” tra Boldrin e l’economista non allineato Mario Seminerio, autore del libro “La cura letale” (Rizzoli), blogger molto seguito su Phastidio.net. e inventore della definizione “austerici” (i fan della divisione moral-economica tra paesi viziosi e paesi virtuosi). I due, Boldrin e Seminerio, si rincorrono da anni sul Web: quando parlano di Grecia (aprile 2010), Boldrin scrive che il pil greco è “solo il 3 per cento del totale di Eurolandia”, e Seminerio gli risponde che “questa sembra (Dio non voglia) una lettura prodiana della situazione”, visto il debito greco circa “al 6 per cento del totale di Eurolandia” e viste “le banche mostruosamente interconnesse” con il resto dell’Eurozona. Quando dibattono di Europa (ottobre 2011), Boldrin appare contrario all’interventismo anti catastrofe della Bce, con Seminerio che insiste invece sui “rischi mortali” che si corrono. Ma i critici di Boldrin ce l’hanno soprattutto con la sua lettura della crisi in Spagna: nel 2009 Boldrin cantava le lodi di una Spagna “virtuosa”, a fronte di un’Italia viziosa; nel 2012, intervistato dalla Stampa, Boldrin diceva che “i fondamentali della Spagna” erano migliori di quelli dell’Italia, e che la Spagna aveva una finanza pubblica “molto più sotto controllo della nostra”. Solo che poi la Spagna, fanno notare in coro i critici, ha chiuso il 2012 con un rapporto deficit-pil vicino all’8 per cento mentre l’Italia, entro il 2013, “dovrebbe raggiungere il pareggio di bilancio strutturale”. Tutti comunque, sempre in coro, si inchinano davanti al Boldrin “grande econometrico”.
“Com’è l’Italia vista dall’America, professor Boldrin?”, ha chiesto un giorno Giovanni Floris a “Ballarò”, dando il via all’invettiva dell’ospite contro la “tristezza” dei politici che dicono “due cose concrete” e forse “neanche quelle”, e contro la “casta” chiusa “nel santuario” – quasi quasi pareva un Grillo d’America, Boldrin, non fosse che le proposte economiche di Grillo gli paiono “cretinate da piangere”, come ha detto un giorno a “Piazzapulita”, non prima di aver demolito l’idea grillesca “di un patto segreto in cui armate francesi e tedesche si sono comprate alcune centinaia di miliardi di euro di debito pubblico italiano in cambio della promessa – non si capisce fatta da chi – che l’Italia avrebbe costruito sette centrali nucleari, ed avrebbe concesso a multinazionali non ben identificate di appropriarsi dell’acqua. Piano saltato, secondo Grillo, con i referendum sull’acqua, ed ecco la vendetta della destabilizzazione finanziaria e al piano B: il temibile Monti. Ma non è pazzo, Grillo, anzi è consapevole di dire cose degne di una pericolosa visione complottistica dell’universo, con sette nanetti e un uomo nell’ombra”, diceva Boldrin, il più “grillino” degli economisti di Fare (riconosce agli attivisti a Cinque stelle “le giuste ragioni per il malessere, lo sdegno e l’incazzatura”) e il più contestato degli economisti che compaiono sul Fatto (a ogni sua collaborazione sul sito del giornale piovevano critiche di lettori inferociti contro il “turbocapitalista” che vuole “il rigore”, tanto per citare le più educate) .
Nel mirino di Boldrin non ci sono solo i “baroni” universitari, ma anche i professori-editorialisti sparsi tra Sole 24 Ore e Corriere della Sera, con cui scatena tenzoni epistolari (per esempio con Salvatore Settis). Ma è la scelta del suo principale nemico, Giulio Tremonti, a illuminare il carattere del Boldrin polemista goliardico. Il suddetto libro “Tremonti, istruzioni per il disuso” (ed. L’Ancora del Mediterraneo), scritto con gli altri economisti di NoisefromAmerika, è infatti talmente critico, nella feroce ironia, da suscitare nel lettore, a un certo punto, la domanda: se Boldrin e i suoi colleghi trovavano Tremonti così “illogico”, “falso”, “esoterico” e “incongruo”, tanto da meritarsi l’appellativo di “Voltremont”, parafrasi di Lord Voldemort, l’oscuro signore del male di Harry Potter, perché se lo sono scelto come oggetto di duecento pagine di lavoro? In ogni caso il libro, recensito due anni fa durante “La versione di Oscar” (trasmissione di Giannino) su Radio 24, alla presenza dell’accusatore Boldrin (al telefono dall’America con “gin tonic e Marlboro”) e dell’ex ministro Francesco Forte nella veste del difensore di Tremonti, vide una singolare inversione di ruoli, con Forte che improvvisamente dava a Tremonti di “conservatore un po’ contraddittorio”.
Alla gente che lo vede in giro per l’Italia nella sua veste pre-elettorale, Boldrin si presenta con irruenza da orco e irresistibile simpatia – scherza, dà pacche sulle spalle, insulta e ascolta, a patto che non ci si dimostri “cretini” per i suoi standard. Risponde a tutti, a suon di professorali “figliolo, ragiona; figliolo, integra”. A volte, come preso da raptus, si mette in un angolo a scrivere mail. Forse al figlio che studia in America, forse ai suoi figli “adottivi”, gli ex studenti a cui ha dedicato un’intera pagina del sito. Li presenta come fossero lì con lui, ancora in classe, li accompagna a parole nel loro percorso lavorativo: questo è il grande “Nacho”, questo è il pigro “Pedro”. Attimi di vita da college che passano davanti agli occhi, la nostalgia, un Boldrin da amarcord che si sovrappone a quello da combattimento (e non si sa quale dei due sia più profondamente pessimista).
Il Foglio sportivo - in corpore sano