Grillo in marcia

La marcetta su Roma di Grillo

Marianna Rizzini

Ora che anche Silvio Berlusconi usa, per descrivere Beppe Grillo, la definizione così a lungo usata contro di lui (“pericolo per la democrazia”), Beppe Grillo prepara a grandi balzi (ieri a Torino, oggi a Milano) la sua marcia su Roma, con presa di piazza San Giovanni venerdì 22: la prova muscolare che prelude all’inveramento della promessa-minaccia: “Ci vediamo in Parlamento, sarà un piacere”.

    Roma. Ora che anche Silvio Berlusconi usa, per descrivere Beppe Grillo, la definizione così a lungo usata contro di lui (“pericolo per la democrazia”), Beppe Grillo prepara a grandi balzi (ieri a Torino, oggi a Milano) la sua marcia su Roma, con presa di piazza San Giovanni venerdì 22: la prova muscolare che prelude all’inveramento della promessa-minaccia: “Ci vediamo in Parlamento, sarà un piacere”. E’ un crescendo di parole grosse e simboli espugnati, con esasperazione del tratto un po’ isterico da caudillo che dice no: no all’intervista a Sky (“perché non ne abbiamo bisogno”), no ai media in genere (“tutti morti”), no persino alle domande dell’algido Oxford Economics Institute per la ricerca su “quanto costano i programmi dei partiti?” (il Corriere della Sera scrive che Grillo “ha deciso di non rispondere”), no al cameraman della Rai (giù dal palco senza tanti complimenti, ma con tante risate dei sostenitori-claque), no al cameraman della tv all-news, subito salvato, però, e con aria da grande capo paternalista, nel momento in cui la folla, caricata contro i media-canaglia, si fa insultante: “Non ve la potete prendere con un ragazzo, è solo un cameraman”, dice Grillo quando i suoi adepti rischiano di prenderlo troppo sul serio.

    Per avvolgere le sue spire attorno a Roma, il Grillo-caudillo (e pensare che è pur sempre l’ex comico di Genova) insiste ossessivamente sulla “reconquista” dei corpi intermedi, butta nella sua personale discarica i cosiddetti “zombie”, dai partiti ai banchieri al presidente della Repubblica, ricicla utopie di ogni colore (“da dove pesca Grillo?”, è la domanda di questi giorni) ed evoca futuribili strumenti da Terrore – uno su tutti, il “politometro” che scova i politici arricchiti e “fa intervenire” la magistratura per far sì che i cittadini “si riprendano” il maltolto. A questo Grillo “solo al comando” (strafottente all’esterno e suadente all’interno, più che eversivo) guardano gli analisti del “web-populismo”, come Piergiorgio Corbetta ed Elisabetta Gualmini, autori di una ricerca per il Mulino (“Il partito di Grillo”) e Giuliano Santoro, autore di “Un Grillo qualunque” per Castelvecchi.

    Nel saggio del Mulino, Corbetta e Gualmini studiano l’elettorato del Movimento Cinque stelle nelle ultime e penultime amministrative, per poi esaminare, con tabelle e dati, i possibili scenari futuri: “Le analisi del voto dopo le elezioni del maggio 2012”, scrivono, “mettono in luce come la base elettorale del M5s sia composta prevalentemente da ex elettori dei partiti dell’area del centrosinistra”. Poi, però, i due ricercatori, richiamando modelli di partito “a cui sembra possibile accostare il M5s” – da un lato “i nuovi partiti ecologisti nati in Europa occidentale sull’onda verde degli anni Ottanta, in seguito fatti rientrare nella famiglia della ‘sinistra libertaria’; dall’altro i partiti della famiglia del ‘nuovo populismo’, affermatisi in alcuni paesi europei a partire dagli anni Novanta” –, giungono alla conclusione che l’elettorato del M5s “non è compiutamente classificabile né tra gli uni né tra gli altri” e ha quindi “una duplice anima che potrebbe aprirgli la via di un successo elettorale dalle proporzioni fino a pochi mesi fa impensabili”. “Uno strano animale” si aggira “nello zoo della politica italiana”, scrivono, mettendo l’accento sui codici dell’ex comico: “Appello diretto al popolo”, evocazione del “nemico del popolo”, “ipersemplificazione della complessità”. Intanto l’istituto Demos (legato a George Soros) ha analizzato la provenienza dei sostenitori di Grillo su Facebook. La ricerca (“New political actors in Europe”, firmata da Jamie Bartlett, Caterina Froio, Mark Littler e Duncan McDonnell) certifica che, nel campo dei social network, i fan di Grillo sono persone che nel 2008 hanno votato Idv (23 per cento), Pd (21 per cento), Pdl (12 per cento) e Lega (5 per cento). Nel corso degli ultimi anni, però, c’è stato un bilanciamento: per un 32 per cento complessivo vengono dal centrosinistra e per il 28 per cento da destra. In “Un Grillo qualunque” di Giuliano Santoro, invece, si parte dalla distinzione tra “militanti ed elettori” e, con l’aiuto del politologo dell’Istituto Cattaneo Gianluca Passarelli, studioso della Lega nord, si arriva non solo alla conclusione che i “grillini chiedono voti anche a destra”, ma che, dati elettorali alla mano, “la maggior parte dei voti a Grillo in occasione dell’exploit delle amministrative del 2012 è venuta da destra”. Tra “tre e quattro voti su dieci vengono dalla Lega”, scrive Santoro, “altri due-tre dal Pdl. Una parte dall’astensione. Sono elettori orfani del Pdl e della Lega, frustrati dalla condizione economica”.
    Grillo, intanto, prosegue imperterrito nella marcia su Roma, al grido di “comunque vada, sarà un bagno di sangue”. Corollario, la guerra contro il quotidiano Repubblica combattuta in ogni piazza (e ieri Ezio Mauro dedicava un video-editoriale “all’antipolitico che rifiuta le domande”).

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.