Pistorius fumante
Ogni giorno esce un nuovo terrificante particolare che contribuisce a distruggere per sempre il sogno che avevamo costruito attorno a Oscar Pistorius. Oltre al suo sogno, oltre alla sua favola, va in pezzi anche la nostra. I bambini staccano dalle camerette i poster di Pistorius che corre sulle sue protesi di titanio, gli sponsor cancellano gli spot e gli amici raccontano di quanto fosse diventato irascibile, insonne, aggressivo, spunta una mazza insanguinata, oltre a urla, rabbia, gelosia e si gettano ombre su quella smisurata volontà di dimostrare che lui era identico agli altri, solo più veloce.
Ogni giorno esce un nuovo terrificante particolare che contribuisce a distruggere per sempre il sogno che avevamo costruito attorno a Oscar Pistorius. Oltre al suo sogno, oltre alla sua favola, va in pezzi anche la nostra. I bambini staccano dalle camerette i poster di Pistorius che corre sulle sue protesi di titanio, gli sponsor cancellano gli spot e gli amici raccontano di quanto fosse diventato irascibile, insonne, aggressivo, spunta una mazza insanguinata, oltre a urla, rabbia, gelosia e si gettano ombre su quella smisurata volontà di dimostrare che lui era identico agli altri, solo più veloce. Eravamo soprattutto noi a chiederglielo, per poter trasformarlo in un simbolo: l’eroe che corre senza gambe come se le avesse, un mondo dove siamo tutti uguali anche quando siamo diversi. Tutti hanno scritto che Pistorius era una grande speranza, l’ispirazione per una vita più giusta, ma forse c’è stato un equivoco, la speranza è prendere atto di chi si è e combattere di conseguenza, come ha fatto Alex Zanardi, come fa ognuno di noi alle prese con quello che non ha e con quello che ha perduto, la speranza non dovrebbe essere fare tutto, ma fare qualcosa di buono: a Pistorius invece abbiamo chiesto di essere l’uomo dei sogni, l’angelo bionico, in nome di una mania favolistica piena di buoni sentimenti (“e il cuore di simboli pieno”, come in una canzone). Era quello che voleva anche lui, terrorizzato che la differenza potesse significare compassione o debolezza. Orripilato dall’idea che il lato oscuro (la malattia che, bambinetto di undici mesi, ha causato l’amputazione) prendesse il sopravvento nello sguardo degli altri. E adesso che il sogno è andato in pezzi, e Pistorius è diventato un assassino, uno che ha massacrato la sua fidanzata bellissima il giorno di San Valentino, forse per gelosia folle eccitata dagli anabolizzanti dopo che la ragazza ha ricevuto un messaggio da un rugbista famoso e lei, colpita all’anca, ha provato a barricarsi in bagno ma lui ha sparato attraverso la porta (Lance Armstrong ha distrutto la sua carriera, Oscar Pistorius ha distrutto la vita di una ragazza innamorata e fiduciosa), facciamo l’operazione inversa: lo stesso meccanismo un po’ morboso che ha costruito la favola perfetta del campione, eroe gentile ed esempio scintillante di tutto il bene e di tutto il giusto, adesso procede alla sua totale demolizione.
Un uomo pieno di guai, ossessionato dal sesso e dalla caffeina, in palestra spaventava donne e bambini con le reazioni spropositate agli insuccessi durante gli allenamenti, si affaticava da sempre fino a vomitare dalla fatica, non mangiava, di notte andava a sparare al poligono di tiro per scaricare la tensione, aveva già maltrattato altre donne, i vicini avevano già chiamato la polizia. Un mostro. Oltre all’aspetto umano, adesso viene fatto a pezzi, molto velocemente, anche quello sportivo: in casa teneva steroidi, robaccia vietata a un campione olimpico, negli allenamenti era diventato scarso. Crolla tutto, resta ancora un po’ di pietà e di stupore per un ragazzo di ventisei anni che ha sofferto tantissimo e sembrava avercela fatta con le sue forze e con l’amore di sua madre. Presto finirà anche la pietà. Ma il tema resterà sempre l’assassino, e sempre troppo poco l’assassinata.
Il Foglio sportivo - in corpore sano