Perché bisogna andare in Germania per scoprire qual è il nuovo Barcellona

Beppe Di Corrado

E’ il giorno sbagliato, oggi. Milan-Barcellona di stasera è l’ovvio condito con la retorica: Messi, Iniesta, la cantera, Tito Vilanova che allena con Skype tanto il Barça è una macchina perfetta. Tenetevela. Qui si guarda altrove. Chi vuol vedere la squadra più giusta del pallone europeo aspetti il 5 marzo: ci sarà Juventus-Celtic, Borussia Dortmund-Shaktar Donetsk, Paris Saint-Germain-Valencia, Manchester United-Real Madrid. Quello è il giorno. La squadra non è la Juve, né il Psg, né lo United, né il Real. E’ l’altra: il Borussia Dortmund. Meglio delle altre, meglio di tutte.

    E’ il giorno sbagliato, oggi. Milan-Barcellona di stasera è l’ovvio condito con la retorica: Messi, Iniesta, la cantera, Tito Vilanova che allena con Skype tanto il Barça è una macchina perfetta. Tenetevela. Qui si guarda altrove. Chi vuol vedere la squadra più giusta del pallone europeo aspetti il 5 marzo: ci sarà Juventus-Celtic, Borussia Dortmund-Shaktar Donetsk, Paris Saint-Germain-Valencia, Manchester United-Real Madrid. Quello è il giorno. La squadra non è la Juve, né il Psg, né lo United, né il Real. E’ l’altra: il Borussia Dortmund. Meglio delle altre, meglio di tutte. Bestialità? Qui si sta contro il conformismo pallonaro che ha eletto il Barcellona a imperatore assoluto del calcio. Qui si sta con Michele Dalai che ha appena pubblicato “Contro il Tiqui Taca come ho imparato a detestare il Barcellona” (appena uscito da Mondadori). Si sta con lui prima di saperlo. Perché il Barcellona è la perfezione costruita a tavolino con la capacità unica di spacciarla per talento naturale gettato sul campo in libertà. Il Borussia sta all’opposizione: una squadra senza allure, senza innamoramento globale, senza retorica, senza buonismo, senza un indipendentismo alle spalle, senza politica che la sorregge, senza la folla adorante che la esalta anche quando vince a stento contro inutili squadre di un inutile campionato come la Liga spagnola. Il Borussia gioca alla grande, tra l’indifferenza quasi generale. Vedi quelle maglie giallo-nere, un po’ tamarre, anzi molto tamarre, sicuramente tedesche: quattro passaggi e si trovano in porta. Giocolieri utili. Marco Reus, Mario Götze, Matt Hummels, Robert Lewandowsky. Dici: vuoi mettere con Messi, Iniesta, Xavi, Fabregas, Alcantara? Sì. Perché devi vederli giocare prima di parlare. Devi vedere, per esempio, quello che hanno fatto qualche mese fa a Manchester, sponda City, nel girone di qualificazione della Champions: uno-due, tiro. Poi ancora: uno-due, tiro. Pali, miracoli del portiere, un solo gol. Chissenefrega. Poi ad Amsterdam, contro l’Ajax: spianato dal primo all’ultimo minuto. Poi con il Real Madrid in casa, poi a Madrid: 14 punti nel girone più duro della Coppa. Questi entrano in campo per vincere, sempre. La bellezza è un mezzo per il risultato, non il fine. Il Borussia è una squadra fighissima, senza apparirlo. Perché l’essere tedeschi non aiuta, perché non avere la storia del Barça e delle altre grandi d’Europa è un limite. Ma sotto la superficie, al netto delle possibilità economiche diverse rispetto ad altri, all’osso del fair play finanziario che il Dortmund rispetta, mentre per esempio il Barcellona no, è il meglio che adesso l’Europa calcistica possa offrire. E’ nuova, è giovane, è forte, è diversa.

    Per capire che sta nell’emisfero opposto del Barcellona, basta la percentuale del possesso palla: il Barça in Champions arriva al 72 per cento, il Dortmund si ferma al 39,8 per cento. E’ l’antitesi: orizzontali i catalani, verticali i tedeschi. Serve tenere a tutti i costi il pallone tra i piedi? Secondo Jürgen Klopp, semplicemente, no. E’ lui il profeta del gioco da fantascienza del Borussia: pochi tocchi e tutti efficaci. Ci vuole tecnica, tattica, intelligenza, capacità, idee. Ci vuole fiato. Ci vuole corsa. Il Borussia ha tutto questo. E’ la forza semi-invisibile del pallone, la possibilità di arrivare allo stesso risultato di altri con la metà dei passaggi. Funziona. L’anno scorso ha vinto il campionato tedesco superando di otto punti il Bayern arrivato in finale di Champions League. Nella storia del calcio tedesco è la squadra più giovane di sempre a vincere un campionato: l’età media dei giocatori è 23 anni. Una meraviglia che vale la pena di vedere. L’èra del Barcellona e del barcellonismo appanna il resto con la superficialità della strapotenza Messi. Ci sono squadre e squadre, sì. Il Dortmund è il futuro: è come se il calcio abbia bisogno di trovare un’alternativa. C’è: basta non rifugiarsi nell’idea che esista solo il Barça. C’è altro. Forse c’è anche di meglio. Bisogna scegliere tra orizzontale e verticale.