Grillino semplice prescelto
Si chiama Salvatore Mandarà, ha quarantasei anni e quattro figli, viene da Ragusa, vive ad Abbiategrasso, ha un lavoro ufficiale da ingegnere elettronico (da cui ora è in aspettativa) e un lavoro ufficioso e non retribuito da “reporter per caso”, come scrive su Twitter. Mandarà è infatti l’uomo del treppiede che dal palco, dal sottopalco, dal camper, dalle quinte o dalla strada riprende e manda in streaming, sul canale Ustream, tutti i comizi dello Tsunami tour di Beppe Grillo – con investitura solenne, ma sempre per caso, di Beppe Grillo. Perché ora c’è lui, Mandarà, l’uomo con gli occhialoni, il nasone, il cappottone, le cuffie, la telecamera, il sorriso del compagno di scuola imbranato.
Si chiama Salvatore Mandarà, ha quarantasei anni e quattro figli, viene da Ragusa, vive ad Abbiategrasso, ha un lavoro ufficiale da ingegnere elettronico (da cui ora è in aspettativa) e un lavoro ufficioso e non retribuito da “reporter per caso”, come scrive su Twitter. Mandarà è infatti l’uomo del treppiede che dal palco, dal sottopalco, dal camper, dalle quinte o dalla strada riprende e manda in streaming, sul canale Ustream, tutti i comizi dello Tsunami tour di Beppe Grillo – con investitura solenne, ma sempre per caso, di Beppe Grillo. Perché ora c’è lui, Mandarà, l’uomo con gli occhialoni, il nasone, il cappottone, le cuffie, la telecamera, il sorriso del compagno di scuola imbranato, lo zaino che pesa troppo rivestito da un manifesto a Cinque Stelle, la sciarpa a quadri, le scarpe un po’ così e quell’andatura ricurva da “Rivincita dei Nerds” che fa di lui un personaggio perfetto per un film di un cultore del genere come Wes Anderson. Ma potrebbe benissimo esserci un altro, al suo posto, e sarebbe uguale, ché Mandarà, il megafono entusiasta che da dietro le quinte, ogni giorno, ripete “è una cosa fantastica” (ripagato da Grillo che lo presenta alla folla come “Salvo, l’ingegnere elettronico che ha preso l’aspettativa per venire gratuitamente a fare l’upload di questa meravigliosa manifestazione”), incarna il sogno nascosto del grillismo, sempre abilmente evocato dal leader: innalzare il signor Nessuno al livello delle cosiddette stanze dei bottoni, farne qualcuno (ma sempre con l’ammonimento “sei uno tra i tanti”) e dare speranza – o illusione – al desiderio generico di riscossa del newcomer. Gente senza santi in paradiso contro figli del potere: la semplificazione (di Grillo) è questa. Tutti dilettanti, tutti intercambiabili, è la regola non trasgredibile (pena la scomunica), ma all’interno di quella cornice può ben emergere un Mandarà, l’uomo con telecamera, la spalla onnipresente, l’esaltatore di piazze gremite che non sta nella pelle, il braccio esecutivo e visibile del bombardamento mediatico – niente a che vedere con il guru nascosto Gianroberto Casaleggio, niente a che vedere con il potere, ma proprio per questo storia esemplare per la base. Mandarà, l’ingegnere blogger, è l’unico “occhio” vidimato e autorizzato dall’ex comico (ne sanno qualcosa i cameramen di Rai e Mediaset, cacciati in malo modo da Grillo, e in alcuni casi insultati dalla folla), l’unico “telecronista” con la patente di stampa non canaglia (con l’eccezione del reporter svedese o danese che della situazione italiana vede più che altro le abnormità), ed è il “soldato semplice” coccolato in pubblico, come per dire a tutti gli altri: anche voi potete essere qui e lì e dappertutto. Mandarà, il cronista unico, rappresenta il futuribile “ribaltone” grillesco del “chiunque” in prima linea, il ribaltone che ora piace anche a Dario Fo, sul palco di Milano con colbacco e amarcord da Dopoguerra – ma quando Mandarà lo insegue mentre scompare tra gli attivisti, e lo riprende trafelato in soggettiva, con la telecamera che trema come neanche nella scena più terrificante di “Blair witch project”, e poi gli chiede: “Maestro, ma erano lacrime quelle che abbiamo visto o era il freddo?”, Dario Fo, forse un po’ meno entusiasta, forse per un attimo risvegliatosi dalla grillite acuta degli ultimi tempi, sgattaiola via e concede, imbarazzato, soltanto una battuta: “Lacrime ben trattenute”.
Salvo Mandarà era uno che, prima di fare il “reporter per caso”, lo faceva comunque, nel tempo libero, per hobby, per conto suo, per la tv del Movimento 5 stelle o sul suo blog “Politica necessaria” (ora ne ha anche un altro), in nome della guerra a quelli che Mandarà, dietro a Grillo, chiama “banda di delinquenti della peggior specie, ladri, corrotti, mafiosi, puttane e puttanieri”. Si collegava dal tinello di casa o dalla macchina, Mandarà, con voce stentorea vagamente fuori contesto (magari l’argomento era la vittoriosa raccolta firme nel borgo Tal dei Tali). Lanciava anatemi (Mario Monti, “governo criminale”) e partiva in quarta con commenti interminabili sui massimi sistemi, in stile “Speaker’s corner”, sempre con riprese oblique e ravvicinate, da sotto in su. Iniziavano con un educatissimo “buongiorno a tutte e a tutti, sono Salvo, sono in anticipo sull’appuntamento con un cliente” e allora “eccomi qui”, le trasmissioni di Mandarà dal parcheggio o dal salotto, fino a diventare il punto di riferimento di tanti Mandarà uguali e contrari, ugualmente collegati dal salotto o dal parcheggio – e una sera d’autunno la maratona dei grillini in streaming, in contemporanea da tutta Italia, deve aver impressionato Beppe Grillo, che ha voluto Mandarà per il “Massacro tour”, e poi per lo Tsunami Tour. Perché lui e non un altro non si sa e non importa, ed è proprio questa l’attrattiva di Mandarà agli occhi dei grillini.
“Voglio e devo oppormi in qualche modo. Questo mi sembra il migliore”, scriveva Mandarà prima di diventare il lunare uomo col treppiede che rincorre Grillo sotto la neve, senza troppo preoccuparsi di come viene il video (capita che sia sfocato) e sogna il “lato oscuro della luna” con i Pink Floyd, senza però disdegnare la parafrasi che Beppe Grillo fa di Jim Morrison quando dice “nessuno uscirà di qui senza un pubblico dibattimento” (e senza il suo “processo di Norimberga”) – ma quello è il Beppe Grillo castigatore arrembante che vuole vedere gli avversari “arrendersi” come in un redivivo Vietnam da cui si scappa dal tetto; ieri invece è spuntato il suo alter-ego, il Grillo che blandisce e parla di “comunità”e “felicità” in vista dell’“ultima tappa, l’ultimo comizio, con la mia ultima voce”, cioè la presa di Piazza San Giovanni, a Roma, venerdì 22, alla quale l’ex comico “invita” i suoi sostenitori con toni tanto suadenti quanto sono truculenti quelli riservati al resto del mondo: “Ecco la nuova Italia che non ha mai disperato di poter cambiare, di uscire di nuovo dal buio”, scrive Grillo sul suo blog, “la nostra voce… deve sentirsi fino a Sidney, a Buenos Aires, a Pechino… Chi ci sarà lo racconterà ai suoi nipoti: ‘C’ero anch’io a San Giovanni, il giorno che cambiò l’Italia’”. Mandarà ci sarà, inseguirà magari dietro a un treppiede Celentano, e si esalterà in diretta quando Grillo tirerà fuori, come ieri, frasi tipo “la Storia è sempre passata da queste parti”. Preso dal nulla, Mandarà tornerà forse nel nulla, non si sa quanto davvero contento di tornarci (è il dilemma futuro del grillino: arrivo lassù, là dentro, e poi?). Per ora si accontenta della ribalta da “grillino semplice” prescelto, Mandarà, e sul suo blog mostra predilezione per il “de minimis” da programma locale a Cinque Stelle (spreco d’acqua, riciclo, riuso), l’altra faccia della grandeur del caro leader.
Il Foglio sportivo - in corpore sano