Tagli alla carta

Tutti contro Fiat, adesso anche nel salotto di Rcs

Alberto Brambilla

Azionisti, creditori, redattori. A poche settimane dall’esame del cda, stanno aumentando a dismisura le critiche al piano di ristrutturazione di Rcs, predisposto dall’amministratore delegato, Pietro Scott Jovane. Sono puntute le osservazioni di Federico Ghizzoni, amministratore delegato di Unicredit, tra i principali creditori della società editrice del Corriere della Sera (oltre che azionista di Mediobanca). Per Ghizzoni il piano di tagli e dismissioni soffre di “un rischio di esecuzione piuttosto alto”, ha detto lunedì. Forse al manager Jovane, 43 anni, non sono tremate le gambe, ma quello di Ghizzoni è solo l’ultimo colpo alla credibilità del suo operato.

    Azionisti, creditori, redattori. A poche settimane dall’esame del cda, stanno aumentando a dismisura le critiche al piano di ristrutturazione di Rcs, predisposto dall’amministratore delegato, Pietro Scott Jovane. Sono puntute le osservazioni di Federico Ghizzoni, amministratore delegato di Unicredit, tra i principali creditori della società editrice del Corriere della Sera (oltre che azionista di Mediobanca). Per Ghizzoni il piano di tagli e dismissioni soffre di “un rischio di esecuzione piuttosto alto”, ha detto lunedì. Forse al manager Jovane, 43 anni, non sono tremate le gambe, ma quello di Ghizzoni è solo l’ultimo colpo alla credibilità del suo operato. A mettere in dubbio la sostenibilità del piano, ancora da conoscere nei dettagli, ci aveva pensato, una settimana fa, Giovanni Bazoli, banchiere alla guida di Intesa Sanpaolo, azionista di peso nel patto di sindacato che controlla Rcs. Bazoli ha posto il veto alla vendita della sede storica di Via Solferino a Milano che, stando al piano, dovrebbe essere ceduta; prospettiva comunque difficile visto che il mercato immobiliare è fermo. L’intervento del banchiere bresciano serviva in ogni caso a proteggere il direttore del quotidiano, Ferruccio de Bortoli, che in precedenza aveva minacciato le dimissioni in caso di alienazione del bene. La direzione, inoltre, non sarebbe stata interpellata sul “piano Jovane”, indebolendo la funzione di intermediario tra management e redazione di De Bortoli. I giornalisti hanno annunciato ieri con un comunicato del comitato di redazione “una campagna per ottenere il cambiamento del piano presentato dall’ad”. Non sono solo preoccupati per la chiusura di dieci testate e il taglio di 800 posti di lavoro (640 in Italia, il resto in Spagna), ma lamentano la visione miope di una società editoriale con un debito da 800 milioni che gli azionisti intendono coprire solo per metà con un aumento di capitale, quindi insufficiente a risanare le finanze. Senza pianificare peraltro una strategia adeguata alla “trasformazione del mondo dei media”, si legge nel comunicato del cdr.

    La battaglia dei giornalisti continuerà fino ai primi di marzo, quando il riassetto verrà discusso in cda. Poi si riunirà il patto di sindacato, appuntamento utile a capire “se i piccoli soci resteranno della partita”, riportava Radiocor. La ristrutturazione del colosso dell’editoria europea è un incarico delicato. Jovane era stato scelto nel maggio scorso con l’approvazione unanime dei soci, dentro e fuori dal patto di sindacato. La sua esperienza a capo di Microsoft Italia sembrava la garanzia di una rivoluzione digitale in Rcs, della quale per ora non c’è traccia. Non è stato secondario l’appoggio di Mediobanca, ma lo sponsor maggiore di Jovane è stata la Fiat, socio del patto di sindacato con il 10 per cento di Rcs. Il presidente John Elkann, solitamente riservato, elogiò da subito il nuovo ad in un’intervista a Prima comunicazione (“sicuramente l’esperienza è stata un elemento importante, più ancora che l’età”, ha detto). L’attuale dimostrazione di forza da parte di Jovane, per come viene letta in Via Solferino, godrebbe dunque dell’imperituro sostegno di casa Fiat e della famiglia Agnelli.

    Perricone, LCdM e il “peccato originale”
    I più maliziosi osservano che a sostenere questa strategia di risanamento sia lo stesso azionista che in passato ha contribuito ad aumentare il debito. Le perdite di Rcs, infatti, sono in parte dovute all’acquisto sovrapprezzo della casa editrice spagnola Recoletos che pubblica il quotidiano sportivo Marca e l’economico Expansión. “Se non ci fosse stata Recoletos, Rcs avrebbe 2-300 milioni di liquidità”, dice chi ha seguito il dossier. Fu l’allora presidente di Fiat, Luca Cordero di Montezemolo, a spingere per concludere l’operazione. Per farlo chiamò alla guida di Rcs l’amico Antonello Perricone al posto di Vittorio Colao che si era opposto. Giorgio Meletti, sul Fatto quotidiano, l’ha chiamata “l’Antonveneta di Rcs”, tratteggiando un’analogia con la banca senese Mps: entrambi sono stati acquisti avventati, con la crisi alle porte e a prezzi eccessivi rispetto al valore di mercato, “frutto” tra l’altro dell’intreccio italo-spagnolo con la famiglia Botín (Emilio era il presidente del Banco Santander che ha venduto Antonveneta a Mps, il cognato Jaime Castellanos era presidente di Recoletos). Sullo sfondo resta il progetto di fusione tra la Stampa, di proprietà Fiat, e il Corriere, di cui ha scritto il Foglio. Ipotesi sgradita al banchiere Bazoli ma realistica.

    • Alberto Brambilla
    • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.